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lunedì 14 gennaio 2013

ARALDICA MEDIEVALE 12: IL GRIDO DI BATTAGLIA

Il grido di guerra o di battaglia (ed è questo il modo di dire più corretto) costituisce un ulteriore elemento delle armi derivato da fatti ed eventi. Di antichissimo uso, se già gli Ebrei, gli antichi Greci, i Romani, erano soliti gridare per incitare i propri soldati, unirli in una sorta di spirito di corpo, terrorizzare i nemici facendo udire le urla di un esercito aggressivo. In tutte le epoche il grido di battaglia riassumeva un evento, spiegava i motivi di una reazione armata, illustrava la mentalità di un uomo o di un gruppo, annunciava le virtù di un cavaliere. In questo ultimo caso, il grido di battaglia era piuttosto meglio chiamato come grido d’armi, poiché veniva lanciato nei tornei dall’araldo per distinguere l’ingresso di ogni giostrante. Gli esperti distinguevano anche i gridi di decisione, invocazione, sfida, gioia, raccolta, risoluzione. Ma queste ed altre tipologie fanno parte del consueto piacere accademico per le classificazioni scolastiche. In generale, infatti, non si trattava di adoperare un grido piuttosto che un altro a secondo delle varie occasioni in cui si trovavano un comandante e i suoi soldati. Il grido di guerra era lo stesso in ogni caso ed era stato ideato o lanciato spontaneamente una prima volta per raccogliere, esortare, avvertire i propri seguaci lanciandoli in un’impresa militare. Assalire o reagire agli assalti di avversari temibili intorno a una bandiera ritenuta sacra lasciava esprimere la propria fede che l’audacia sarebbe stata sostenuta da Dio e moltiplicata dalla risolutezza del cavaliere condottiero. E’ per questo che spesso i gridi lanciati da eserciti e da schiere di cui fanno parte gli uomini del contado riuniti per difendere le case e la terra, contengono i nomi dei propri santi protettori; mentre quelli elaborati dai sovrani lanciano il messaggio della speranza e della riscossa. “Mont joie, Saint Denis!” dell’Austria; “Mont joie et Saint Georges!” dell’Inghilterra; “Savoye, Bonnes nouvelles!” dei Savoia, riassumono brillantemente il ricordo dei santi più venerati dal popolo e dai cavalieri o l’auspicio e le speranze di sovrani che caparbiamente perseguono i loro obiettivi di affermazione. Mi sia consentito un esempio personale che esula di poco il periodo medievale ma che illustra bene la formazione del grido di battaglia. Quando intorno alla metà del Cinquecento le acque della Sicilia e della Calabria erano infestate dalla flotta del terribile corsaro musulmano Dragut, gli abitanti del contado messinese decisero di affrontare a viso aperto coloro che periodicamente saccheggiavano la loro terra. Fu così che nel 1554, guidati dai due nobili Candeloro e Filippo Mangraviti, una volta avuta notizia del prossimo sbarco dei corsari, essi si appostarono sulla collina chiamata l’Aia, di proprietà della mia famiglia, posta subito a ridosso del Faro messinese. Di qui, mentre le donne del casale erano riunite in chiesa per pregare, piombarono all’improvviso sui barbareschi al grido “Maria”, sconfiggendoli e ricacciandoli in mare. Il grido di una giornata poteva dunque rimanere come ricordo e futuro annuncio di battaglia ed essere posizionato negli stemmi. Nelle armi il cri de guerre viene collocato all’esterno dello scudo, e al di sopra del cimiero. Poco usato nell’araldica italiana, viene spesso confuso con il motto che tuttavia costituisce solo un’esortazione spirituale e non la memoria di un glorioso fatto di armi. Nell’araldica inglese, si è spesso chiamato motto quello che in realtà era il grido di battaglia, portato nelle armi da famiglie che frequentemente nel lontano passato ebbero fra i propri esponenti condottieri e cavalieri. I Carmichael, Conti di Hyndford (poi Baronetti Carmichael-Anstruther), ebbero il grido Toujours prest (sempre pronto); i Baronetti Bellingham, Ainsi il est (così è); i Baronetti Bruce, Fuimus ; i Baronetti Campbell, True to the end; i Baronetti Hamilton-Darlympe, Firm; e la stessa parola anche i Baronetti Darlympe-Horn-Elphinstone; i Baronetti Grace, En grace affie (Affidiamoci alla grazia); I Baronetti Hamilton, Through; i Baronetti Murray-Mac Gregor tre gridi nell’antica lingua gaelica; i Baroni Stuart di Decies, il chiarissimo grido : Avant. Le parole derivate dall’antico francese indicano l’uso della lingua dei conquistatori e dell’aristocrazia normanna, da cui discendono direttamente o per linea femminile tante famiglie della nobiltà inglese. Forza, decisione, fede, riassumono anche in questi casi quella indomabile energia spirituale che fu caratteristica di queste stirpi. 

Articolo di Carmelo Currò Troiano, tutti i diritti riservati

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