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martedì 22 settembre 2015

INTERVISTA A JENNIFER RADULOVIC AUTRICE DI "FEDERICO BARBAROSSA E LA BATTAGLIA DI MONTE PORZIO CATONE"


Sguardo Sul Medioevo ha intervistato la dottoressa Jennifer Radulovic, i cui interessi di ricerca vertono principalmente intorno alla storia militare e alla storia dei Paesi dell’Europa Centro-Orientale, in particolar modo dell’Ungheria nel Medioevo. In questa intervista, la nostra amica ci parlerà delle sue ultime opere e dei prossimi appuntamenti in calendario

Cosa ti ha spinto a occuparti di Federico Barbarossa?

Federico è stato un personaggio straordinario e un imperatore di grande levatura. Sebbene sia stato naturalmente molto studiato, è evidente che della sua figura è stata data una lettura – in alcuni contesti anche strumentale – in base al periodo e alla temperie culturale che l’ha espressa. Per quanto uno studioso possa essere mosso dalle migliori intenzioni e cerchi di essere obbiettivo e di non cadere nell’anacronismo, la sua contemporaneità è un abito che non riesce a mai togliersi di dosso del tutto. Questo significa che le ricerche sono influenzate in maniera significativa dalla stagione storica in cui sono state prodotte, anche per la scelta dei temi, del taglio e soprattutto per il tipo di domande a cui si cerca di dare risposta, senza contare le tendenze del momento in ambito storiografico piuttosto degli orientamenti (anche politici) di gruppi o scuole di ricerca o anche solo del singolo studioso. In altre parole, per un esperto, è possibile capire l’ideologia di un autore o il clima intellettuale in cui operava soltanto dalla scelta degli argomenti trattati o dal modo in cui questi sono stati affrontati. Il Barbarossa, come tutti i grandi personaggi storici, è stato più che mai oggetto di distorsioni o di riflessioni parziali e limitative che spaziano dal Romantismo, al Nazismo, passando anche per le tendenze accademiche degli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Questo, a mio avviso, rende ancora lecito al giorno d’oggi occuparsi di lui, proprio perché - nonostante sia già stato scritto molto - credo che ci sia spazio di riflessione ulteriore. Non mi permetto di certo di pormi al livello di grandissimi studiosi che si sono dedicati alla sua figura e i cui colossali lavori di sintesi risultano ancora insuperati, ma ho ritenuto ci potesse essere qualcosa da dire a corollario di tutto questo. Si tratta, infine, anche di una questione meramente personale: la storia di genere, delle minoranze, delle persone comuni da qualche anno è doverosamente protagonista di molti studi, ma per quanto mi riguarda sono attratta – e in questo forse sono un poco obsoleta – dagli uomini che hanno ricoperto un ruolo importante nella storia e di Federico mi sono “innamorata” subito.

Per il tuo libro avrai dovuto consultare numerose fonti, non è vero?

Certamente. Nel caso di questo volume, ho letto e studiato prima la bibliografia generale – che è particolarmente copiosa – concentrandomi sui titoli più significativi, sulle maggiori sintesi e sulle pubblicazioni più recenti, senza trascurare però quelle che fossero espressione di altri periodi e partendo già dal XIX secolo. Per quanto concerne le fonti primarie, quelle cioè prodotte nel Medioevo da testimoni diretti o appena successive, ho raggiunto le biografie e le cronache interamente o parzialmente dedicate a Federico. A quelle generali, ho affiancato quelle redatte da autori che lo hanno conosciuto o accompagnato per periodi limitati o solo in alcuni Paesi, ma anche quelle dei suoi detrattori e degli attori dello scacchiere politico internazionale che con l’Impero si sono trovati obbligatoriamente a interagire. Poi ho cercato fonti specifiche sull’anno oggetto del mio studio, il 1167, e sull’avvenimento per me principale, la Battaglia di Monte Porzio Catone, di nuovo studiando sia gli scritti dei sostenitori che dei nemici del Barbarossa. Vista l’ampiezza delle alleanze e delle diatribe europee, ho avuto molto materiali a disposizione, anche di area bizantina.

Perchè, secondo te, la battaglia di Monte Porzio rappresenta l'acme della capacità militare di Federico?

Federico Barbarossa e la battaglia di Monte Porzio Catone. Lo straordinario piano militare del 1167In realtà non credo affatto che questa battaglia rappresenti l’acme. La questione è un po’ più complessa: credo che ci sia stato un momento particolare all’interno delle vicende federiciane e del lungo regno dello Svevo in cui le sorti della politica internazionale potevano cambiare per sempre. Penso che il 1167 segni questo momento e sono convinta che lo straordinario piano militare impostato, organizzato e in gran parte realizzato dal Barbarossa possa ritenersi per dimensioni e ambizione il più grande e importante del XII secolo e probabilmente anche quello di un periodo ben più vasto. Con la sua quarta discesa in Italia, infatti (avvenuta alla fine del 1166 e concentrata in tutto l’anno successivo), Federico I si prefiggeva di chiudere in una sola campagna ben quattro fronti militari contro storici rivali che da tempo non gli consentivano di portare avanti la sua politica imperiale. Si tratta del Papato nella persona di Alessandro III, dei Comuni lombardi, dei Normanni e dell’Impero Bizantino, rappresentato da Manuele Comneno. La sconfitta di questi perniciosi nemici – la cui potenza era esponenzialmente duplicata dall’alleanza reciproca – avrebbe consentito all’imperatore di chetare di riflesso tutti gli altri avversatori o quei governanti che non sapevo bene da che parte stare e agivano in maniera ambigua. Questa operazione di grandi proporzioni raggiunge il suo apice nella battaglia del Tuscolo, non tanto e solo per il risultato che ha ottenuto – che in realtà poteva apparire molto periferico e minore confronto agli altri obbiettivi del piano – ma per le imprevedibili conseguenze che comporterà e che cambieranno per sempre e in modo drammatico l’esito di tutta la quarta discesa italiana del Barbarossa. È la congiuntura della storia che rende ogni evento unico e irripetibile.

Sicuramente l’introduzione di Franco Cardini è un riconoscimento importante al tuo saggio…

Franco Cardini è un grande storico e un raffinato intellettuale e la sua introduzione, sia per l’impegno che per le lusinghiere parole ivi contenute, mi onorano oltre misura. Cardini è per me un punto di riferimento, un modello e un amico e questo ha reso il suo contributo ancora più gradito ed emozionante. Mi era parso doveroso interpellarlo, perché è autore di una delle ultime monografie sulla figura di Federico Barbarossa e anche perché sapevo che aveva la sensibilità per comprendere le intenzioni che mi avevano animata e le riflessioni che avevo formulato.

Perchè Federico I è una sorta di mito per la cultura teutonica?

Per ragioni che non sempre sono aderenti alla storia e all’approccio scientifico, ma che riguardano molto il mito creato in Età Romantica e anche nei decenni successivi. Altri imperatori si prestavano meno: Carlo Magno è stato a lungo “conteso” tra Francesi e Tedeschi, perché i confini tra queste culture al suo tempo erano molto labili, altri hanno avuto un’incidenza poco significativa o si sono piegati parzialmente alla cultura latina, altri ancora – come il più celebre erede del Barbarossa, suo nipote Federico II – sono stati reputati troppo poco tedeschi, perché nati e vissuti in altri Paesi e culturalmente poco germanici.

Molti credono ancora, erroneamente, che la Storia sia una noiosa sequela di nomi e date e con il tuo saggio stai dimostrando più che mai il contrario. Cosa puoi dire a riguardo?

Il “concentrato di nomi e date”, come lo hai definito, è semplicemente una brutta e inopportuna riduzione operata in ambito scolastico e manualistico soprattutto in passato. Io non ho fatto nulla di diverso da quello che gli storici e gli studiosi di professione fanno oggi normalmente. L’approccio cosiddetto “evenemenziale”, cioè meramente legato ai grandi eventi, è superato già da diverse generazioni. Forse, nel mio caso, quello che può essere diverso confronto ad altri lavori scientifici e a tanti saggi storici, è lo stile di scrittura, molto vivace e divulgativo come si usa normalmente all’estero - nei Paesi anglosassoni, ma anche in una certa scuola francese – e in cui primeggiano in Italia grandi storici come Franco Cardini e Alessandro Barbero. Divulgativo nello stile, non nei contenuti, però! Sempre se si vuole dare al termine “divulgativo” un’accezione un poco negativa come in generale – e ribadisco, in generale – tende a fare il mondo accademico italiano.

È appena uscito il tuo nuovo saggio, dedicato all’invasione dei Mongoli nel Duecento e alle vicende del Regno d’Ungheria nella prima metà del XIII secolo. Hai scelto senza dubbio un tema particolare, come mai?

In generale, per argomenti e tendenze sono molto lontana dai temi di ricerca prediletti in Italia, dove per comprensibili e lodevoli ragioni si indagano moltissimo le vicende relative ai Comuni e alle particolarità “regionali”. Questo sia perché il Medioevo italiano è uno di quelli che ha prodotto e lasciato il maggior numero di fonti, sia perché lo Stivale è sempre stato frammentato tra diversi potentati, domini o formazioni territoriali e, per fare un esempio, la storia della Lombardia del Trecento è molto differente da quella siciliana dello stesso secolo. Queste ricerche necessitano quindi di molte energie e di ottime conoscenze territoriali e la vocazione italiana è del tutto comprensibile, sebbene a essa si possa contestare che è quasi sempre italo-centrica. In altri Paesi, invece, sono accese cattedre di medievistica sia sulla storia nazionale che su quella internazionale. Io ho origini multietniche e non amo molto i particolarismi territoriali e il Tardo Medioevo, ma al contrario mi appassiona studiare fenomeni di lunga durata e di grande portata che hanno coinvolto molte popolazioni e i cui effetti si sono riverberati per molto tempo nelle società che li hanno vissuti. Da tempo mi occupo, tra le altre cose, di nomadi delle steppe e ho trovato la loro invasione europea di metà Duecento particolarmente degna d’attenzione. Questa si è riversata in gran parte sul Regno d’Ungheria che all’epoca era uno dei più estesi d’Europa (nel Trecento il più grande in assoluto) e che era grande protagonista della politica e della cultura europea e non certo un Paese ritenuto marginale o singolare come oggi. Ricordo inoltre che confinava direttamente con la penisola italiana e che la sua resistenza, pur nella sconfitta, è servita da “effetto cuscinetto” per il resto d’Europa, in primis proprio per l’Italia. Si tratta di argomenti completamente ignorati nel nostro Paese, ma studiati all’estero, in particolare – oltre che nell’Europa Centro-Orientale – in Inghilterra e negli Stati Uniti.

Mi risulta anche che ti occupi di altri temi un po’ particolari, come la Storia del vampirismo europeo. Cosa vuoi raccontarci a proposito?

 A livello di produzione scientifica e di attività accademiche sono una medievista e a questo periodo mi attengo. A livello divulgativoe di passione e studio personale, invece, tratto anche altri periodi e argomenti diversi, come appunto la Storia del vampirismo europeo in Età moderna, ovviamente senza nessuna mia aderenza di coscienza o convinzione, ma come fenomeno storico su credenze e a leggende in chiave i storia delle mentalità. Tra la fine del Quattrocento e il XIX secolo, infatti, molte comunità – soprattutto nell’Europa Centro Orientale, ma anche in quella balcanica e mediterranea come quella greca - erano convinte della reale esistenza dei non morti che sono arrivati a noi come i vampiri. Il vampiro “storico”, però, è molto differente dal modello che ci propone oggi la letteratura e la cinematografia, principiando dalla letteratura gotica dell’Ottocento (che amo molto come lettrice e autrice) e mi interessava far conoscere questa realtà, perché si tratta di fonti eccezionali, molto avvincenti e talvolta divertenti. Oltre alle competenze storiche, in questo caso, sono necessarie anche delle basilari conoscenze tanatologiche, perché il processo di decomposizione dei cadaveri è fondamentale per comprendere lo sviluppo del fenomeno, un fenomeno che, soprattutto nel Settecento, ha raggiunto proporzioni straordinarie, tanto che è detto “il secolo dei vampiri” e l’imperatrice Maria Teresa d’Austria si era vista costretta a intervenire per vietare le esumazioni arbitrarie…

Quali sono i tuoi prossimi progetti e appuntamenti?

Questa sabato, 26 settembre, alle ore 17 presso la Libreria Ancora di via Valassina (zona Maciachini) si terrà a Milano la prima presentazione nazionale del mio nuovo saggio storico “La grande invasione. Il Regno d’Ungheria del Duecento tra intrighi e omicidi. L’arrivo dei Mongoli”, cui seguiranno successive date in altre città italiane, per prima a Roma. In contemporanea, continuo a presentare il saggio su Federico Barbarossa e sto lavorando a una nuova pubblicazione, stavolta incentrata sulla Battaglia di Lechfeld, Ottone (poi divenuto imperatore) e gli Ungari che nel X secolo erano ancora nomadi delle steppe e razziatori. Accanto alla saggistica storica, scrivo anche narrativa e tengo seminari, incontri, reading e passeggiate storiche per le vie di Milano per diversi partner, in particolare la rivista letteraria Satisfiction e la Libreria “Un mondo di Libri” di Seregno, molto attiva per presentazioni ed eventi. Sono in programmi seminari sulla storia del vampirismo europeo, ma anche sulla storia dei profughi e dei sopravvissuti ai regimi totalitari nel Novecento nell’area dell’Europa Centro Orientale.

Jennifer Radulovic (Milano, 1978) è una storica medievista. I suoi interessi di ricerca vertono principalmente intorno alla storia militare e alla storia dei Paesi dell’Europa Centro-Orientale, in particolar modo dell’Ungheria nel Medievo. Dopo la laurea triennale in Lettere all’Università del Piemonte Orientale sotto la supervisione del professor Alessandro Barbero, dedicata alla Battaglia di Lechfeld del 10 agosto 955 tra gli Ungari e Ottone I, ha proseguito il suo percorso con la Specialistica in Scienze Storiche (curriculum medievale) presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, laureandosi con i professori Giancarlo Andenna e Nicolangelo d’Acunto con una monografia sul 1167, sottolineando la politica internazionale di Federico Barbarossa e gli esiti della Battaglia di Monte Porzio Catone. Dal dicembre 2010 è dottoranda di ricerca in Studi Storici e Documentari all’Università degli Studi di Milano, sotto la direzione della professoressa Elisa Occhipinti, con un progetto di ricerca intitolato “Il processo di occidentalizzazione degli Ungheresi nel loro passaggio storico da razziatori a razziati. X-XIII sec”. Ha tradotto dal latino all’italiano il Carmen Miserabile di Ruggero Apulo per i tipi della casa editrice Marietti (in corso di stampa). Insieme alla professoressa Giulia Lami, docente di Storia dell’Europa Orientale alla Statale di Milano, sta curando la direzione scientifica e l’organizzazione del convegno internazionale “I rapporti tra Italia e Ungheria dal Medioevo a oggi” che si terrà a Palazzo Greppi a Milano il 7 e l’8 novembre 2012 e durante il quale terrà una relazione sull’invasione dei Mongoli in Ungheria a metà del XIII secolo. Parteciperà anche come relatrice alla Summerschool di Gargnano (19-22 settembre 2012) con un intervento intitolato “Contemporaney Middle Ages: Memory, Use and Distorsion of Hungarian Medieval History in 20th Century”. Attualmente fa parte del corpo docenti della MET Academy di Milano per master e corsi di formazione relativi anche alla storia e alla cultura dei Paesi dell’Europa Centro-Orientale e tiene una rubrica storica sul magazine on-line dedicato al turismo “Mondo in Tasca”. Prima dell’attività accademica è stata professionalmente impegnata per diversi anni nel campo della comunicazione come redattrice, articolista, organizzanitrice di eventi e soprattutto come addetto stampa e alle pubbliche relazioni (settimanale Notizia Oggi Vercelli, bimestrale Art & Wine, Progetto Imprenditorialità Femminile per la Camera di Commercio di Vercelli, Resposabile Ufficio Stampa Meeting Art Spa Casa d’Aste e nella stessa vice responsabile dipartimento Gioielli Moderni e d’Epoca).

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