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lunedì 5 gennaio 2015

I BENTIVOGLIO DI BOLOGNA: UN'ORIGINE ANTICA E IMMAGINARIA

Innumerevoli le leggende nate sull’origine di famiglie reali, signorili e aristocratiche. In tempi in cui un pittore, un architetto, uno scultore, erano in grado di magnificare o tramandare la gloria di una stirpe proiettando nelle relazioni diplomatiche, nei resoconti dei mercanti, nei racconti dei viaggiatori l’immagine di un antenato o la bellezza di una residenza, un genealogista al proprio servizio non era certo cosa da poco. Che poi prima del Muratori fosse poco usuale il controllo delle fonti e l’accertamento di nomi e date, il lancio di ascendenze improbabili, mitiche e roboanti poteva durare per secoli, senza che nessun critico si sognasse di smentire, un po’ per buona educazione, un po’ perché per uno scrittore (vivente spesso a spese del committente) sarebbe stato poco conveniente intervenire in un argomento così delicato. Come non ricordare che persino Torquato Tasso fu chiamato a scrivere una Genealogia di Casa Gonzaga e che suo padre Bernardo nel poema Amadigi, celeberrimo ai suoi tempi, cercò di collegare le ascendenze dei nobili del tempo agli eroi della sua Opera? E vi immaginate per una Casa come i Bentivoglio quante illazioni sono state fatte? Si gioca molto sul significato dei cognomi senza, ovviamente, conoscere gli usi e i gusti dei secoli passati. Come spiegare che nomi come Flordelalpe e Asainavemo o soprannomi come Malaclavello e Losco (guercio) o diminutivi come Zeza (Lucrezia) erano onomastici e denominazioni che piacevano molto ai nostri antenati, tanto che a volte i vescovi dovevano raccomandare l’imposizione dei nomi di santi e martiri al momento del Battesimo? Bentivoglio, Bologna, antenati nobili e perché non reali? Secondo la tradizione familiare, la stirpe che per oltre un secolo cercò di signoreggiare la città romagnola, discendeva dagli amori tra il re Enzo (sovrano titolare di Sardegna e figlio di Federico II), e una contadina chiamata Lucia di Viadagola. La leggenda racconta che il re catturato e per lunghi anni imprigionato dai Bolognesi (con tutti gli onori) avrebbe sempre ripetuto alla fanciulla: “Amor mio ben ti voglio”, nome poi dato al figlio nato da loro (http://it.wikipedia.org/wiki/Bentivoglio_(famiglia) ). Per una famiglia arrivata recentemente all’attualità politica e signorile della Romagna, la discendenza da un re costituiva un serissimo punto di forza, di fronte a stirpi come i Gonzaga, gli Este o i Malatesta. Giovanni I,  fu del resto l’unico Bentivoglio a portare il titolo di Signore di Bologna (1401-1402); gli altri ebbero solo la supremazia di fatto sulla città anche se si imparentarono con famiglie principesche, spesso destinate ad assurgere a fastigi sempre più importanti, come gli Este,  i Visconti, gli Sforza, i Pio, i Malatesta, i Manfredi. Giovanni II, figlio di Donnina Visconti, ebbe una corte prestigiosa dal punto di vista artistico, tale da superare quelle degli Este o del Montefeltro. Dunque, nell’ambito della conquista del prestigio locale e nazionale, i Bentivoglio non potevano che guardare di buon occhio quanti facevano filtrare le più gloriose leggende sui loro presunti antenati. Niente altro che invenzioni, molto facilmente smontabili grazie a semplici letture di testi anche stampati. Il famoso volume del celebre Tiraboschi fa giustizia di ogni invenzione, menzionando inequivocabili antenati dei rinascimentali e splendenti Bentivoglio; non ancora signori di importanti territori o detentori di cariche prestigiose; ma certamente personaggi di campagna benvoluti e stimati nel Medioevo. Oddo de Bentivoglio nel marzo del 1163 fu tra i testi chiamati a controfirmare la concessione di una vigna a Corte Vecchia di Nonantola, da parte dell’abate,  Radoaldo, figlio di Alberto di altro Radoaldo di Nonantola. (Cf. G. TIRABOSCHI, Storia dell’augusta Badia di S.Silvestro di Nonantola,aggiuntovi il Codice diplomatico, II, Modena 1785, p. 281). Il re Enzo (n.1220-m.1272), ovviamente, a quell’epoca non era ancora nato. Si potrebbe discutere invece sulle ascendenze di questo Oddo, un uomo che porta un nome germanico ma che nella sua denominazione richiama l’onomastico alla moda di suo padre. Infatti il Bentivoglio (Bentivolio) che gli ha dato natali e nome è certamente quell’altro personaggio che viene menzionato sempre nell’Opera di Tiraboschi per il 1145 quando controfirma la concessione di un’altra terra dell’Abbazia ad Andrea  Pagano nel 1145 (Id., p.257) e nel febbraio del 1130 ricordato sempre come teste, per una concessione agricola ad Albertino di Pietro della Porta (Id., p.241). Nomi germanici e onomastici che trovano la loro origine nella lingua comunemente parlata sono ormai utilizzati senza alcun riferimento all’etnia della stirpe, di cui spesso si è dimenticato il riferimento.
Le date tagliano la testa al toro. E ripongono la leggenda fra i racconti evocati nelle serate di corte.

Articolo di Carmelo Currò Troiano. Tutti i diritti riservati

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