I più antichi manoscritti dell’Europa occidentale pervenutici sono rotoli (“volumen”= avvolgere) di papiro di epoca romana simili a quelli mediorientali ed egiziani. Con il diffondersi e l’affermarsi del cristianesimo, che dei testi scritti faceva un frequente uso liturgico, si cominciò a preferire l’adozione del codice rilegato (“codex” = ”caudex” = legno, dalla copertina costituita da tavolette di legno che proteggevano le pagine), più pratico e meno deteriorabile. Per lo stesso motivo la resistente pergamena, ricavata da pelli animali opportunamente lavorate, andò a sostituire il fragile papiro, peraltro ormai quasi irreperibile dopo la conquista araba dell’Egitto, suo principale centro di produzione. Il “volumen” sopravvisse nel medioevo negli “exultet”, rotoli liturgici con illustrazioni capovolte rispetto al testo per essere visibili dai fedeli mentre l’officiante svolgeva il testo dall’alto del pulpito durante la lettura.
La splendida decorazione dei manoscritti medioevali ha origine dall’uso di evidenziare con l’uso di inchiostro rosso (in latino “rubrum”, da cui “rubrica”) ottenuto da carbonato di piombo sottoposto a cottura (minio, da cui il termine “miniatura”), l’inizio dei capitoli allo scopo di individuarli facilmente in testi all’epoca sprovvisti di indici e numerazione delle pagine. Per identici motivi si iniziò ad inserire nei vuoti delle iniziali figure e scene, “storie” (lettere “istoriate”) che illustravano e riassumevano il contenuto del testo a scopo non solo decorativo ma anche memnonico. Le iniziali assunsero sempre più evidenza, arrivando ad occupare gran parte della superficie scrittoria nei grandi libri corali (raccolta di canti liturgici),realizzati in un grande formato allo scopo di rendere leggibile il testo a distanza dall’intero coro dei monaci nella penombra delle chiese. Tali decorazioni, da quelle semplici e lineari dei manoscritti più antichi, svilupparono con il tempo forme sempre più elaborate e ricercate, con l’inserimento di figure, scene bibliche, decorazioni a motivi vegetali (vignetta = piccola vigna), che finirono per estendersi anche ai bordi della pagina, incorniciando il testo scritto e raggiungendo livelli artistici degni delle arti attualmente considerate “maggiori”. Il codice, da oggetto liturgico, devozionale, o di studio, iniziò ad essere considerato, con le sue decorazioni in oro e costosissimi pigmenti (lapislazzuli, porpora), un bene prezioso, un’opera d’arte da tesaurizzare, da donare a personaggi importanti, da ostentare quale status simbol da parte di nobili e ricchi borghesi. Con l’istituzione delle prime università la richiesta di testi scritti incrementò ulteriormente: la loro esecuzione, non più appannaggio esclusivo degli scriptoria monastici, divenne una vera e propria attività commerciale. L’esigenza di fornire un prodotto a buon mercato a studenti non sempre abbienti impose, tramite gli arabi che la importarono dall’estremo oriente, l’uso della carta, più economica della preziosa pergamena, ormai riservata esclusivamente ad opere di lusso: ormai il codice era diventato libro (libro = strato del legno sotto la corteccia dell’albero, dal quale si ricavava la carta). Le stesse esigenze di produzione su vasta scala e a costi contenuti di un medesimo testo impose la diffusione della stampa a caratteri mobili. Ormai il manoscritto, con i suoi virtuosismi calligrafici e le sue magnifiche decorazioni cariche di simbologie figurative e cromatiche ormai indecifrabili per la mentalità moderna, fu relegato al mondo del collezionismo e dei musei.
Articolo di Alfredo Spadoni. Tutti i diritti riservati.
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