L'abbazia di San Colombano è un monastero che venne fondato da San Colombano nel 614 a Bobbio, in provincia di Piacenza, ed un tempo sottoposto alla sua regola monastica e all'Ordine di San Colombano.
Attualmente la basilica è una parrocchia del vicariato di Bobbio, Alta Val Trebbia, Aveto e Oltre Penice della diocesi di Piacenza-Bobbio. Sorge nel centro del tessuto urbano della cittadina, che si formò poco per volta attorno alla vasta area occupata dal monastero. Essa fu per tutto il Medioevo uno dei più importanti centri monastici d'Europa, facendone fra il VII ed il XII secolo una Montecassino dell'Italia settentrionale; infatti è resa famosa dallo scriptorium, il cui catalogo, nel 982, comprendeva oltre 700 codici e che dopo la dispersione in altre biblioteche conservò 25 dei 150 manoscritti più antichi della letteratura latina esistenti al mondo. Divenne abbazia matrice dell'ordine monastico la cui potenza si estendeva sia in Italia sia in Europa grazie a numerose abbazie e monasteri fondati dai suoi monaci fin dall'epoca longobarda. In Italia del nord si creò rapidamente il feudo monastico di Bobbio, poi sostituito dalla "contea vescovile di Bobbio". Vi si tengono le funzioni religiose solo nei giorni festivi. La festa annuale è il 23 novembre, festa del santo patrono di Bobbio. L'origine della Sede di Bobbio, in verità della città stessa, risale alla creazione di un monastero da parte del santo irlandese, Colombano, nel 614. Nel 568 il nord Italia era stato invaso dai Longobardi, guidati da Alboino. L'orda semiariana, ovunque passasse, lasciava una scia di distruzione e di crudeltà. Ma, alla lunga, il nuovo re longobardo, Agilulfo, divenne meno ostile e, gradualmente, anche non negativamente disposto nei confronti della Chiesa cattolica. La regina Teodolinda, che aveva sposato nel 590, era una fervente cattolica; quest'ultima aveva una grande influenza sul consorte, che si convertì grazie alle predicazioni di Colombano. Fin dal giorno del suo battesimo, Agilulfo mostrò grande zelo verso la conversione dei suoi sudditi e, a questo scopo, donò a San Colombano una chiesa in rovina ed una terra devastata nota come Ebovium che, prima della conquista da parte dei Longobardi, aveva fatto parte del Patrimonio di San Pietro. Colombano lasciò il suo cuore in questo luogo appartato mentre, allo scopo di istruire i Longobardi, scelse per sé stesso e per i suoi monaci la solitudine. Da un lato di questa piccola chiesa, che era stata dedicata a San Pietro, sorsero ben presto le mura di un'abbazia. Questo fu il nucleo di quella che sarebbe diventata la biblioteca più famosa d'Italia che si basò sui manoscritti che Colombano aveva portato dall'Irlanda e sui trattati di cui egli stesso fu autore. Il monaco fondatore del cenobio di Bobbio morì in questo borgo, ma la sua eredità giunse in mani degne, a partire da Sant'Attala (615-627) e San Bertulfo (627-640). Entrambi furono grandi per santità ed erudizione, ed entrambi ereditarono lo spirito apostolico di Colombano. E ci fu davvero bisogno di queste figure per contrastare l'arianesimo, che divenne temibile con il re ariano Rotari (636-652). Arioaldo, l'immediato predecessore di Rotari, che divenne cattolico, prima della sua conversione, fece uccidere Bladulfo, un monaco di Bobbio, perché non lo aveva salutato in quanto ariano. Si narra che Attala riportò Bladulfo in vita e liberò Arioaldo da una possessione diabolica, il castigo per il suo crimine, e che questo duplice miracolo fece convertire Arioaldo. Nel 628, quando Bertulfo si recò in pellegrinaggio a Roma, papa Onorio I esentò Bobbio dalla giurisdizione episcopale, rendendo l'abbazia immediatamente soggetta alla Santa Sede (nullius dioeceseos). Con il successivo abate, Bobuleno, fu introdotta la Regola benedettina. In un primo momento la sua osservanza fu facoltativa ma, con il passare del tempo, essa superò la più austera regola che era stata in uso fino a quel momento, così Bobbio entrò a far parte della Congregazione di Monte Cassino. Nel 643, su richiesta di Rotari e della regina Gundeperga, papa Teodoro I concesse all'abate di Bobbio l'uso della mitra e degli altri simboli pontificali. Si è anche affermato che, già nel VII secolo, Bobbio avesse un vescovo chiamato Pietro Aldo, ma, secondo vari eminenti studiosi, tra i quali Ferdinando Ughelli e Pius Bonifacius Gams, la Sede di Bobbio non fu fondata prima di altri quattro secoli, tuttavia una ricerca di fine Ottocento ha dimostrato che il nome del suo primo vescovo era veramente Pietro Aldo (Savio, 158). Dal VII secolo in poi, in mezzo a diffuse turbolenze e ignoranza, Bobbio rimase una casa di pietà e di cultura. Grazie agli sforzi dei discepoli di Colombano, un numero sempre crescente di Longobardi fu ricevuto in seno alla Chiesa. Tuttavia, nella prima metà del VII secolo, la grande regione compresa tra Torino, Verona, Genova e Milano si trovava in una situazione di alta irreligiosità, dove riaffioravano anche fenomeni di idolatria. In realtà la situazione si protrasse fino al regno dell'usurpatore Grimoaldo (662-671), egli stesso un convertito, quando la maggior parte della popolazione si convertì al cattolicesimo. Da quel momento l'arianesimo scomparve dall'occidente. Gli storici dell'abbazia considerano come una delle sue principali glorie la parte di rilievo che ebbe nella parte finale della lotta a questa eresia. Il nipote di Teodolinda, Ariperto I (653-661), restituì a Bobbio tutte le terre che erano appartenute al Patrimonio di San Pietro. Ariperto II (702-712), nel 707, confermò la restituzione a papa Giovanni VII. Tuttavia i Longobardi presto si reimpossessarono delle terre ma, nel 756, Astolfo (749-756) fu costretto da Pipino il Breve ad abbandonare le terre di pertinenza di Bobbio. In seguito, verso la fine del IX secolo, l'abate Agilulfo (883-896) decise di spostare l'intero complesso cenobitico più a valle, iniziando la costruzione di un nuovo monastero. Nel 1153, Federico Barbarossa confermò attraverso due diversi documenti vari diritti e beni all'abbazia. Così accadde che agli abati, per secoli, furono riconosciuti grandi poteri temporali. La fama di Bobbio raggiunse persino l'Irlanda, dove la memoria di Colombano era ancora venerata. Il successore di Bobuleno fu Cumiano, che aveva lasciato la sua sede in Irlanda per diventare monaco a Bobbio. L'abate Gundebaldo lasciò all'abbazia la sua preziosa biblioteca consistente in circa 70 volumi, tra i quali il famoso Antifonario di Bangor. Un catalogo del X secolo, pubblicato da Ludovico Antonio Muratori dimostrava che, in quel periodo, ogni ramo del sapere, divino ed umano, era rappresentato in questa biblioteca. Molti dei suoi libri sono andati perduti, il resto è disperso e forma il tesoro delle collezioni che li possiedono. Nel 1616 il cardinale Federico Borromeo recuperò, per la Biblioteca Ambrosiana di Milano, 86 volumi, tra cui il famoso "Messale di Bobbio" scritto intorno al 911, l'"Antifonario di Bangor" ed una parte della versione della Bibbia di Ulfila in lingua gotica. Nel 1618 26 volumi della biblioteca dell'abbazia furono donati a papa Paolo V per la Biblioteca Vaticana. Molti altri furono inviati a Torino dove, oltre a quelli conservati nei reali archivi, 71 si trovavano presso la Biblioteca Universitaria, fino al disastroso incendio del 26 gennaio 1904. Come gli studiosi di età più tarda dovettero molto ai manoscritti di Bobbio, così fu per quelli del X secolo. Gerberto di Aurillac, per esempio, il futuro papa Silvestro II, divenne abate di Bobbio nel 982 e qui, con l'aiuto dei numerosi antichi trattati che vi erano conservati, compose il suo celebrato lavoro sulla geometria. In effetti, sembra che in un momento in cui la lingua greca era quasi stata dimenticata in tutta l'Europa occidentale, i monaci di Bobbio leggessero Aristotele e Demostene nella loro lingua originale. Nell'anno 1014 l'imperatore Enrico II, in occasione della sua incoronazione a Roma, ottenne da papa Benedetto VIII l'erezione di Bobbio a sede vescovile. Pietroaldo, il primo vescovo, era stato abate di Bobbio dal 999 e molti dei suoi successori vissero per lungo tempo nell'abbazia nella quale molti di loro erano già stati monaci. Secondo l'Ughelli ed altri, nel 1133 Bobbio divenne sede suffraganea di Genova; il Savio, per la prima volta, trovò menzione di questa subordinazione in una bolla pontificia di papa Alessandro III datata 19 aprile 1161. Di tanto in tanto sorsero controversie tra il vescovo ed i monaci perciò, nel 1199, papa Innocenzo III pubblicò due bolle in cui restituiva all'abbazia poteri spirituali e temporali ma, al contempo, autorizzava il vescovo a deporre un abate se questi non gli avesse obbedito. La comunità dei monaci dell'Ordine di San Colombano venne sciolta a Bobbio da papa Niccolò V il 30 settembre del 1448, successivamente subentrarono i monaci benedettini della Congregazione di Santa Giustina di Padova. Nel 1803 i soldati francesi tolsero ai monaci l'abbazia e la chiesa di San Colombano; ciò che resta dell'abbazia è ora utilizzato come scuola comunale e la chiesa dove riposano le reliquie dei santi Colombano, Attala, Bertulfo, Cumiano ed altri è diventata una chiesa parrocchiale, servita dal clero secolare. Gli altari ed i sarcofagi siti nella cripta presentano bellissimi ornamenti tipici dell'arte irlandese. Il complesso abbaziale del monastero si compone di numerosi edifici: la Basilica e la piazza San Colombano, il corridoio-cavedio con l'abitazione abaziale, il chiostro interno con il Museo della Città ed i giardini interni, il Museo dell'Abbazia nella zona dell'antico Scriptorium di Bobbio, il porticato con il giardino di Piazza Santa Fara, l'ex chiesa delle Grazie e vari edifici diventati oggi privati o rimasti pubblici come le ex carceri ed il tribunale oggi ostello. La Basilica rinascimentale presenta numerosi affreschi all'interno dei quali è stata collocata una fitta serie di citazioni dalla Sacre Scritture. Un attento esame di queste citazioni rivela come una sola sia la citazione a cui è stato volutamente attribuito il massimo rilievo sulle pareti della Basilica, tanto da rivelarsi la vera "chiave di lettura" dell'intera serie di brani biblici. Si tratta del versetto 6,63 del Vangelo secondo Giovanni, un versetto tutto volto a sottolineare il "primato dello Spirito", che così recita: «È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho detto sono spirito e vita». Questa citazione, che costituisce il "cordolo spirituale" dell'intera basilica, invita a riconsiderare tutti i riferimenti alla carne, al sangue e al sacrificio di Cristo sotto tale particolare angolazione. Questa scelta assume inoltre sfumature particolarmente significative se letta in rapporto alla complessa situazione vissuta dalla Chiesa nel periodo in cui la Basilica fu decorata. Oltre a costituire un forte invito alla conversione e a una riforma della Chiesa ispirata dalla Spirito, è da valutare se tale scelta si ispiri anche a correnti religiose dell'epoca come il movimento dell'Evangelismo, o se sia frutto del confronto con le idee proprie della Riforma protestante, confronto caldeggiato da alcuni elementi di spicco della Congregazione Cassinese. Occorre evidenziare come, proprio in base a questo versetto, lo svizzero Zwingli arrivò in quegli stessi anni a distaccarsi dalla concezione cattolica dell'Eucaristia. Per questi motivi ben si addice a questa chiesa la definizione di "Basilica dello Spirito".
Anche gli affreschi che decorano le navate interne, le due navate minori ed il transetto, eseguiti da Bernardino Lanzani e da un suo aiutante intorno agli anni (1527)- 1530, riprendono e sviluppano con spunti originali il tema della centralità dello Spirito già evidenziato nelle scelta delle citazioni. Come già in alcuni lavori eseguiti a Pavia, il Lanzani si lascia ispirare da alcune opere di Albrecht Durer, come sembra evidente nella suggestiva scena del Noli me tangere con Maria Maddalena ai piedi di Gesù risorto, affrescata nella volta centrale.
Sopra il portale d'accesso e sotto il portico detto Paradiso vi sta la scritta, monito dei templari: terribilis est locus iste (questo luogo è terribile), stante ad indicare un luogo sacro, mistico e misterioso da non profanare, pena la morte. Il Coro ligneo in stile gotico è del 1488. Subito all'interno della chiesa vi è, a sinistra, la vasca battesimale del VII secolo, secondo la leggenda dono della regina Teodolinda allo stesso San Colombano e dove lui stesso celebrò il primo battesimo (un tempo era collocata nella cripta). L'abside è stranamente rettangolare ed asimmetrico ed è slegato al resto della chiesa. Esso fu costruito negli anni 1456-1485, sostituendolo al precedente di forma ovale.
Nella cripta vi sono:
- la cappella maggiore, con il mosaico pavimentario di San Colombano dell'XI secolo.
- la cripta vera e propria, con il sarcofago di S. Colombano al centro, opera di Giovanni de' Patriarchis (1480), il sepolcro di Sant'Attala (2º abate), e il sepolcro di San Bertulfo (3º abate), con le loro transenne marmoree longobarde usate come lastre tombali sopra gli antichi affreschi, la cancellata transenna in ferro battuto del X secolo e la cappella di San Colombano a sinistra con la statua bianca del santo in grandezza naturale ed un antico affresco della Madonna dell'Aiuto.
Esternamente:
- la Torre del Comune costruita nel 1341 ed abbattuta nel 1532;
- la Torre campanaria della fine del IX secolo
Fonte: Wikipedia - Foto di Davide Papalini
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