È noto che la storia dell’Occidente, in particolare quella medievale, è figlia di due grandi visioni del mondo, quella greca e quella biblica. Ma particolarmente significativa, proprio per la questione del male, è anche la religione “gnostica”, caratterizzata da un radicale dualismo, che conosciamo poco a causa della lunga guerra condotta dalla chiesa cristiana contro i suoi esponenti, e la conseguente distruzione postuma delle loro opere. Già nel VI secolo a.C. il profeta Zoroastro (o Zarathustra) disserta della sua concezione di un mondo segnato dalla lotta fra due principi, uno del bene e uno del male, ripresa in particolare nel II secolo della nostra era, che vide la nascita di varie sette gnostiche, tutte considerate eretiche dalle comunità cristiana di quei tempi.
La setta che conobbe la più grande diffusione fu quella del persiano Mani (216-277), che si considerava discepolo di Gesù e che fuse nel suo culto elementi provenienti, oltre che dalle scritture ebraiche e cristiane, anche dal platonismo, dallo zoroastrismo e dal buddhismo. Il manicheismo, che tanta influenza ebbe nel movimento ereticale cataro dei secoli XII-XIII, ha una visione fortemente dualistica del mondo, originato della mescolanza di due principi in lotta tra loro, quello della Luce, buono, e quello della Tenebra, malvagio. In questa prospettiva, l’uomo può sconfiggere definitivamente il male solo grazie ad un rigoroso distacco dai beni materiali e alla conoscenza. La gnosi (e questa è una caratteristica comune ai suoi vari filoni) è una conoscenza esoterica perfetta da cui dipende la salvezza e che possiedono solo gli eletti. Lo gnostico sa che il male e la sofferenza sono la conseguenza della caduta di elementi superiori, spirituali e divini, nel mondo materiale. Egli tende quindi alla dissoluzione finale della materia e alla liberazione delle anime dalla corporeità, dopo un ciclo di reincarnazioni e purificazioni. Il Salvatore è una sorta di inviato divino che per compiere la sua missione salvifica rivela la conoscenza liberatrice, risvegliando nelle anime immemori la loro natura divina (questo risveglio è per gli gnostici la resurrezione). Il mondo materiale è opera di un principio malvagio e la salvezza, quindi, può essere cercata dimenticando i travagli di questo mondo, visto solo come una prigione da cui l’anima deve evadere.
La setta che conobbe la più grande diffusione fu quella del persiano Mani (216-277), che si considerava discepolo di Gesù e che fuse nel suo culto elementi provenienti, oltre che dalle scritture ebraiche e cristiane, anche dal platonismo, dallo zoroastrismo e dal buddhismo. Il manicheismo, che tanta influenza ebbe nel movimento ereticale cataro dei secoli XII-XIII, ha una visione fortemente dualistica del mondo, originato della mescolanza di due principi in lotta tra loro, quello della Luce, buono, e quello della Tenebra, malvagio. In questa prospettiva, l’uomo può sconfiggere definitivamente il male solo grazie ad un rigoroso distacco dai beni materiali e alla conoscenza. La gnosi (e questa è una caratteristica comune ai suoi vari filoni) è una conoscenza esoterica perfetta da cui dipende la salvezza e che possiedono solo gli eletti. Lo gnostico sa che il male e la sofferenza sono la conseguenza della caduta di elementi superiori, spirituali e divini, nel mondo materiale. Egli tende quindi alla dissoluzione finale della materia e alla liberazione delle anime dalla corporeità, dopo un ciclo di reincarnazioni e purificazioni. Il Salvatore è una sorta di inviato divino che per compiere la sua missione salvifica rivela la conoscenza liberatrice, risvegliando nelle anime immemori la loro natura divina (questo risveglio è per gli gnostici la resurrezione). Il mondo materiale è opera di un principio malvagio e la salvezza, quindi, può essere cercata dimenticando i travagli di questo mondo, visto solo come una prigione da cui l’anima deve evadere.
Articolo a cura del nostro collaboratore Aldo Ciaralli
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