E' il sarto novarese Adriano Stefanelli a produrre le scarpe papali, rosse ad indicare il sangue del martirio, che fanno parte dell'abito del papa fin dal Medioevo e da allora sono indossate da ogni pontefice. Se poi qualcuno è interessato al fattore prezzo resterà deluso, poichè Stefanelli afferma: «Io le mie scarpe al Papa le regalo, perché a volte la passione paga più del denaro» (da intervista di "VareseMews" del 10/03/2008). Le sue relazioni con il Vaticano hanno avuto inizio nel 2003 quando, assistendo in tv alla Via Crucis, vide Giovanni Paolo II malfermo e sofferente, e decise di confezionargli un proprio paio di scarpe, a suo dire più comode. E così deve essere stato, poichè da allora Stefanelli non si è fermato più, e ha continuato a produrle anche per Benedetto XVI, venendo a sostituire l'apposita sartoria ecclesiastica "Gammarelli", la quale si occupa appunto dell'abito papale. Considerando che queste scarpe rosse sono indossate da ogni papa da così tanti secoli, appare davvero molto sospetto che ci si faccia caso proprio ora, con Ratzinger. In effetti bisognerebbe essere ciechi per non comprendere la sotterranea e martellante strategia mediatica allestita per abbattare il Papa tedesco. Un po' come l'ormai insopportabile moralismo sull'anello d'oro, un anello -dicono convinti- dal valore di migliaia di miliardi che, se venduto, "sfamerebbe l'Africa intera". Messa così, più che l'anello papale, sembrerebbe quello magico della trilogia de "Il Signore degli Anelli". Ma poi si scopre che quell'anello è di semplice oro, ha la grandezza e dunque il valore commerciale di due fedi nuziali, e viene usato, come timbro, per sigillare ogni documento ufficiale redatto dal Papa. Senza poi contare che, alla morte del Papa, viene rotto con un martelletto d'argento, rifuso e riutilizzato per il Pontefice successivo. Tecnicamente è sempre lo stesso da secoli. E non occorre essere cattolici per capire che un oggetto di tal valore non risolverebbe i problemi di una sola famiglia neppure per una settimana e che, onde evitare di urlare slogan tanto assurdi, basterebbe semplicemente informarsi, o almeno usare un pò di buon senso o quella razionalità laica che Iddio ha concesso a tutti. Questa è la storia del fantomatico anello papale. Ma ritorniamo alle scarpe. Gli ingredienti son sempre quelli: malizia, cattiveria, superficialità e disinformazione. La falsa notizia, presentata come il gossip del secolo, ha fatto il giro del mondo, dando di Joseph Ratzinger l'immagine di un Papa affetto dal chiodo fisso della moda. La notizia, in Italia, è stata data in primis dal quotidiano "la Repubblica", il secondo più importante del Paese. Poi, ad effetto domino, sono seguiti televisioni, giornali, siti internet. L'articolo in questione, direttamente dal sito di "la Repubblica", è il seguente: http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/esteri/papagriffato/papagriffato/papagriffato.html
E' il caso di riflettere su dei particolari a dir poco comici nella loro contraddittorietà: il titolo dell'articolo in questione è "Il look di Papa Ratzinger: spuntano le scarpe Prada". Tuttavia, appena sopra al titolo, pur con caratteri infinitamente più piccoli, c'è scritto:"griffati i mocassini rossi. L'azienda non conferma". Come se nulla fosse, l'autore smentisce lo stesso titolo dell'articolo. Ma non finisce qui, perché agli ultimi due righi dello stesso, con una nuova contraddittorietà disarmante, è scritto: "la nota casa di moda ha espresso sulla scelta dell'augusto cliente sorpresa ma anche soddisfazione, pur celate dietro un rigoroso riserbo". Si, avete capito bene: prima l'autore scrive che l'azienda non conferma, e poi sostiene che la stessa si dice "soddisfatta" che il Papa indossi le proprie scarpe. E poi, ancora, sostiene che il tutto è stato celato da un "rigoroso riserbo", e cioè totale silenzio da parte dell'azienda. Insomma, per chi non l'avesse ancora capito, si tratta di un articolato giro di parole con cui il giornalista ammette in modo sapientemente velato che la notizia che sta propinando non ha nè basi nè fonti, dunque puro gossip. Questo -per intenderci- è il bassissimo livello di spudorata disinformazione che, un po' per l'ignoranza comune, un po' per l'anticlericalismo di professione, è riuscita ad arrecare al Papa teologo un danno d'immagine così immenso. Non si è fatta attendere la reazione de "L''Osservatore Romano" che, in un articolo di risposta titolato "Il Papa non veste Prada, ma Cristo”, ha ribadito: "Naturalmente l’attribuzione era falsa, la banalità contemporanea non si è nemmeno accorta che il colore rosso racchiude un nitido significato martiriale, il sangue della passione”. Ma la risposta non è servita a nulla, avendo il giornale del Vaticano (purtroppo!) un'eco insignificante, se confrontata a "la Repubblica" che, del resto, non ha pensato né di ritirare l'articolo dalla rete internet né di scusarsi o scrivere un articolo di correzione al precedente. D'altro canto, sparare sulla Chiesa è facile come farlo sulla Croce Rossa. La Chiesa, quando pure risponde, lo fa a parole. Non va oltre, non trascende, non querela, non denuncia. Dunque non si rischia nulla ad attaccare la Chiesa, e per di più si fa la parte degli emancipati, dei liberi di pernsiero, troppo intelligenti e progrediti per correre ancora dietro a quella schiera di mezz'uomini vestiti da beccamorti che sono i preti. E poi non si trova neppure contraddittorio: la stragrande maggioranza dei cattolici sono disinformati, apatici nella loro fede, ben lieti di credere al primo anticlericale della strada piuttosto che al loro Papa. E quelli tra di essi, che pure la verità la conoscono, il più delle volte tacciono, o parlano con un filo di voce, per non apparire bigotti, per non contraddire il pensiero dominante. Questa bufala delle scarpe Prada, tuttavia, è una delle tante dimostrazioni di come la mentalità corrente sia dettata da luoghi comuni, falsi, e pregiudizievoli, e come coloro che credono di essere informati e autonomi nel giudizio in realtà siano i più pilotati dai menzogneri dell'anticlericalismo di professione o schaivi della loro stessa ideologia. Va poi aggiunto che Benedetto XVI è un papa che bada a spese e, non volendo approfittarsi dalla gentilezza di Adriano Stefanelli, ha pure scelto un artigiano extracomunitario per farsele riparare. Si, il Papa è parsimonioso, e preferisce riparare piuttosto che buttare. Il ciabattino del Pontefice, infatti, è Antonio Arellano, un peruviano che ha il suo negazio a due passi dal Vaticano. "Ratzinger - racconta Antonio Arellano- veniva personalmente quando ancora non era stato eletto Papa. Ora che lo è diventato, le sue scarpe me le portano ovviamente le sue collaboratrici. Si tratta di scarpe nere o rosse, spesso graffiate o consumate sulla punta". L'artigiano è "orgoglioso" di prendersi cura delle scarpe di un cliente tanto illustre. Il quale non manca mai di fare arrivare la riconoscenza per l'ottima e tempestiva riparazione. "Anche il Papa - tiene a precisare Antonio sorridendo - viene trattato come tutti gli altri clienti. Non accetta nessun favoritismo: paga come tutti gli altri". A sua volta, il Pontefice ha voluto esprimere la gratitudine all'amico ciabattino anche via epistolare e così, come si intuisce, gli ha scritto più di una volta. "Ma queste sono cose private e tali rimarranno", blocca la curiosità Antonio Arellano, che in diciotto anni si è preso cura di tante scarpe in Vaticano."Anche le suorine di Wojtyla mi portavano quelle del Papa polacco da aggiustare", dice.
Articolo di Giacomo Diana
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