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domenica 18 gennaio 2015

LA TORRE DELLE ARMONIE COSMICHE. UNA NUOVA LETTURA DELLA TORRE CAMPANARIA DI TRANI

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La cattedrale di Trani è uno dei più noti esemplari di romanico pugliese, stile architettonico dei secoli XII/XIII le cui propaggini possono essere rintracciate anche al di là dell’Adriatico. L’elemento su cui mi soffermerò in questo mio intervento è però l’imponente torre campanaria che affianca la cattedrale. Edificata in successive fasi (i lavori di costruzione furono intrapresi fra il 1200 e il 1239, per venire definitivamente ultimati con i piani superiori della torre circa un secolo dopo), essa costituisce l’elemento di maggior spicco visivo, complice in gran parte la bianca “pietra di Trani” che, lambita dai raggi del sole, irradia a sua volta la luce così da esser visibile in lontananza tanto in mare aperto, quanto dall’interno (addirittura dal Castel del Monte). Il dato che sorprende –ma neanche tanto, considerando la “sacra” logica geometrica soggiacente alla prassi costruttiva dei tempi andati- è l’intatta leggerezza del suo fascino lunare, nonostante i 59 m di altezza, grazie all’espediente architettonico del progressivo aumento dimensionale delle finestre, con incremento del numero di luci:specificatamente, si passa dal grande arco ogivale del piano terra ai due piani successivi, ciascuno con una bifora per lato, e poi alla trifora del quarto piano, alla tetrafora dell quinto, la pentafora del sesto, e infine il culmine con una cuspide piramidale ottagonale con ogni lato rivestito da finestre. Questa progressione ascensionale non si risolve tuttavia nel mero risultato estetico, va invece interpretata in base al contesto costruttivo dell’epoca, in cui la geometria e la matematica, componenti essenziali della formazione intellettuale, venivano considerate come discipline delle regole e delle relazioni del cosmo, emanazione divina. 
imageRisale a Pitagora (570-495 a.C.) il concetto filosofico secondo cui le relazioni matematiche esprimono la chiave di lettura del cosmo, essendo questo costituito da numeri, approccio al dato naturale che è giunto fino all’età moderna attraverso le varie mediazioni di Filolao ( 470-390 a.C.), Platone (428-348 a.C.), Eudosso (408-355 a.C.), Aristotele (384-322 a.C.), soprattutto di Tolomeo (100-170 d.C.), e degli arabi al-Kindi (800?-866? d.C:), Avicenna (980-1037 d.C.) e Averroè ( 1126-1198 d.C.). Non mi sembra, dunque, una forzatura ermeneutica ravvisare nella distribuzione delle luci nella torre campanaria di Trani la traduzione architettonica dei rapporti matematici che consustanziano la scala musicale naturale. I Greci paragonavano il cosmo a una scala musicale, nella quale i suoni più acuti erano prodotti da Saturno e dalle Stelle fisse, e il sole corrispondeva alla nota di congiunzione fra i due tetracordi. In ultima istanza, secondo la teoria pitagorica, le proporzioni numerico-musicali che governano il cosmo –corrispondenti ai tre intervalli fondamentali della musica- sono: 1:1 (unisono); 2:1 (ottava); 3:2(quinta); 4:3 (quarta). Archita di Taranto (430-348 a.C) –in seguito Didimo Alessandrino e il ben noto Tolomeo- modificò questo paradigma di scala musicale (il cosiddetto “tetracordo”, che deve il suo nome al numero di corde presenti nella lira greca, in cui l’intervallo tra la prima corda e l’ultima dava l’intervallo di quarta giusta, cioè 3:4), e aggiunse altri rapporti rispetto a quello pitagorico, come la terza maggiore (5:4), la terza minore (6:5), e la seconda superiore (8:7). Se proviamo a rileggere il monumento in termini numerici, non ci sfuggirà di certo la presenza di tutti –eccetto la terza minore-  questi rapporti numerico-armonici, partendo fra il numero di partizioni delle finestre pian piano che si procede da un ordine della torre all’altro, e concludendo con il rapporto fra l’ottagono apicale con i sette ordini complessivi. Ancora una volta il Medioevo consegna ai nostri occhi distratti e disincantati una perfetta metafora del cosmo.

Articolo di Eros Reale. Tutti i diritti riservati. 

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