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giovedì 10 settembre 2015

EDOARDO V RE D'INGHILTERRA VISTO DA DELAROCHE

I. IL CONTESTO STORICO [1] 

Edoardo V (a sinistra il quadro di PAUL DELAROCHE - Édouard V, roi mineur d'Angleterre, et Richard, duc d'York, son frère puîné- 1830, Paris Musée du Louvre), erede al trono d’Inghilterra, aveva soltanto dodici anni quando il padre, Edoardo IV morì il 9 aprile 1483. Sebbene non esista alcuna evidenza autografa, Edoardo IV nominò il fratello e zio del futuro sovrano, Lord Protettore del Regno, Riccardo, che per questo motivo decise di recarsi a Londra insieme al nipote. Tale mancanza di evidenze autografe comportava il fatto che il Consiglio Privato avrebbe potuto ignorare le volontà del monarca con la conseguente probabilità per Riccardo di essere estromesso da qualsiasi ingerenza nell’esercizio di influenza del potere regio. Del Consiglio Privato del re faceva parte anche Antonio Woodville, zio materno di Edoardo V, che insieme a Richard Gray radunò duemila armati prendendo il controllo della Torre di Londra con la chiara intenzione di esautorare Riccardo dalla reggenza. Questo tentativo fallì nel giro di pochi giorni: il 29 aprile, infatti, Woodville e Grey vennero arrestati senza opporre resistenza. Venne dunque fissata al 29 giugno la data dell’incoronazione di Edoardo V che, come da tradizione, venne sistemato nella Torre di Londra, dove il 16 giugno fu raggiunto dal fratello minore. Il vero colpo di scena si ebbe l’8 giugno. Robert Stillington[2] (1420-1491), vescovo di Bath, confessò di aver celebrato il matrimonio tra Edoardo IV e Eleanor Talbot, prima che il re sposasse Elisabetta Woodville: Edoardo V e il fratello minore Riccardo erano pertanto figli illegittimi; l’unico vero erede al trono era l’attuale Lord Protettore del Regno. Il 3 luglio Riccardo venne incoronato come sovrano ed il Parlamento legittimò la sua ascesa con l’emanazione del Titulus Regius, una legge che dichiarava illegittimi i principi Edoardo V e Riccardo. Dopo l’incoronazione non si ebbe più alcuna notizia dei due fratelli. Si sa soltanto che dopo l’ascesa al trono di Riccardo III essi furono trasferiti negli appartamenti più interni della Torre. Fino all’autunno del 1483 i due vennero visti giocare all’interno dei giardini della Torre, finchè ne vennero perse definitivamente le tracce. Durante alcuni lavori di restauro della Torre nel 1674 furono ritrovati dei resti ossei all’interno di una scatola. L’involucro fu rinvenuto sotto la scalinata che conduceva alla cappella della Torre Bianca. Quattro anni dopo il rinvenimento, Carlo II ordinò di collocare i resti in un’urna posta nell’Abbazia di Westminster accompagnata da questa iscrizione:

“Qui riposano i resti di Edoardo V, re d’Inghilterra e Riccardo, duca di York. Questi fratelli vennero imprigionati nella Torre di Londra e lì soffocati con i cuscini, sepolti in forma privata e frettolosamente su ordine del loro zio Riccardo l’Usurpatore[3] : le loro ossa, a lungo ricercate e desiderate , vennero ritrovate dopo 191 anni il 17 luglio 1674 ai piedi delle scale dove erano state riposte, e vennero riconosciute secondo prove inconfutabili[4]. Carlo II, principe compassionevole, impietosito dalla loro sventurata sorte, ordinò che questi Principi venissero sepolti tra le tombe dei loro predecessori. Anno 1678, XXX del suo regno”

II. ANALISI DELL’OPERA

L’opera di Delaroche è conservata al Musèe du Louvre di Parigi alla sala 76 del Salon Denon. Il dipinto, olio su tela, è caratterizzato dalle notevoli dimensioni (1.81 m x 2.15 m) e coglie i due protagonisti in una scena verosimile di terrore e solitudine. L’ambiente circostante è spoglio: la luce velata e la sensazione di freddo emanata dai colori, contribuiscono a rendere evidente il senso di abbandono in cui versano i protagonisti. I due fratelli si trovano sul letto, stanno leggendo (o tentando di leggere) un libro, quando qualcosa, un rumore, probabilmente i passi del carnefice, li distoglie dalla lettura. Delaroche ha voluto mettere in evidenza la diversa reazione dei due protagonisti. Il primo a sinistra, identificabile come il piccolo Riccardo di York è terrorizzato. 
Il suo terrore si legge negli occhi, si stringe al fratello cercando calore e protezione, quasi un ultimo tentativo di sfuggire alla morte. Il secondo, Edoardo V, rivolge lo sguardo verso lo spettatore: sembra perso nel vuoto, ma nasconde la consapevolezza, quasi da uomo maturo, di una morte vicina. Un secondo elemento importante è dato dalla presenza di un cane ai piedi del letto. 
Esso, simbolo di fedeltà, è l’unico essere vivente verso cui i due sfortunati fratelli possono riporre la loro fiducia. Ed infatti, quale guardiano dei due sventurati, il cane reagisce al rumore assumendo una posizione di difesa. Una rilettura del tema dei fratelli nella Torre si deve al pittore brasiliano Pedro Américo che con il suo Os filhos de Eduardo IV da Inglatera ha voluto cogliere un’atmosfera diversa rispetto a quella sottolineata dal Delaroche “fotografando” i due bambini abbracciati in un sonno sospeso tra la vita e la morte. In The Princes in the Tower Sir John Everett Millais ritrae i due fratelli all’inizio della prigionia. Anche in quest’opera del 1878, successiva quindi alla lettura di Delaroche, si percepisce un senso di vuoto e solitudine, complice lo sfondo freddo e vuoto. E sebbene Millais riprenda quello sguardo perso nella ricerca di un qualcosa o di un qualcuno, non si raggiunge la profondità e il senso di percezione di fine imminente che si ha nel dipinto di Delaroche. 

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Note

1 La pubblicazione di questo articolo è concessa in esclusiva a www.sguardosulmedioevo.org

2 Robert Stillington fu un personaggio molto ambiguo. Ebbe molta fortuna sotto il regno di Edoardo IV e l’improvvisa confessione di aver celebrato un matrimonio tra il sovrano ed Eleonor Talbot, che di fatto sancì la condanna a morte dei due eredi al trono, desta molti sospetti. Vi è da dire, però, che durante il regno di Riccardo III egli non occupò ruoli di rilievo. Nel 1487 venne coinvolto nella congiura per mettere sul trono Lambert Simnel. Finì la sua vita in carcere morendo nel 1491.

3 Il maggior indiziato dell’assassinio è lo Riccardo III, il quale temeva che il suo potere potesse essere in qualche modo minato dalla presenza dei due fanciulli, la cui innocenza poteva essere usata dai suoi rivali. Tuttavia non sono mai state rinvenute prove inconfutabili in grado di incastrare l’indiziato. La damnatio memoriae messa in atto da Carlo II con questa iscrizione sembra però non lasciare alcuna ombra di dubbio su chi fosse stato il colpevole.

4 Ci si riferisce, probabilmente, alle tracce di abiti di velluto rinvenute insieme ai resti ossei.

Articolo di Alfonso Russo in esclusiva per Sguardo Sul Medioevo. Tutti i diritti riservati.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti per la varietà e la vastità dei temi trattati in questo Vostro pregevole sito.

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