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La Grande Storia dei Cavalieri Templari

Creati per difendere la Terrasanta a seguito della Prima Crociata i Cavalieri Templari destano ancora molto interesse: scopriamo insieme chi erano e come vivevano i Cavalieri del Tempio

La Grande Leggenda dei Cavalieri della Tavola Rotonda

I personaggi e i fatti più importanti del ciclo arturiano e della Tavola Rotonda

Le Leggende Medioevali

Personaggi, luoghi e fatti che hanno contribuito a conferire al Medioevo un alone di mistero che lo rende ancora più affascinante ed amato. Dal Ponte del Diavolo ai Cavalieri della Tavola Rotonda passando per Durlindana, la leggendaria spada di Orlando e i misteriosi draghi...

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giovedì 31 dicembre 2015

INTERVISTA A S.A.S. ANTONINO D'ESTE ORIOLES GRAN MAESTRO DELL'ORDINE DEI SS CONTARDO E GIULIANO

Abbiamo intervistato Sua Altezza Serenissima Antonino d'Este Orioles. Un grande onore che premia ancora una volta Sguardo Sul Medioevo come punto di riferimento delle migliori realtà filantropiche italiane. 

D: Altezza Serenissima, grazie per avermi voluto concedere l'onore di questa intervista oltre che la possibilità di fregiarmi del titolo di Cavaliere dell'ordine di Vostra collazione. La prima domanda è a carattere generale. Come si fonde la sua famiglia con Tortorici?

R: non vi sono fonti storiche ufficiali né sul perché né sulla data certa di arrivo a Tortorici dei primi Estensi. Le prime notizie ricavate da atti notarili e da ricerche storiche locali datano, la presenza di componenti della Famiglia d'Este a Tortorici, nella seconda metà del XVI secolo. I motivi che portarono componenti della Famiglia a stanziarsi in un territorio così lontano, sono forse da ricercare negli eventi tumultuosi che videro il Ramo Ducale entrare in contrasto con il Papa,nel periodo compreso tra la fine  del 1597 e l'inizio del 1598. Ricordiamo infatti che alla morte del Duca Alfonso II d'Este, avvenuta nell'ottobre del 1597 senza lasciare discendenti diretti, il titolo di duca era passato a Cesare, del ramo Montecchio e il Papa Clemente VIII aveva dichiarato finito il dominio Estense su Ferrara. Dal canto suo Cesare non voleva rinunciare a Ferrara e alla successione, i contrasti con il Papa si inasprirono al tal punto che lo stesso firmò la Bolla di Scomunica per il Duca e i Ferraresi. Di lì a poco infatti, Cesare dopo aver cercato invano l'appoggio di Francia e Spagna contro il papa, il 13 gennaio del 1598 concluderà un accordo col Pontefice, le cosiddette convenzioni Faentine con le quali Ferrara e i territori della Romagna passavano allo Stato Pontificio. Appena avuta la notizia della devoluzione di Ferrara al Pontefice, i Conservatori Modenesi riuniti in Consiglio, deliberarono di inviare ambasciatori a Corte per offrire la Città di Modena al Duca Cesare (cit.:....... essendosi discorso che Sua Altezza Serenissima sia per venire a stare in questa città...) in questo scenario è quindi da ricercare l'allontanamento, forse non proprio volontario di quei componenti la famiglia che si stabilirono a Tortorici. Una terra lontana, si, ma una terra dove potevano godere della protezione e dei favori del Vicere di Sicilia Ferrante Gonzaga e dove godettero del trattamento di Magnificus. Trattamento questo riservato al Ceto Nobile. 

D:  Sul sito internet leggiamo di una Accademia, ci può dire in cosa consiste e come è possibile farne parte?

R: Il primo atto costitutivo dell'Accademia, risale al 1860. La stessa fu costituita con l'intento di valorizzare e quindi patrimonializzare sotto il profilo storico e culturale lo studio di quei territori dove è storicamente provata la presenza della Famiglia d'Este e d'Este Orioles. Non bisogna infatti dimenticare, che gli Estensi furono una dinastia molto prolifica e moltissime famiglie possono sicuramente vantare discendenze dalla stessa, ad esempio i Malaspina, i Pallavicino, i Massa Parodi. Mettere quindi insieme questo enorme patrimonio culturale e storico nel rispetto delle tradizioni, anche attraverso lo studio delle  diversità sociali culturali ed economiche dei territori pre unitari, spesso domini e feudi delle citate famiglie. Questo senza ombra di dubbio era ed è lo scopo dell'Accademia. Non bisogna altresì dimenticare che il mecenatismo e le attività di governo dell'epoca (spesso discutibili)  hanno contribuito ad accrescere quello che oggi possiamo tranquillamente definire patrimonio Nazionale.  Non tutti sanno, ad esempio, che Eleonora d'Este, (mecenate di Torquato Tasso)  sposa in seconde nozze il Principe Gesualdo. La famiglia d'Este ritorna ancora ad essere presente nelle cronache del Sud Italia, territori ben lontani dai domini Estensi ed è proprio nel Palazzo del Principe di Venosa Carlo Gesualdo che fu ospitato il Tasso. L'Istituzione rilascia titoli Accademici Privati e onorifici. La valutazione del Curriculum Vitae e l'attività di studio nelle materie contemplate danno la possibilità all'Istante di poter ottenere il titolo di Accademico d'Onore. A tale proposito, si stanno concludendo importati accordi con Università Private legalmente costituite e riconosciute, per l'accreditamento dell'Accademia e per il riconoscimento dei Titoli d'Onore. 

D: Altezza, dalla data di successione, ha voluto dare  nuova linfa agli statuti del'Ordine: in cosa consistono questi cambiamenti?

R: L'Ordine fu costituito come Ordine di Merito dal mio Avo Antonino II il 15 Agosto dell'anno 1860. Questo era riservato ai membri della famiglia e a quanti ad essa erano stati legati. Bisogna ricordare, che la famiglia d'Este (prima) e d'Este Orioles dal 1662 in avanti, ha sempre avuto una particolare sensibilità nei confronti delle classi meno abbienti. E' storia il fatto che il Monte Frumentario d'Este istituito a Tortorici nella prima metà del 1600 è in assoluto il primo. Venivano accantonati cereali e ortaggi a lunga conservazione per il fabbisogno delle famiglie povere e per i momenti di carestia. Nella Sicilia del tempo, molte furono le famiglie che "copiarono" l'iniziativa e la costituzione del Monte Frumentario o del Rabico divenne una consuetudine. Tortorici, però, al contrario di altre Città e territori si era già riscattata dal potere Feudale della famiglia Mastrilli divenendo Città Regia e pertanto i frutti della terra e i proventi del raccolto, tolte le imposte da corrispondere direttamente al Vicere, potevano  essere utilizzate, dalle famiglie possidenti, in maniera liberale. Insomma, attività di filantropia e beneficenza a totale carico e spese della Famiglia d'Este Orioles. Nel 1852 per effetto di un Regio Decreto, tutte le realtà (Monte Frumentario o Rabico) presenti sul territorio siciliano dovettero consorziarsi, per dare vita a ciò che oggi conosciamo come "Consorzio Agrario". E' proprio per continuare l'opera della Famiglia, che Antonino II, costituì l'Ordine dei Santi Contardo e Giuliano l'Ospitaliere, dedicandolo e ponendolo sotto la protezione dei Santi, che hanno sempre rappresentato un punto di riferimento spirituale e religioso per la Famiglia. All'atto della mia nomina per diritto di successione, nel rispetto delle Tradizioni, ho voluto adattare gli statuti ai tempi e dare la possibilità a tutti coloro che vogliono dedicare il proprio tempo e le proprie risorse a favore del prossimo e delle persone meno fortunate di poterlo fare con lo spirito della Cavalleria e delle Sue antiche regole. Ho inoltre voluto istituire la Medaglia di Merito per tutte quelle persone, associazioni ed enti, che si sono particolarmente distinti nelle attività benefiche e filantropiche e di cui il Gran Magistero ha avuto notizia. 

D: Molti ordini vantano discendenze che poi si rivelano fittizie: ciò non si può dire dell'Ordine dei Santi Contardo e Giuliano data la presenza del Patrimonio Araldico. Sulla base di quali documenti può vantare la discendenza con la famiglia d'Este?

R: La discendenza è provata dagli atti a supporto della Genealogia: notarili,  parrocchiali (nascite, matrimoni e morti) fino all'anno 1812 e atti di stato civile per gli anni successivi. In merito al patrimonio Araldico e alla Fons Honorum, esso promana dalla Lettera Patente rilasciata dal Duca Ercole III d'Este nell'anno 1798 dalla Residenza Veneziana (il Duca era in Esilio a Venezia a seguito dell'invasione da parte delle truppe Napoleoniche) e controfirmata dal fedelissimo capo di gabinetto e ministro per gli affari interni Gerardo Rangone. Nella Patente il Duca Ercole, riconosce al lontano Cugino Antonino (che a seguito diverrà Antonino I) in Tortorici, le dinastiche prerogative e gli onori che furono proprie della famiglia, oltre che riconoscere il diritto di pretensione sui territori e titoli della Famiglia Orioles. Devo, a tale proposito, fare una precisazione. La mia Famiglia non ha mai vantato pretese al Trono di Modena, sappiamo bene come sono andate le cose e abbiamo troppo rispetto per la Storia. L'unica figlia di Ercole III andò in sposa a Ferdinando d' Asburgo. Nulla da eccepire, nella tumultuosa vicenda della Restaurazione post Napoleonica, il Duca Ercole III preferì apparentarsi con la potente famiglia degli Asburgo.  Un atto di illuminata politica. Pertanto stiano sereni, quei ben pensanti, spesso foraggiati criticoni. Nessuna pretesa sul Ducato e sui Territori Estensi, ma soltanto l'uso Agnatizio e Collaterale delle Titolature, per diritto di Nascita e di Successione. 

D: Quali sono le attività principali dell'Ordine?

R: Mi piace quando mi si pone questa domanda, rispondere con una frase che ho "rubato" ad una nostra Dama d'Onore: "Regaliamo un Sorriso". Cosa c'è di più bello di un sorriso. Esso esprime gioia, serenità, felicità.....Ecco, su segnalazione dei nostri Cappellani, dei nostri Cavalieri, degli Amici dell'Ordine ci occupiamo di aiutare qualcuno in difficoltà alleviando qualche pena e regalando un sorriso. Tutte queste attività sono coordinate ovviamente da un responsabile delle Attività Assistenziali, incarico questo ricoperto dalla mia compagna di Vita, la Dama di Gran Croce Donna Loredana dell'Anno, alla quale devo moltissimo per l'impegno costante e instancabile che unitamente a tutti i Cavalieri e Dame profondono nelle attività. Il nostro Ordine si sostiene con risorse proprie, ognuno di noi partecipa con delle piccole economie, ma tutto ciò che facciamo lo facciamo con slancio, sacrificio e soprattutto con lo spirito di Carità Cristiana all'insegna dei Valori antichi della Cavalleria

D: Quali sono gli obiettivi futuri?

R: Ho un sogno: Realizzare delle strutture da adibire a centri di aggregazione dove Bambini e Anziani possano trascorrere del tempo in reciproca compagnia e regalando gli unir qualcosa agli altri. Gli anziani l'esperienza di vita, i bambini il sorriso e la gioia di vivere. Parto dal presupposto che non c'è albero senza radici e non c'è futuro senza storia. Questo è il mio sogno: realizzare "La scuola della Vita".

Ringraziamo di cuore S.A.S. Antonino d'Este per aver concesso a Sguardo Sul Medioevo questa intervista e al sottoscritto la nomina a Cavaliere.

mercoledì 17 giugno 2015

I CAVALIERI TEMPLARI DEL NORD OVEST


L' Associazione Pubblica di Fedeli, O.N.L.U.S., denominata Cavalieri Templari del Nord Ovest è di ispirazione cavalleresca templare, svolge servizi di promozione e utilità sociale, di solidarietà e volontariato e senza nessun fine di lucro. L'Associazione è aperta ai Cavalieri di tutti gli ordini ed a chi volesse parteciparvi anche senza ricevere nessuna Onorificenza. I Cavalieri Templari del Nord Ovest collaborano  con le altre Associazioni a scopo umanitario già presenti sul territorio al fine di rendere la loro azione effettiva ed efficace. Le attività dell'Associazione si svolgono soprattutto in merito:

- assistenza sociale e socio sanitaria;
- beneficenza;
- istruzione e formazione;
- organizzazione di eventi a scopo benefico;
- organizzazione di manifestazioni storiche di cavalieri;
- organizzazione di convegni, conferenze, studi e ricerche storico-sociali;
- storia medioevale, moderna e contemporanea religiosa e civile.


Se vuoi sostenere l'ordine

Chiunque, privato o azienda, volesse sostenere l'Associazione Cavalieri Templari del Nord Ovest con una propria donazione in denaro potrà farlo o facendo direttamente riferimento ai componenti del Gran Consiglio o attraverso versamento sul Conto Corrente Bancario IBAN: IT77X0503432690000000000542 aperto presso la Banca Popolare di Lodi Agenzia di Busto Garolfo.

Si ricorda che, ai sensi della normativa vigente, qualsiasi donazione economica, per la quale sarà sempre rilasciata regolare ricevuta fiscale, potrà essere dedotta dalle tasse.

L'Associazione ringrazia anticipatamente tutti coloro che, con la Loro generosità, vorranno contribuire materialmente alla realizzazione delle nostre iniziative benefiche.

giovedì 21 maggio 2015

RADUNO ORDINI CAVALLERESCHI - RUTIGLIANO 17 MARZO 2015

Rutigliano, Bari sabato 17 marzo, raduno ordini cavallereschi: Corpi Sanitari Internazionali, Cavalieri Templari Cristiani, Ordine San Pietro e Paolo, Ordine San Giovanni di Gerusalemme, Confederazione Crociati di Assisi, Accademia Costantina, Ordine santo sepolcro, e tanti altri.

lunedì 16 settembre 2013

CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA DEI CAVALIERI DI RODI

La cappella palatina di San Giovanni Battista dei Cavalieri di Rodi è una chiesa di Roma nel rione Monti, in piazza del Grillo. Benché l’edificio sia costruito su resti del Foro di Augusto, la chiesa è una costruzione moderna (risale al 1946), ricavata all’interno di uno degli ambienti della Casa, detta anche Castello, dei Cavalieri di Rodi (oggi Sovrano Militare Ordine di Malta), a sua volta costruita sulle preesistenze di epoca romana. Questi cavalieri, che acquisirono i beni dei Templari, soppressi come Ordine all’inizio del XIV secolo, edificarono la loro casa sui resti del Foro di Augusto: costruita in laterizio, presenta un grande arco nella facciata ed una finestra quattrocentesca a croce. La chiesa è ricavata in un quadriportico a pilastri con archi in travertino. Nella parete di fondo vi è l’altare con sculture di Alfredo Biagini (1886-1952).

Chiesa di San Giovanni Battista dei Cavalieri di Rodi
piazza del Grillo, Roma (Zona Foro Romano - Metro Colosseo)

Fonte: Wikipedia

CASA DEI CAVALIERI DI RODI

Il complesso architettonico della Casa dei Cavalieri di Rodi è il risultato di una plurisecolare stratificazione di monumenti sull’area che in età imperiale ospitava il Foro di Augusto. Questa zona fu interessata dai lavori di demolizione che fra 1924 e 1932 portarono all’apertura di Via dei Fori Imperiali, comportando la scomparsa delle strutture medioevali del monastero di San Basilio e di quelle cinquecentesche del Convento delle Domenicane della SS. Annunziata. Nel 1466 il papa Paolo II affidò al nipote cardinale Marco Barbo l’amministrazione del priorato dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, un ordine ospedaliero che all’inizio del Duecento aveva occupato proprio la chiesa e il monastero dei monaci basiliani, sorto fin dal IX secolo sopra il Tempio di Marte Ultore. Il card. Barbo promosse una serie di restauri che conferirono all’edificio l’aspetto che in parte si può ammirare ancora oggi: furono probabilmente utilizzate le stesse maestranze che lavoravano al vicino Palazzo della Repubblica di Venezia. Attraversati il salone d’onore con le bandiere dell’ordine e l’arengario per i discorsi, la sala della loggetta con la ricomposizione dell’attico dei portici del Foro di Augusto, alcune sale con antichi soffitti in legno, sculture e dipinti di varie epoche, si accede all’ariosa loggia a otto arcate affacciata sui Fori. Le pitture ad affresco, purtroppo molto deteriorate dall’esposizione agli agenti atmosferici, raffigurano medaglioni con imperatori e paesaggi popolati da piante e animali di specie diverse e sono attribuite ad artisti della cerchia di Andrea Mantegna. Dal 1946 la Casa è concessa in uso al Sovrano Militare Ordine di Malta: al santo patrono dei Cavalieri, Giovanni Battista, è dedicata la cappella ricavata nell’atrio di una dimora di età romana. Il monumento è visitabile (martedì e giovedì mattina) su prenotazione: 060608 fax 0667104291.

Casa dei Cavalieri di Rodi
piazza del Grillo, Roma (zona Foro Romano - Metro Colosseo)

Fonte: Comune di Roma

giovedì 8 agosto 2013

SCOPERTO UN ANTICO OSPEDALE A GERUSALEMME: RISALE AL TEMPO DELLE CROCIATE!

Dal giornale Spagnolo "El Pais" veniamo a conoscenza di una scoperta molto interessante ed importante. Durante degli scavi effettuati nella parte vecchia di Gerusalemme, è stata scoperta una enorme struttura che risale probabilmente all'epoca delle Crociate e quindi collocabili tra il 1099 (presa di Gerusalemme, peraltro estremamente sanguinosa) e il 1291 con la caduta di Acri, ultimo baluardo cristiano in Terra santa e che potrebbe essere un ospedale in grado di raccogliere, secondo Renee Forestany, direttore dello scavo dell'Israel Antiquities Authority (IAA), anche duemila pazienti per una superficie complessiva di oltre 14 mila metri quadrati. L'edificio si trova nel quartiere cristiano della Città Santa in una zona dove fino a pochi anni fa vi era un mercato. I responsabili dello scavo si sono trovati dinanzi ad una enorme struttura, con numerosi pilastri e archi e varie suddivisioni in zone più grandi e più piccole. 
"Abbiamo imparato a conoscere l'ospedale da documenti storici contemporanei, molti dei quali sono in latino," dicono, e spiegano inoltre che questi menzionano l'esistenza di un ospedale sofisticato costruito da un ordine militare cristiano chiamato "Ordine di San Giovanni dell'Ospedale a Gerusalemme. "
E ciò non è un caso: i membri dell'Ordine di San Giovanni giuravano di assistere i pellegrini che si recavano in Terra Santa ma anche di unirsi agli altri combattenti se ve ne fosse stato bisogno. La struttura dell'ambulatorio scoperto, ricalca la struttura degli ospedali moderni: vi sono ali e dipartimenti secondo le malattie dei pazienti e in caso di necessità la capacità massima era di ben duemila persone. I membri dell'Ordine di San Giovanni si occupavano anche di uomini, donne e bambini di altra religiose e anche dei figli abbandonati i quali venivano curati e mantenuti fino al loro ingresso nell'ordine. L'Israel Antiquities Authority (IAA),sottolineando che a quei tempi l'igiene non era certo all'ordine del giorno, riporta il caso di un medico che amputò la gamba di un cavaliere che morì dopo pochi giorni per infezione. Nello "staff medico" vi erano anche medici arabi già noti per le loro conoscenze in materia. Dopo la sconfitta dei Cristiani contro Saladino questi, appena preso possesso della città, si stabilì nei pressi dell'ospedale ristrutturandolo e permettendo ai membri dell'ordine di continuare la propria opera di assistenza. Nel 1457 l'edificio crollò e per tutto il medioevo l'ospedale fu usato come stalla di cavalli e cammelli: infatti oltre a ossa sono stati ritrovati anche elementi di ferro e metallo che servivano alla ferratura del cavallo. Secondo Monser Shwieki, direttore del progetto, parte dell'edificio diventerà un ristorante, e "i suoi clienti rimarranno impressionati dall'incantevole atmosfera medievale che vi si respira".

Fonte: cultura.elpais.com 

giovedì 25 luglio 2013

ORDINE DI SAN GIACOMO

L'Ordine di Santiago o Ordine di San Giacomo di Compostela è un antico ordine monastico-militare sorto nel XII secolo nel Regno di León e reso dinastico nel 1482. Deve il proprio nome al santo patrono di Spagna, Giacomo il Maggiore, sotto la cui egida i Cristiani della Galizia e delle Asturie iniziarono nel IX secolo a combattere i Musulmani di Spagna. La prima fondazione dell'Ordine fu militare, quando nell'anno 1170 il re Ferdinando II di León incaricò un gruppo di cavalieri conosciuti come i frati de Caceres di difendere la città di Caceres, che dovettero poi abbandonare una volta conquistata dai Musulmani. La fondazione religiosa si attribuisce al re Alfonso VIII di Castiglia, con l'approvazione di papa Alessandro III mediante una bolla del 5 luglio 1175. La regola originale dell'Ordine fu composta dal cardinale Alberto Morra (futuro papa Gregorio VIII ). I cavalieri dell'Ordine di Santiago accettarono i voti di povertà e obbedienza. Tuttavia, all'organizzarsi scelsero la regola degli Agostiniani invece che quella Cistercense e che i propri membri non fossero obbligati a fare voto di castità e potessero contrarre matrimonio (alcuni dei fondatori erano sposati). La bolla di Alessandro III raccomandava il celibato, ma lo statuto precisava: «In coniugale castità, vivendo senza peccato, imitano ai primi padri, perché è meglio sposarsi che bruciare». Alfonso VIII cedette all'ordine Uclés (1174), diventando sin d'allora la principale casa dell'ordine stesso, poi Moya e Mira (1211), alle quali si unirono in seguito Osa, Montiel e Alhambra. I cavalieri di Santiago parteciparono alla riconquista dei marchesati di Teruel e Castellon e combatterono nella Battaglia di Las Navas de Tolosa (1212). I monarchi Castellanoleonesi concessero all'Ordine privilegi che permisero ad esso di ripopolare estese regioni dell'Andalusia e della Murcia. Durante il XV secolo l'ordine spostò il suo raggio d'azione nella Sierra Morena prendendo come luogo di residenza delle maestranze il paese di Llerena, producendo una forte crescita demografica in tutta la zona. Con il passare del tempo e la fine o il rallentamento della Reconquista, l'Ordine di Santiago si vide implicato in lotte interne alla Corona di Castiglia. Allo stesso tempo, gli immensi beni dell'ordine obbligarono l'ordine stesso a sostenere le pretese della corona. Essendo il gran Maestro dell'ordine molto influente, non erano rare le lotte interne per la conquista del potere. Si arrivò ad un tale punto di discredito presso il popolo che alla morte nel 1493 dell'allora gran Maestro Alonso de Cardenas, i Re Cattolici chiesero alla Santa Sede di mettere fine alla corruzione e agli scandali. Così con la supplica dei re Alessandro VI concedette a loro l'amministrazione dell'ordine, ricompensa che poteva essere vista come un ringraziamento per gli sforzi fatti per proteggere la fede cattolica. Con la morte di Ferdinando il Cattolico, l'amministrazione passò per successione all'imperatore Carlo V, e il papa Adriano VI unì per sempre la corona spagnola con l'ordine di Santiago, Ordine di Calatrava e Ordine di Alcantara nel 1523. Sino ad allora il gran maestro era eletto dal consiglio dei tredici, così chiamato perché composto da tredici cavalieri designati tra i governatori dell'ordine. Oggi l'Ordine di Santiago esiste ancora, sotto la Corona spagnola. Attualmente conta 35 cavalieri e 30 novizi. Nell'Ordine sono ammessi solo aspiranti di nobile estrazione. Fino al 1653 l'ascendenza nobile veniva controllata solo nella genealogia paterna, dopo di che furono apportate modifiche ai requisiti e si chiese anche la nobiltà di ascendenza nella linea materna. Altri requisiti essenziali per entrare a far parte dell'Ordine sono l'obbligo per il richiedente di essere cattolico praticante, di essere figlio legittimo dei genitori, i quali a loro volta devono essere figli legittimi e lo stesso requisito è richiesto per i nonni, e non deve discendere da non-cristiani.

Membri dell'Ordine

Pedro Fernández (1170-1184)
Fernando Díaz (1184-1186)
Sancho Fernández (1186-1193)
Gonzalo Rodríguez (1193-1204)
Suero Rodríguez (1204-1206)
Fernando González de Marañon (1206-1210)
Pedro Arias (1210-1212)
García González de Candamio (1214-1217) (prima volta)
Martín Peláez Barragán (1218-1221)
García González de Candamio (1222-1224) (seconda volta)
Fernán Pérez Chacín (1224-1226)
Pedro González (1227-1237)
Rodrigo Yánez (1239-1242)
Pelayo Pérez Correa (1243-1275)
Gonzalo Ruiz Girón (1275-1279)
Pedro Núñez (1279-1286)
Gonzalo Martel (1286)
Pedro Fernández Mata (1286-1293)
Juan Osórez (1293-1310)
Diego Muñiz (1310-1318)
García Fernández (1318-1327)
Vasco Rodríguez (1327-1338)
Vasco López (1338)
Alonso Meléndez de Guzmán (1338-1342)
Federico Alfonso di Castiglia (Fadrique Alfonso de Castilla) (1342-1358)
García Álvarez de Toledo (1359-1366)
Gonzalo Mejía (1366-1371)
Fernando Osórez (1371-1383)
Pedro Fernández Cabeza de Vaca (1383-1384)
Rodrigo González Mejía (1384)
Pedro Muñiz de Godoy (1384-1385)
García Fernández de Villagarcía (1385-1387)
Lorenzo Suárez de Figueroa (1387-1409)
Enrico di Castiglia(1409-1445)
Álvaro de Luna (1445-1453)
Giovanni II di Castiglia (1453 amministratore)
Enrico IV di Castiglia (1453-1462) (amministratore)
Beltrán de la Cueva (1462-1463)
Alfonso di Castiglia (1463-1467)
Giovanni Pacheco (1467-1474)
Alonso de Cárdenas (1474-1476 en León) (prima volta)
Rodrigo Manrique (1474-1476 in Castiglia)
Ferdinando II d'Aragona (1476-1477 amministratore)
Alonso de Cárdenas (1477-1493) (seconda volta)
Re cattolici (1493-...) Amministratori. Incorporazione definitiva nella Corona di Spagna durante il regno di Carlo I.

Fonte: Wikipedia

giovedì 28 febbraio 2013

GERARDO, SCALA E ORDINE DI MALTA


Principi reali e mitici cavalieri sembrano essere doverosamente alla base di tutte le più antiche fondazioni. E anche di moltissime case aristocratiche. Persino principi e re sono andati alla ricerca di antenati sempre più importanti, gareggiando tra loro per precedenze, distinzioni di protocollo, magnificenza di titoli. In epoche in cui i sovrani erano soliti chiamarsi "fratello", sembrava per loro necessario dimostrare di appartenere a famiglie di uguali origini e antichità. Ivan IV, erede dell'ideologia imperiale bizantina, aveva imposto il segreto di Stato sulla sua genealogia per timore di inopportuni commenti. "Nel 1521 (…), il gran principe Vasilij III aveva rifiutato di chiamare fratelli i nuovi regnanti, ovvero Federico II di Danimarca-Norvegia e Gustavo I Vasa di Svezia. Per i russi, il re eletto di Svezia, discendente da una famiglia della nobiltà minore, non era neppure un nobile ma un mercante; il sovrano di Danimarca un re di "sale e acqua" . Nel 1559, quando gli emissari di Cristiano III, nuovo re di Danimarca, cercarono di imporre un trattamento di parità tra lo zar e il loro sovrano, i boiari rifiutarono persino di discutere la questione, insistendo perché il loro re si rivolgesse allo zar chiamandolo padre e non fratello" (1). La parola mercante sarebbe ricorsa insistentemente e in tono dispregiativo nelle conversazioni delle classi alte fino a tutto Ottocento. Re provenzali, imperatori germanici, nebulosi sovrani barbari sono stati proclamati avi più o meno credibili di famiglie regnanti che avrebbero aiutato duchi e marchesi rinascimentali come i Medici, i Farnese o i Gonzaga a scavalcarsi fra loro per di avere i primi posti nelle cerimonie e negli ingressi trionfali della Corte imperiale. E sovente antenati sempre più importanti non solo si si reclamavano ma si alternavano e sostituivano. Avi di diversa origine etnica entravano ed uscivano dagli alberi genealogici per aiutare gli scopi politici dei regnanti e le loro ambizioni; come fecero i Savoia, sostenitori di ascendenze galliche o italiche, a seconda delle convenienze del momento e le loro mire espansive in Italia. Le famiglie nobili hanno cercato a loro volta di percorrere gradini che portassero sempre più in alto nella scala sociale, pur di rendersi uguali persino ai sovrani agli occhi dell'opinione pubblica. I del Balzo che arriveranno a cingere la Corona titolare di Costantinopoli, nonostante già nobilissimi per storia familiare e importanti alleanze matrimoniali, non disdegneranno di lasciar diffondere, tra le ipotesi delle loro origini, anche la tradizione di una discendenza dai re di Arles o la leggenda di derivare da Baldassarre, uno degli evangelici Re Magi, traendo per questo un esile spunto dalla cometa raffigurata nello stemma (2).
Non sono soltanto i grandi nobili a percorrere ed occupare i diversi livelli della società servendosi di un'abile manipolazione della storia. Già in pieno Medioevo il fermento causato dal successo delle proprie attività era in grado, infatti, di muovere ambizioni che vanno al di là della speranza di guadagno. I mercanti amalfitani che viaggiavano in tutto il bacino del Mediterraneo, e che operavano a stretto contatto, in particolare nella Terra Santa, con vescovi, guerrieri, principi musulmani, e quindi con i figli ed eredi delle più grandi famiglie di Francia, Inghilterra, Provenza ed Italia, devono aver trovato necessario indorare le proprie ascendenze. Dopo aver armato, inviato e richiamato navi cariche di merci europee ed esotiche, guadagnato somme ingentissime, edificato palazzi, chiese, cappelle nelle città di origine, lungo le coste e i pendii della loro terra non ancora erosa e devastata da maremoti e da tempeste, devono aver creduto opportuno competere con i figli degli antichi clienti gareggiando con loro grazie a liste di illustrissimi avi.
Del resto, in tante occasioni, fin dai tempi dei primi commerci non devono essere stati pochi i grandi mercanti padroni di palazzi, depositi colmi, navi e cofani pieni di monete, a guardare con sentimenti di sufficienza proprio i grandi nobili che si erano rovinati con la speranza di conquistare un ruolo sociale acquistando anche le merci che garantissero un migliore tenore di vita ma che avevano un prezzo altissimo e che per la grande richiesta erano destinati a costare sempre di più. A partire dal XIII secolo, tutta l'aristocrazia che si affacciava sul bacino della Schelda, per esempio, era indebitata con prestatori e borghesi delle città (3). E i più importanti sovrani europei prendevano a prestito danaro dai banchieri italiani. E' una storia che si ripeterà più volte con mutati protagonisti, nei secoli successivi.
Il danaro, però, non fa la nobiltà, e dunque si rendeva necessario provvedere a procurarsela. La scalata sociale è graduale, nei secoli passati, e in genere occorre molta pazienza per occupare le cariche pubbliche, quelle nobilitanti, far comprendere alla comunità che non si è più solo il figlio o il nipote del mercante ma un uomo in grado di amministrare, trattare e imparentarsi con i potenti. E dunque un lungo spazio intergenerazionale deve essere lentamente e impercettibilmente riempito. Anche nel caso dei borghesi e dei mercanti, l'aggiustamento delle ascendenze e l'invenzione di antenati inesistenti costituisce allora un espediente di indubbia riuscita, tale non solo da abbreviare i lunghi tempi dell'ascesa sociale ma da far credere che gli arricchiti tornino semplicemente a rioccupare nella società il posto adeguato che ad essi spetta come discendenti di illustri proavi.
Ho parlato di attesa talvolta secolare. E dunque i più accorti tra i nuovi nobili non potevano servirsi solo di libri scritti da amici ed eruditi compiacenti che troppo lentamente diffondevano notizie sulle loro origini redatte con gli opportuni aggiustamenti. Per essere ammessi fra i cavalieri di Ordini che richiedevano fondate prove di nobiltà, per sfondare le resistenze di lettori critici e di aristocratici troppo curiosi, era necessario talvolta persino un piano più sottile, subdolo e spregiudicato. Un piano semplicissimo ove si potesse corrompere la persona giusta: il falso.
Con pazienza, con l'inchiostro preparato e adoperato da un bravo scrivano, si cercavano i registri parrocchiali più antichi, i protocolli di compravendita, le pergamene medievali. Si sfogliavano le pagine fino a individuare spazi utili fra un atto e l'altro, vuoti liberi nelle pagine. E tutti questi pochi centimetri venivano riempiti con aggiunte di cognomi, nomi di personaggi inesistenti, di immaginifici nonni e bisnonni qualificati come nobili. Oppure venivano assunti indebitamente le denominazioni di case nobili e si "aggiustavano" le annotazioni, in modo da farle figurare con i nomi della propria famiglia. Si trattava di veri falsi di cui l'opinione pubblica non immaginava neppure l'esistenza. Eppure, l'imbroglio doveva essere noto ad alcuni, e fra questi non mancò chi ebbe anche il coraggio di protestare con sdegno per quanto era accaduto e ancora accadeva ai suoi tempi.
Fu il canonico minorese Pompeo Troiano (1666-1738), da esperto diplomatico e studioso, a rivelare e a denunciare con veemenza questi "aggiustamenti". "Qui m'è conveniente, o Lettore -scrive l'ecclesiastico- avvertirti (spinto dal zelo che sempre ho avuto delle nobilissime famiglie), vedendo io in questa nostra età corrotta, che un plebeo malnato acquistando qualche ricchezza per via di fortuna, vuol anco arrollarsi il titolo di nobile per via d'ingegno e salir al posto sublime ove non potè giungere per natura" (4). Pompeo lamentava anche il fatto che da troppo tempo si consentiva a persone che non ne avevano avuto diritto di assumere indebitamente i cognomi di famiglie nobili. E' l'abitudine già diffusa fra la clientela al tempo dei Romani. Per la classe patrizia sembrava quasi un titolo d'onore che tanta gente portasse il proprio cognome, a dimostrazione del numero di parenti, servi, contadini, vicini e fedeli su cui si poteva contare e che garantiva un larghissimo ossequio. E basta scorrere gli elenchi telefonici campani per renderci conto di quante famiglie portino oggi lo stesso cognome di famiglie nobili con cui non hanno alcuna parentela. Tutto questo, prosegue Troiano, avveniva a causa della "corruttela degli antichi nobili, i quali mentre vivevano, permettevano che la loro gente plebea et infima si fregiasse del titolo delle loro casate (il che come s'andasse non so discernerlo), bensì alcuni l'applicano a dipendenza de' bastardi, altri de' schiavi" (5).
Ed ecco la spiegazione che ancora Pompeo offre di queste attività sotterranee che venivano largamente organizzate ai suoi tempi: l'ingresso nell'Ordine di Malta. "Non vorrei dunque -egli scrive- che essendosi indotta questa mal'usanza tra' mortali, un scalzo et un straccione nato tra' vili, havesse in alcun tempo ad inalzarsi a tant'altezza, che arrivasse a gabbare la nobilissima religione di Malta con pretendere l'habito, e di servirsi di simili memorie" (6). "Scusami se la mia penna si trasporta a far tal disgressione, perché la corruttela de' tempi hodierni la conducono a far tutto ciò, tanto più ch'io veggo in questa nostra età, che non solo altri si servono ingiustamente di memorie effettive di famiglie mancate ch'erano nobili, e del medesimo cognome, ma anco altri vitiano le scritture, e particolarmente de' Reggistri Reali, ne' quali si vedono rasi i cognomi delle famiglie patritie già spente, havendono procurato di farci aggiungere i loro e fattoci fabricar'in tutto le famiglie false, con tali astutie, che ne' cognomi veri antichi vi hanno cassato una lettera ponendoci un'altra diversa, per far diversificare la casata" (7).
Tra le famiglie del patriziato locale, i Sasso si adeguano a questo "effetto di dimostrazione" per compiere il passo qualitativo che potrebbe equipararli ai nobili più antichi. Essi scelgono la via tradizionale: quella dell'individuazione di un personaggio storico che potrebbe essere collocato nel proprio albero genealogico. E poiché non devono sussistere dubbi sul fatto che siano stati in Terra Santa all'epoca in cui fu costituito il primo nucleo dei Cavalieri gerosolimitani, niente di meglio che inserire proprio uno tra questi primitivi Cavalieri fra i più illustri componenti della Casa.  
Una tale presenza poteva non solo certificare un loro antico status; ma aprire le porte di un Ordine le cui insegne conferiscono una prova definitiva di nobiltà. E' ben conosciuto quanto la famiglia Sasso si sia impegnata in una artificiosa quanto insostenibile costruzione di prove inconsistenti. Lo stesso Franco Cardini, negli atti di un convegno riguardante proprio Scala, ebbe modo di chiarire se esistessero o no possibilità che il Gerardo considerato institutor dei Cavalieri fosse uno solo, se non si confondesse con altri due o tre Ospitalieri che portavano lo stesso nome, se  effettivamente si chiamasse Sasso e se fosse stato originario di Scala. Con parole estremamente corrette egli affermò che tali possibilità non esistevano: "Sotto il profilo storico, salvo il rinvenimento -in teoria sempre e comunque possibile- di nuovi e risolutori documenti, tanto l'affermazione quanto la negazione di quel che tradizionalmente si dice sono scelte entrambe oziose" (8).
L'attività "genealogica" dei Sasso non è un caso unico. I d'Afflitto, pure assurti a notevole rilevanza sociale, una volta arrivati nel novero delle famiglie patrizie locali vollero identificare le proprie origini e quelle del proprio cognome con la figura di un Santo molto venerato nel Medioevo, quale protettore dei cacciatori e dei boschi, senza altra prova se non la devozione familiare nei suoi confronti. Così, a loro avviso, le afflizioni che potevano ricordarsi con il cognome parlante, erano da identificarsi con le sofferenze patite da S.Eustachio durante il martirio, confortati in queste ipotesi da Autori acritici e datati come il Crollalanza, il de Lellis e il Mazzella (9). Oppure, con tesi ancor più suggestiva ma ugualmente riconducibile allo stesso intento, la denominazione de Afflicto sarebbe discesa dalla parola "fritto", sempre per ricordare il modo in cui fu martirizzato il Santo, rinchiuso in un bue di bronzo infuocato, e quindi "fritto" (10). Purtroppo, è ben conosciuto il vero etimo a base del cognome: una parola latina quindi dialettizzata che ha dato vita a un toponimo. Ossia "filictum", da felceto, una tra le molte denominazioni di origine contadina, adottata da una famiglia di Capri che è già ricordata nel X-XI secolo (11).
Per offrire un contributo alla soluzione del problema, credo che però si possa esplorare ancora un altro campo che è rimasto poco indagato fino a questo momento. Mi riferisco allo studio onomastico del nome di Gerardo, su cui mi sono già brevemente soffermato in un articolo di alcuni anni fa (12). Già allora scrivevo che l'unico Gerardo campano che io abbia trovato in regesti di documenti coevi al "fondatore" dell'Ordine riguardano un Gerardo Osborni, figlio di un Ardoino, che viveva nel giugno 1129 ad Aversa, ed era "di genere franco" (13).
Il nome del presunto antenato dei Sasso non appare dunque amalfitano. Gli onomastici degli Amalfitani e degli abitanti della costa, per tutto il Medioevo sembrano piuttosto essere Benedetto, Costantino, Giovanni, Gregorio, Leone, Lupino, Mansone, Marino, Mastalo, Mauro, Orso, Pantaleone, Pardo, Pietro, Sergio, Stefano, Taddeo, Tauro. Sono nomi che spesso costituiscono le solide dimostrazioni delle radici etniche o culturali bizantine. Esistono già nello stesso periodo, tuttavia, alcuni Ademari, Alberto, Cioffo, Giosolfio, Landolfo: gli onomastici di derivazione longobarda che filtrano dal vicinissimo principato salernitano erede della Longobardia Minor. E quanto significativi sono poi i nomi che evocano l'Oriente stesso e i viaggi che vi erano condotti, ancora imposti a persone che si chiamano Antiochia, Caterina (che ricorda i pellegrinaggi dalla Terra Santa al santuario del Sinai), Galotto ("galeotte si chiamavano le agili navi su cui si avventuravano i mercanti), Gierosolima.
Non c'è traccia di un Gerardo nei regesti dei sopravvissuti documenti che riguardano Amalfi, Ravello, Minori (14).  
Certamente Sasso è, invece, un cognome che può essere considerato del tutto amalfitano. E non c'è bisogno di cercare per esso derivazioni lontane, come potrebbe supporsi nel caso di un richiamo fonetico con la Nazione sassone. Del resto, anche qualche famoso personaggio medievale cognominizzato "de Saxo" sembra aver tratto il cognome da un casale prossimo alla sua dimora, anziché discendere da un mitico guerriero germanico. Mi riferisco a quel Girardus de Saxo, capofazione romano che fu forse parente e poi fiero avversario del famoso papa Benedetto IX, colui che rassegnò per tre volte le dimissioni dal Trono pontificio. Il cognome di questo Sasso (Saxum), lungi anche in questo caso dall'essere riconducibile alla Sassonia, viene fatto derivare dalla località omonima presso Cerveteri, non lontana da Galeria, i cui conti, nemici del deposto Benedetto IX, avevano anche il controllo del non lontano castello di Sasso (15).
Anche nel nostro caso potremmo non andare molto lontano. I "sassi" contrassegnavano nel Medioevo località rocciose rinvenibili ovunque. La toponomastica locale li assegnava con o senza altre specifiche come caratteristica di un determinato territorio, e così ovunque la denominazione rimaneva fissata per sempre o lentamente poteva essere diluita nelle successive memorie. Come non ricordare i "saxa thebenna" che Jacopo Sannazzaro menziona nella sua Elegia in lode di Cassandra Marchese (16)? Il Poeta parla del monte Tobenna nel prossimo Picentino, sulle cui pendici passeggiava da ragazzo, facendo memoria dei suoi speroni e dei macigni che vi affiorano. La costa amalfitana, che doveva essere spesso contrassegnata da costoni rocciosi anche prima dei violenti terremoti che mutarono parte della sua orografia, si presta bene ad ospitare località che nel periodo medievale potevano designarsi come "sassi", e di qui passare a definire il nome della famiglia che le abitava o possedeva. E un toponimo con questa caratteristica si ritrova ancora proprio nel territorio di Scala: "sotto lo Sasso", località ricordata in una mappa catastale ottocentesca e che certo ha mutuato la denominazione da un'antica abitudine di indicare il luogo (17).
Famiglia locale, cognome locale. Ma di un Gerardo originario dell'area non sembra che esistano tracce se non quelle artificiali lasciate centinaia di anni dopo la sua presunta esistenza. Un po' come i dipinti che raffigurano personaggi dell'antichità su cui gli artisti lavoravano d'immaginazione.

Note

(1) Cf. I. DE MADERIAGA, Ivan il Terribile, Torino 2006, p. 116.

(2) Cf. B. CANDIDA GONZAGA, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, II, Napoli 1875, p. 8.

(3) Cf. H.PIRENNE , Storia economica e sociale del Medioevo, Milano 1967, p.144.

(4) Cf. P. TROIANO, Reginna Minori trionfante, Minori 1985, p. 126.

(5) Ibidem.

(6) Ibidem.

(7) Id., pp. 126-127.

(8) Cf. F. CARDINI, L'Ordine gerosolimitano e la figura di fra Gerardo Sasso, in Scala nel Medioevo, Amalfi 1996, p. 88.

(9) Cf. S. AMICI, Araldica medievale scalese, in Scala nel Medioevo, cit., p. 309.

(10) Ibidem.

(11) Cf. G.GARGANO, I primi tempi della Civitas Scalensis e la formazione del patriziato locale, in Scala nel Medioevo, cit., p. 105.

(12) Cf. C. CURRO', E se Gerardo Sasso non fosse nato a Scala? In Eco Magazine, settembre 1998.

(13) Ibidem.

(14) Cf. Le pergamene degli Archivi vescovili di Amalfi e Ravello (I-IV), Napoli 1952-1959; Le pergamene dell'Archivio arcivescovile di Amalfi, Massalubrense 1981; Le pergamene dell'Archivio vescovile di Ravello, Napoli 1983; Le pergamene dell'Archivio vescovile di Minori, Minori 1987.

(15) Cf. F. MARAZZI, voce Gerardo, in Treccani.it   

(16) Cf. J. SANNAZZARO, III.

(17) Cf. V. AVERSANO, Osservando i toponimi di Scala: parole e cose di una geografia "estrema", in Scala nel Medioevo, cit., p.135.

Articolo presente sul Sito Italia Medievale

domenica 17 febbraio 2013

ORDINE FRANCESCANO

Con il nome Ordine francescano viene indicato, per antonomasia, quello dei Frati Minori nel suo complesso, il cosiddetto "Primo ordine" fondato da san Francesco d'Assisi nel 1209 e i cui membri - dal suo stesso nome chiamati francescani - «sono oggi raggruppati nelle tre famiglie, pari e indipendenti, dei Frati Minori (OFM), (già detti Osservanti, Riformati, ecc.), dei Frati Minori Conventuali (OFMConv) e dei Frati Minori Cappuccini (OFMCap), professanti tutti l'identica Regola del fondatore (1223), ma con costituzioni, tradizioni e caratteristiche proprie». Questi tre Ordini, a cui appartiene a pieno titolo l'originaria denominazione di "Ordine dei Frati Minori", costituiscono l'Ordine francescano. Ordine dei Frati Minori è il nome dato dallo stesso fondatore - almeno stando al primo biografo - alla sua comunità: «Mentre si scrivevano nella Regola queste parole "Siano minori", appena l'ebbe udite esclamò: "voglio che questa fraternità sia chiamata Ordine dei frati minori"», nome che poi venne istituzionalizzato nella Regola definitiva approvata da papa Onorio III con la bolla Solet annuere del 29 novembre 1223 dove la denominazione compare sia nell'indirizzo di saluto introduttivo che nel titolo e nello stesso incipit del primo capitolo. Si tratta dunque di un «nome esclusivamente proprio, caratteristico e ufficiale della Chiesa, come nella storia, che da oltre 7 secoli e ancor oggi designa genericamente tutti i Francescani, compresi i F.M. Conventuali e i F.M. Cappuccini, ma che dal 1897 è divenuto anche nome specifico della famiglia OFM o dei F.M., già designati in passato (dal 1415) con la propria denominazione di F.M. Osservanti, alla quale famiglia furono giuridicamente unite sotto un unico ministro generale fin dalla loro fondazione, nell'arco del '500, quelle dei F.M. Riformati (della Stretta osservanza), Scalzi o Alcantarini, e Ricolletti». La denominazione Ordinis minorum (OMin) - da cui "Ordine dei Minori" e anche "Ordine minoritico" - costituisce, specie negli antici documenti anche papali, la forma abbreviata della dicitura ufficiale di "Ordine dei Frati Minori". Già alla morte di Francesco d'Assisi, anzi in alcuni casi durante la vita stessa di Francesco, all'interno dell'ordine emersero due tendenze ben distinte. Da una parte alcuni frati aspiravano alla vita ascetica e mendicante che aveva contraddistinto la primitiva comunità francescana (ancor prima che diventasse un "ordine" religioso); dall'altra parte, la grande maggioranza dei frati voleva un ordine dedito soprattutto alla cura d'anime, inserito nei contesti cittadini e stabilito in conventi di proprietà dell'ordine stesso. Nella seconda metà del XIII secolo i frati più rigoristi si riconobbero soprattutto nel movimento degli Spirituali, in cui l'aspirazione alla povertà totale e all'"uso povero" (usus pauper) dei beni anche non posseduti si fondeva con attese apocalittiche e con una contestazione più o meno aperta delle autorità della Chiesa (soprattutto papa Bonifacio VIII). Gli Spirituali vennero condannati come eretici da papa Giovanni XXII e subirono una durissima persecuzione, anche se alcuni gruppi sopravvissero in Italia centrale o meridionale, dove venivano comunemente chiamati "fraticelli". Dopo la metà del XIV secolo si delineò una ampia corrente che tornava a sostenere la necessità di un ritorno agli ideali originari di povertà radicale: quella degli Osservanti, che senza dubbio avevano un atteggiamento molto meno critico nei confronti della gerarchia ecclesiastica rispetto agli Spirituali, ma che pure si trovavano spesso in conflitto con gli altri membri dell'ordine francescano, i "Conventuali". Agli Osservanti venne riconosciuta una parziale autonomia nel 1415 e nell'ambito dell'Osservanza sorse una moltitudine di gruppi riformati (Amadeiti, Capriolanti, Clareni, Colettani, Guadalupensi, Villacreziani, etc.): nel 1517 tutti questi gruppi che in vari modi si rifacevano all'Osservanza vennero uniti nell'Ordine dei Frati Minori, distinto da quello dei Conventuali e con un proprio ministro generale. Nella diatriba sorta si trovarono coinvolti anche i laici aderenti al Terzo Ordine, infatti questi uomini riuniti in fraternità, pur non aderendo alla vita religiosa vera e propria con i tre voti di povertà, castità ed obbedienza, e non essendo nemmeno chierici con facoltà di celebrare la messa e confessare, con il loro modo di vivere povero, penitenziale ed in soccorso dei deboli e dei malati in ospedali ed ospizi per pellegrini calcarono l'ideale francescano al punto che videro l'autorità papale dar loro una regolamentazione con la Bolla Supra montem del 18 agosto 1289, emanata a Rieti da papa Niccolò IV e diretta ai 'penitenti lombardi' francescani. Col passare dei secoli, l'ordine, o meglio gli ordini francescani sono stati oggetto di continui tentativi di riforma. La più ampia è stata quella avviata dai "cappuccini", frati che hanno cercato di coniugare vita contemplativa e povertà austera. Questi frati, caratteristici per le lunghe barbe, hanno preso il nome dal proprio cappuccio, più lungo di quello degli altri rami francescani.

Fonte: Wikipedia

mercoledì 10 ottobre 2012

GLI ORDINI MENDICANTI


Gli ordini mendicanti, sorti tra il XII ed il XIII secolo in seno alla Chiesa cattolica, sono quegli ordini religiosi ai quali la regola primitiva imponeva l'emissione di un voto di povertà che implica la rinuncia a ogni proprietà non solo per gli individui, ma anche per i conventi, e che traevano sostentamento unicamente dalla raccolta delle elemosine (questua). Occasione storica della fondazione dei primi ordini mendicanti (l'Ordo Praedicatorum di Domenico di Guzmán, l'Ordo Minorum di Francesco d'Assisi) fu la grave situazione creatasi in seno alla Chiesa in seguito alla massiccia penetrazione fra i ceti più umili (soprattutto in Italia e nella Francia meridionale) della propaganda pauperistica dei catari e dei valdesi. Francesco, Domenico e i loro seguaci rappresentarono la risposta della Chiesa ad alcune legittime esigenze fatte valere da quelle sette: perseverando all'interno della Chiesa, cercarono di realizzare l'ideale evangelico dell'imitazione di Cristo in una vita semplice, fatta di povertà e penitenza, predicazione e opere di carità: provvedevano al loro sostentamento unicamente tramite la raccolta di offerte e il lavoro (insegnamento, cura d'anime). Questa scelta venne fatta in netta contrapposizione con l'evidente ricchezza del clero secolare, non legato da alcun voto di povertà, e dei monaci del tempo, tenuti alla povertà individuale ma non a quella collettiva, la cui predicazione era ritenuta meno efficace nella difesa del Vangelo. Nacque negli stessi anni anche l'ordine trinitario di Giovanni de Matha, che, facendo proprio un analogo desiderio di povertà, si impegnavano a liberare, in modo non violento, gli schiavi, in particolare i cristiani fatti prigionieri dai musulmani del Nord Africa. Francescani e Domenicani, fortemente sostenuti dai papi Innocenzo III e Onorio III, con il loro rigore e la loro assoluta povertà, diedero all'ortodossia cattolica un contributo decisivo per combattere ad armi pari la predicazione ereticale e ricondurre in seno alla Chiesa il movimento pauperistico. Nel corso degli anni successivi gli ordini mendicanti si diffusero soprattutto nelle zone urbane, che proprio in quel periodo stavano conoscendo una notevole espansione: furono accolti favorevolmente dalla popolazione sia per il loro rigore che per il fatto di non pretendere decime e tributi. Fondamentale fu il loro contributo allo sviluppo del pensiero teologico e filosofico del medioevo latino: le grandi menti che elaborarono l'alta Scolastica provenivano proprio da questi ordini (Alberto Magno e Tommaso d'Aquino erano domenicani, francescani erano invece Bonaventura da Bagnorea e Giovanni Duns Scoto). Ben presto i frati si dedicarono all'insegnamento e alla direzione spirituale: furono consiglieri di re e principi, pratica prima spesso affidata ai monaci benedettini. La caratteristica generale degli ordini mendicanti, in origine, era la totale mancanza di proprietà sia individuale che collettiva da parte dei frati, i quali gestiscono totalmente in comune i beni presenti nel convento. L'obbligo alla povertà e la pratica della raccolta delle elemosine (ormai quasi totalmente abbandonata) vennero progressivamente limitate: nel 1475 papa Sisto IV abolì la mendicità come forma di reddito e il concilio di Trento, pur mantenendo il divieto all'acquisizione di benefici ecclesiastici, permise agli ordini mendicanti di possedere, collettivamente, delle rendite. Un'altra essenziale differenza dagli ordini monastici e da quelli di canonici regolari era nella loro organizzazione giuridica: i frati non sono legati a vita a un singolo convento, ma possono essere trasferiti in base alle esigenze di cura d'anime; le loro comunità non costituiscono entità autonome, ma sono federate in province e sottoposte a un capo supremo (Maestro generale per i domenicani, Ministro generale per i francescani) la cui giurisdizione si estende su tutti i membri dell'ordine; tutti i superiori (sia dei singoli conventi, che quelli provinciali e i generali) sono eletti direttamente dai membri dell'ordine e il loro mandato era a termine. Data la temporanea impossibilità, stabilita dal Concilio Lateranense IV, di far sorgere nuove regole, i frati adottarono la regola benedettina (di Benedetto da Norcia) o a quella agostiniana (di Agostino), eccetto i frati minori, perché Francesco d'Assisi volle e ottenne da Onorio III una regola propria.

Fonte: Wikipedia

mercoledì 7 settembre 2011

ORDINE DEL TOSON D'ORO

Costituito nel 1429 a Bruges da Filippo il Buono, duca di Borgogna, era destinato in origine a riunire trentuno cavalieri di rango e virtù eccezionali, come gli Argonauti, mitici cercatori del Vello d'Oro, alla cui leggenda s'ispirava. Non c'è da stupirsi che un sovrano cristiano si sia ispirato a un mito pagano per la costituzione di un ordine destinato a primeggiare nello scenario araldico europeo, poichè nel suo valore simbolico la vicenda del Vello o Tosone d'Oro (la pelle dell'ariete sacro a Giove ricercata da Giasone per preservarsi dalle potenze infernali e ritrovare il regno perduto) si avvicina moltissimo a quella del Graal. Esiste una straordinaria analogia tra il Vello della tradizione mitologica pagana e il santo Graal di quella cristiana. La sacralità di entrambi ha origine divina: la pelle proviene dall'animale alato di Zeus, il calice dal tavolo dell'ultirna cena. Entrambi sono contrassegnati da intenti pietosi: l'ariete sottrae un fanciullo alla morte, il calice serve a raccogliere il sangue dalle ferite del Cristo. Entrambi hanno avuto rapporto con il sacrificio e con il sangue. Entrambi, infine, per i loro poteri sovrannaturali, sono al centro di una ricerca che comporta il superamento di prove inaudite. Per entrambi scendono in campo eroi e forze divine, maghi e sacerdoti. Ed è significativo che in che in entrambe le leggende il ruolo della donna - regina come Ginevra o maga come Medea - sia fondamentale quanto quello del guerriero. La sua insegna è una pelle di montone d'oro - il Tosone o Vello d'Oro, per l'appunto - pendente da una catena anch'essa d'oro, adornata con delle B che indicano la casa fondatrice di Borgogna, irradianti scintille.

I CAVALIERI DI MALTA

Il simbolo di Malta, la croce ad otto punte bianca in campo rosso, è legato indissolubilmente all'ordine di San Giovanni, che dalla venuta nell'isola divenne il "Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di Malta". Le vesti tornarono nere con lo stendardo ancora rosso, bianco crociato. I cavalieri iniziarono un'opera di fortificazione dell'isola, ancora oggi ben visibile, poi rinforzarono l'armata navale. Le agili galee dell’ Ordine condurranno la guerra da corsa contro i Turchi. Nel 1564 Solimano ordinò che si distruggesse quel "nido di vipere", capace, da uno "scoglio" del mediterraneo, di offendere e colpire il vasto impero degli Osmanlì". Tutto l’ Islam, in armi, sviluppò l’ offesa contro Malta. I Cavalieri, sempre più estenuati e decimati ributtarono attacchi su attacchi e, come nel 1480, da soli, sconfiggono l’immenso impero degli Osmanlì. Nel 1571, l’ Ordine di Malta fa parte della potente Lega fra Spagna, Venezia, il Pontefice, il Duca di Savoia, il Granduca di Toscana, Genova, e il Regno di Sicilia, che affrontò vittoriosamente a Lepanto, sotto la guida di Giovanni d’Austria, l’ armata turca, comandata da Alì Pascià.

I CAVALIERI DI RODI

Riorganizzatisi a Cipro, dove i cavalieri ospitalieri di San Giovanni si erano rifugiati dopo il ritiro dalla Terrasanta, gli stessi partono alla conquista di Rodi, che avviene nel 1308. Da questo momento i Cavalieri di  San Giovanni in Gerusalemme vengono anche detti di Rodi. Diventano presto una temibile potenza navale, che inflisse duri colpi all’ invadenza islamica, scacciando i musulmani dal Mediterraneo orientale.Nel 1552 (il 18 dicembre), dopo secoli di battaglie, di tentativi di sbarco e di assedi respinti, i cavalieri furono costretti poi a lasciare Rodi, occupata dai turchi ottomani di Solimano I, e rimasero senza patria fino al 1530. In questi anni si spostarono a Candia, Messina, Napoli e Civitavecchia, Viterbo, e Nizza. 

I CAVALIERI OSPITALIERI DI SAN GIOVANNI IN GERUSALEMME


L'Ordine degli Ospitalieri ha antiche origini, antecedenti alla spedizione crociata. Infatti il nome stesso dell'ordine deriva dallo "spedale" dei pellegrini cristiani, eretto dai mercanti Amalfitani negli anni cordiali di Carlo Magno, Imperatore dei Paladini, e di Harun, Califfo delle Mille e una Notte, quando, in Terrasanta i cristiani ed i musulmani si tolleravano. Scopo dello "spedale" era chiaramente quello di accogliere i pellegrini malmessi dopo il lungo e difficile viaggio. Successivamente il fine mutò, in parte, ed i Cavalieri Ospitalieri parteciparono anche alle azioni di guerra, affianco ai Templari, in difesa dei territori conquistati nella prima crociata. L'Ordine Ospitaliero di San Giovanni in Gerusalemme (successivamente noto come Ordine dsi San Giovanni) fu costituito da Fra Gerardo De' Sasso, reggente dell'ospedale e chiesa amalfitani già dal 1099. L'Ordine fu ufficialmente approvato da Papa Pasquale II nel 1113. Le vesti originarie erano quelle benedettine (tunica nera). Ottenuto il riconoscimento ufficiale, gli ospitalieri aggiunsero il mantello, ancora nero, e la croce bianca, ad otto punte (amalfitana), apposta nel petto, dalla parte del cuore. Lo stendardo, invece, era rosso, con una croce bianca lineare. Successivamente, anche le vesti divennero rosse (periodo in cui l'Ordine era noto come Ordine di San Giovanni). Insieme agli altri monaci crociati, i cavalieri combatterono con eroismo. Lottarono a Damasco; conquistarono, nel 1153 Ascolana; combatterono in Egitto; lottarono ancora a Gerusalemme, in Siria, ad Acri, Tiro e Margat; e con Riccardo Cuor di Leone, a Tripoli, Antiocha, ed in Armenia. Dopo la ritrovata unione politica e religiosa maomettana, il Krac dei Cavalieri, la più importante fortezza cristiana in Terrasanta, presidiata dai Cavalieri Ospitalieri, cede a Baibars nel 1271. Successivamente cede San Giovanni d’Acri. Ciò mette fine all’ avventura in Terrasanta dei Cavalieri di San Giovanni in Gerusalemme, costretti a fuggire a Cipro.

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