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venerdì 5 luglio 2013

LIBRI DI GALERA - STORIE DI PRIGIONIERI CONDANNATI AL REMO

Omicidi, piccoli furti, importunare una donna sposata. Sono centinaia i crimini che potevano portare una persona con una vita normale a finire per anni ai remi di navi spagnole come punizione. Tuttavia, nonostante la loro varietà, la maggior parte di queste pene sono venute alla luce grazie al fatto di essere state raccolte nei 25 “Libri di Galera”, testi che il Museo Navale di Madrid ha salvato e sta restaurando da diversi mesi. “In questi libri veniva registrata la dotazione e il personale di una galera, che andava dagli ufficiali fino agli schiavi”, afferma in una dichiarazione esclusiva alla ABC Carmen Terés Navarro, direttrice tecnica degli archivi della Marina, mentre appoggia lo sguardo sopra la copertina di uno dei tomi. I vecchi fogli di carta che l'esperta mostra aprono un mondo sconosciuto di biografie dell'epoca. 
“In questi libri venivano registrati i nomi sia della "gente di mare", l'equipaggio, che della "gente di guerra", la guarnigione militare della nave. Veniva annotata inoltre la "gente di remo", che era costituita a sua volta dai "forzati", prigionieri condannati alla galera da un tribunale, e gli "schiavi", uomini che non sarebbero mai stati liberati” aggiunge Terés. Dei 25 libri che ha in suo possesso il Museo Navale, 18 riguardano esclusivamente dati dei prigionieri forzati, le persone alle quali si prestava più attenzione. Infatti mentre per i soldati venivano indicate solo informazioni come la destinazione o il rango, dei prigionieri era necessario redigere una lettera di presentazione con tutti i loro dati, al fine di riconoscerli durante la detenzione. “Quello che veniva indicato in questi libri costituiva una sorta di carta di identità. 
Siccome non era possibile stabilire chi fosse ciascuno in quanto non esistevano le fotografie, nei libri di galera venivano indicati il maggior numero di dati possibili: luogo di origine, la provenienza dei genitori, il crimine commesso e le caratteristiche fisiche più riconoscibili. Inoltre a margine veniva indicata la condanna che avevano, gli anni che avrebbero dovuto passare nella galera e, in fine, se liberati”, spiega la esperta. Il lavoro degli scrivani della galera era molto accurato, come mostra l'estratto di uno dei volumi. Così, nel centro del foglio, si legge: "Sebastian Martin, nativo di Antequera, alcuni segni di lesioni alla testa, occhi infossati, guance incavate, 36 anni. E 'stato condannato dal Sig. Don Alonso Velazquez Maldonado, sindaco della città di Jerez, a sei anni di galera a remare senza stipendio, senza interruzione di pena da adempiere piegato, per aver disturbato una donna sposata causandole molte molestie, averla gettata fuori da una finestra una notte, e aver resistito alla giustizia... È stato ricevuto il nove marzo dell'anno mille e seicento e sessanta uno”. 
“I libri che sono in nostro possesso vanno dall'anno 1624 fino al 1748. In realtà questi tipi di registro già si utilizzavano in precedenza, però sono stati rinvenuti solo questi in Spagna, i quali provengono dall'archivio di Cartagena”, afferma Terés. Questi gioielli della Storia appartengono alla Squadra di Galere di Spagna, una delle esistenti nell'impero iberico. “Al tempo di Carlo V si ristrutturarono le squadre di galere in 4: una con sede in Spagna, una a Napoli, in Sicilia e Genova”, spiega l'esperta. Tuttavia, e contrariamente a quanto ci suggerisce il grande schermo, la condanna ai remi nelle galere era di solito una alternativa che si dava al detenuto. “Era una pena durissima, però potendo commutare una pena di morte o una sanzione corporale - come ad esempio l'amputazione di un arto per aver commesso un delitto – era considerata il male minore”, spiega la direttrice tecnica degli archivi della Marina.
Inoltre, anche se le galere erano considerate come la principale arma navale del Mediterraneo, facevano le veci di piccole prigioni a cui la giustizia inviava centinaia di detenuti a scontare la pena. In questo modo si otteneva una duplice funzione: la pulizia delle carceri sovraffollate e l'ottenimento di manodopera gratuita per muovere questo tipo di nave, spinto quasi esclusivamente a remi. Tuttavia la pena non era neanche molto auspicabile poiché al grande sforzo fisico si aggiungevano le pessime condizioni igieniche della cambusa. “Erano incatenati ai remi, il che li costringeva a trascorrere tutta la loro vita sulla panca di legno, dal sonno al cibo alle necessità fisiologiche. Si dice spesso che si sapeva che stava arrivando una galera dal fetore sprigionato. Infatti i soldati usavano indossare davanti al viso sciarpe bagnate di profumo per riuscire a sopportare l'odore”, aggiunge Terés. Non era molto meglio nemmeno il cibo che veniva dato ai prigionieri e agli schiavi. In particolare la "delicatessen" di cui godevano tutti i prigionieri forzati era chiamato "bizcocho" (torta): un pane semi-fermentato a cui bisognava aggiungere acqua per renderlo commestibile. Una volta al giorno ricevevano anche una porzione di verdure cotte in poco olio. Oltre a tutti questi mali, i rematori avevano un alto rischio di morire in combattimento. “A causa del fatto di essere incatenati, se la barca colava a picco affondava portando con sé i rematori. Nessuno andava a salvarli”, spiega l'esperta. Né le cose andavano meglio per i forzati se la guarnigione era sconfitta in combattimento, perché erano comunque considerati schiavi anche dal nemico. Dei 25 libri che ha in suo possesso il Museo Navale, più di una dozzina sono già restaurati, mentre il resto aspetta pazientemente nelle custodie di passare attraverso il processo che permetterà loro di essere esposti al pubblico. “Li restauriamo con le sovvenzioni ottenute attraverso gli "Amici del Museo Navale" e la "Fondazione Museo Navale", ma è un processo molto costoso, tra i 12.000 e i 15.000 euro a libro”, spiega Terés. Ci spiega l'esperta che i libri arrivarono in pessime condizioni, “Per una preservazione ottimale la carta deve essere ad una temperatura compresa tra i 18 e i 21 gradi e un'umidità relativa tra i 45 e i 60. Il problema è che Cartagena è un sito con temperatura e umidità molto elevate, che sono disastrose per la conservazione poiché portano alla riproduzione di insetti bibliofagi.”
“Il restauro ha diverse fasi: prima si disinfettano i libri per liberarli dagli insetti, poi si rimuove la rilegatura e si tolgono i fogli uno ad uno. Successivamente si studia la composizione della carta - o della pasta - e degli inchiostri per sapere se sono solubili oppure no. In seguito ogni foglio viene introdotto in una macchina e, con lo stesso tipo di pasta, completato di tutte parti mancanti a quella pagina. Si realizza cioè un processo attraverso il quale la pasta di carta esterna è introdotta gradualmente a riempire le lacune dei fogli”, spiega l'esperta. Tuttavia c'è una cosa che non avviene mai. “Le parole mancanti non sono mai inserite o completate, sarebbe un falso. Questo processo è solo per dare consistenza alla carta affinché i libri siano maneggiabili perché quando giungono fino a noi sono quasi impossibili da aprire. Per quanto riguarda le parole che mancano, spesso si possono comunque immaginare, dal momento che tutto il libro è scritto in formule che si ripetono”, conclude Terés.

Fonte: www.abc.es

Traduzione di Isabel Giustiniani del sito www.isabelgiustiniani.com

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