Pagine

Visita il Primo Museo Didattico Templare Permanente in Italia!

Scopri la storia dei Templari con il Primo Museo Didattico Templare Permanente in Italia sito a Viterbo!

Vuoi visitare Viterbo?

Se vuoi visitare Viterbo, l'Appartamento uso turistico di Emiliano e Rosita è il punto ideale per la tua vacanza!

La Grande Storia dei Cavalieri Templari

Creati per difendere la Terrasanta a seguito della Prima Crociata i Cavalieri Templari destano ancora molto interesse: scopriamo insieme chi erano e come vivevano i Cavalieri del Tempio

La Grande Leggenda dei Cavalieri della Tavola Rotonda

I personaggi e i fatti più importanti del ciclo arturiano e della Tavola Rotonda

Le Leggende Medioevali

Personaggi, luoghi e fatti che hanno contribuito a conferire al Medioevo un alone di mistero che lo rende ancora più affascinante ed amato. Dal Ponte del Diavolo ai Cavalieri della Tavola Rotonda passando per Durlindana, la leggendaria spada di Orlando e i misteriosi draghi...

Visualizzazione post con etichetta Frosinone. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Frosinone. Mostra tutti i post

sabato 22 febbraio 2014

CATTEDRALE DI SANTA MARIA (ANAGNI)


La Basilica di Santa Maria è il cuore pulsante religioso di Anagni, cittadina laziale in provincia di Frosinone. La costruzione risale al 1072-1104 per opera di Pietro da Salerno. La cattedrale è romanica ma l'interno è un gotico lombardo dopo il restauro dell'anno 1250 quando Pandolfo vescovo fece sostituire le capriate in legno della navata centrale con transetti in stile gotico. La presenza della vicinissima sede papale ha fatto si che la cattedrale fosse teatro di molti eventi importanti come la canonizzazione di San Bernardo di Chiaravalle, Santa Chiara d'Assisi, Edoardo il Confessore re d'Inghilterra e San Pietro eremita vescovo di Trevi. Nella cattedrale furono anche scritti decreti di scomunica contro Ottaviano Monticelli, antipapa, Federico Barbarossa, Federico II e Manfredi. L'edificio sacro è a tre navate costruito dai maestri comacini. Caratteristico il pregevole pavimento a mosaico eseguito nel 1231 dalla celebre famiglia di marmorari romani, i Cosmati (da qui l'aggettivo cosmatesco). La lunetta interna sopra la porta centrale raffigura la Madonna con bambino tra S. Magno e S. Secondina (fine sec. XIII). Sullo sfondo dell'abside centrale, sopra il panneggio del Cisterna, campeggiano le figure degli Apostoli, ognuno caratterizzato dal proprio attributo, opera del Borgogna (sec. XVII), in alto le figure dei santi venerati ad Anagni, l'Annunciazione e l'Eterno Padre opera dei pittori Pietro e Giovanni Gagliardi. Nell'abside di sinistra i discepoli di Emmaus e gli angeli adoranti. In quella di destra il matrimonio tra S.Giuseppe e la Vergine ed il Transito di S.Giuseppe. Nell'abside maggiore possiamo ancora ammirare tre pregiate opere del Vassalletto (1263): una bellissima colonna tortile mosaicata per il candelabro del cero pasquale, la cattedra episcopale e il ciborio che copre l'altare, tutte opere volute dal vescovo Landone. Si affacciano sul vano della chiesa il battistero e le cappelle Lauri, Caetani, Raoli (detta anche cappella di S. Carlo) con il quadro della Madonna della Misericordia opera del Frenguelli donato da Papa Leone XIII. Ai lati due tele dei fratelli Gagliardi. La Cripta della Cattedrale di Anagni, dedicata a San Magno, patrono della Città, è una delle più belle e importanti di Italia e d'Europa. Fu costruita contemporaneamente alla chiesa superiore. Conosciuta come "La Cappella Sistina del Medioevo", il suo pregio consiste nell'armonia di un mirabile intreccio di archi romanici, nel pavimento cosmatesco originale e negli splendidi affreschi che ricoprono una superficie di 540 m². Il ciclo pittorico è opera di tre botteghe di artisti ignoti, meglio noti come Primo Maestro o Maestro delle traslazioni, Secondo Maestro o Maestro Ornatista e Terzo Maestro o Maestro di Anagni (riconosciuto anche come l'autore degli affreschi dell'Aula Gotica della chiesa romana dei Santi Quattro Coronati). Esso rappresenta la storia della salvezza dell'uomo dalla sua origine al suo giudizio. Sulle ventuno volte, infatti, si trovano raffigurate scene dell'Antico e Nuovo Testamento (storia dell'Arca dell'Alleanza e Apocalisse) e un raro e importante ciclo scientifico sulla creazione del mondo e dell'uomo, in cui la concezione del microcosmo nel macrocosmo è accompagnata dalla figure dei medici Ippocrate e Galeno e dalla Teoria degli Elementi di derivazione platonica. Sulle pareti, invece, sono affrescate le storie dei miracoli attribuiti a S. Magno e le agiografie dei santi sepolti negli altari, nei quali riposano i corpi di S. Magno, patrono della città, SS. Aurelia e Noemisia, S. Secondina e reliquie di S. Oliva, S. Sebastiano, S. Cesareo e altri martiri. Il Tesoro del Duomo di Anagni raccoglie una campionatura particolarmente selezionata di ori, smalti, avori, reliquiari (come il cofanetto di san Thomas Becket), preziosi tessuti (famoso il piviale di Bonifacio VIII) e antifonari in pergamena con miniature in oro. Essi, per la varietà di tecniche, manifatture, stili e provenienze, testimoniano uno dei momenti più densi e vitali della cultura artistica del duecento. Attigua alla sala del Tesoro è la medievale Cappella del Salvatore con affreschi del XII-XIII secolo. In essa sono conservate pregevoli opere lignee tra le quali spicca una cattedra episcopale del XII secolo, tra le più antiche d'Europa. L'Oratorio di S.Thomas Becket è situato accanto alla Cripta. Nel vestibolo, dove prima erano i sepolcri di famiglie illustri della Città, si apre una porta che introduce nell'antico mitreo, di cui si conserva ancora l'ara sacrificale, trasformato più tardi in oratorio cristiano. Particolarmente interessante è il ciclo pittorico che ha lo scopo di catechizzare il popolo attraverso le immagini di episodi biblici: dalla creazione dell'uomo alla nascita di Gesù, fino al Giudizio Universale e al trionfo di Cristo. Di particolare bellezza è l'affresco della parabola delle Vergini stolte sulla parete d'ingresso. Inoltre, è presente un ciclo di storie su Thomas Becket (+1170), tra cui il suo martirio. Lo stesso santo è raffigurato sulla parete di fondo, accanto al Cristo benedicente. Thomas Becket venne canonizzato da Alessandro III nella vicina Segni il 21 febbraio 1173, dunque la realizzazione di queste pitture è da collocarsi dopo quella data. Il Museo Lapidario si trova accedendo da una porta laterale nella navata di destra. Esso raccoglie marmi, antiche lastre mosaicate e cosmatesche, lapidi ed iscrizioni romane, frammenti di pietre tombali, stemmi e cippi funerari, testimoni dei tempi passati. Di particolare importanza sono i famosi cippi romani posti dinanzi la cancellata della cordonata, ritrovati ad Anagni in località detta "Terme di Piscina". Alcuni di questi reperti non appartengono ad Anagni né al suo territorio, ma provenienti da Roma e dalle catacombe romane, furono regalati in passato alla Cattedrale.

Fonte: Wikipedia

sabato 16 novembre 2013

CRISTO NEL LABIRINTO DI ALATRI

Il Cristo nel labirinto è un affresco di autore ignoto, ubicato nell'ex-convento di San Francesco in Alatri (FR). L'affresco, il cui restauro è terminato il 21 aprile 2012, è collocato in un'angusta intercapedine, risultato di ristrutturazioni successive alla realizzazione dell'opera: la parete su cui si trova l'affresco infatti, faceva parte originariamente di un'ampia sala con volte a tutto sesto, forse precedente alla costruzione del convento; probabilmente una chiesa, di cui sarebbe stata identificata la facciata ovest. L'opera raffigura un labirinto costituito da undici spire, di circa 140 cm di diametro, al centro del quale è dipinta la figura di un Cristo Pantocratore con il volto barbuto e un'aureola che gli circonda il capo, con indosso una tunica scura e un mantello dorato. Con la mano sinistra il Cristo regge un libro chiuso, forse il Libro della Vita, mentre con la mano destra benedicente indica l'uscita dal labirinto. L’affresco unisce quindi la rappresentazione del Cristo storico, non attestata prima del IV secolo, con l’antichissimo simbolo del labirinto; viene considerato un unicum, in quanto non esistono altri casi noti di raffigurazioni di un labirinto con un Cristo al centro. Il percorso del labirinto è identico a quello del famoso labirinto sul pavimento della Cattedrale di Chartres; in Italia un altro labirinto dello stesso tipo si trova su un pilastro del portico della Cattedrale di San Martino a Lucca. Tali esemplari di labirinto ad undici spire, detti di tipo Chartres, sono noti in Europa sin dal X secolo. Non è noto l'autore dell'affresco, ma è stata ipotizzata un'origine legata ad una presenza templare all'interno delle mura fortificate della città. Per la Soprintendenza competente "la datazione fa supporre un arco di tempo che va dal XIII agli inizi del XIV secolo".La datazione al radiocarbonio del muro su cui è dipinto l'affresco è compresa in un anno tra il 1300 ed il 1420. "Il degrado ambientale del sito è causato da umidità, con formazione di muffe, lesioni e rigonfiamenti dell'intonaco; rinzaffi recenti di malta cementizia, passaggio di tubi di scarico fognario aggravano lo stato di rischio delle pitture murali."A tale riguardo, la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Lazio ha annunciato il 24 aprile del 2010 lo stanziamento di 100.000 euro per il restauro dell'affresco Ad aprile 2012 è stato completato il restauro ed è stata aperta una porta che rende più agevole l'acceso al cunicolo dove è presente l'affresco.


lunedì 28 ottobre 2013

L'ABBAZIA DI SANTA MARIA DELLA GLORIA

L'abbazia di Santa Maria della Gloria comunemente conosciuta come badia della Gloria è un antico monastero sito nel comune di Anagni in provincia di Frosinone. Il monastero oggi è in stato di abbandono anche se sono in atto progetti di restauro che stanno interessando il complesso monastico. La badia è stata nel XIII secolo, fra le principali residenze dell'Ordine florense. La nascita del complesso monastico dell'abbazia della Gloria, si fa risalire ai primi decenni del XIII secolo, non avendo fondi certi a disposizione che attestino il preciso anno di fondazione. La badia venne realizzata su richiesta del cardinale Ugolino, divenuto in seguito vescovo di Ostia e infine papa Gregorio IX (1227-1241). L'idea dell'allora cardinale era quella di completare la cappella realizzata dal fratello Adenolfo, e da donare ai francescani, in territorio di Arenzano. Il cardinale Ugolino, completò la cappella ideata dal fratello e rimasta inutilizzata per molti anni, dedicando la stessa a san Martino. Nel frattempo papa Gregorio IX su un terreno attiguo alla chiesa stava facendo innalzare un altro monastero, dedicato alla Vergine Assunta in cielo. Le due costruzioni molto vicine fra di loro, furono successivamente unite in un unico complesso monastico, e dall'unione dei due edifici religiosi nacque l'abbazia di Anagni, dedicata a Santa Maria della Gloria. I francescani vennero trasferiti in una località di Anagni che tuttora prende il nome dai religiosi, san Francesco appunto, mentre il complesso venne affidato ai monaci florensi seguaci di Gioacchino da Fiore. La badia venne gestita dall'ordine florense si insediò nella badia dall'abate Giovanni da Ninfa, proveniente dal monastero di monte Mirteto, tra il 1216 e il 1231. La storia dell'abbazia ebbe però vita breve. Infatti già nel 1261, alla morte di papa Alessandro IV, il monastero cominciò a perdere la protezione papale che le era stata garantita fino ad allora. Il processo di decadimento della struttura venne accentuata quando i monaci cominciarono a diminuire in maniera sostanziale, vessati anche da ingenti tasse da pagare. Con il pontificato di Bonifacio VIII la badia chiude definitivamente, e precisamente nel 1297, quando la famiglia Caetani acquistò i terreni in possesso al monastero. L'edificio fu dato in commenda nel 1411 ed infine sconsacrato ed acquistato da un certo Leonardo Martinelli che ne fece una sua tenenza, da utilizzare come edificio agricolo. Nonostante lo stile dell’intera costruzione possieda ancora l'accentuata austerità tipica dello stile romanico, e la povertà stilistica della gran parte degli edifici architettonici florensi, dopo anni di abbandono si presenta costituito da vari corpi di fabbrica, molti dei quali con avanzato stato di decadimento, specie per quanto riguarda i solai della struttura, molti dei quali completamente persi.

Fonte: Wikipedia

venerdì 11 ottobre 2013

"THE SECRET" - URBAN GAME A CASTRO DEI VOLSCI IL 31 OTTOBRE 2013

The Secret è un urban game, in modalità caccia al tesoro che si terrà su tutto il territorio di Castro dei Volsci giovedì 31 Ottobre 2013. Nella notte dei morti, vi faremo vivere gli angoli più suggestivi e più paurosi del nostro territorio, tra enigmi, indovinelli e suspance. Il gioco è strutturato con squadre di minimo 2 fino a un massimo 5 persone e per partecipare è necessario pre-iscriversi compilando un apposito modulo attivo dal 1 Settembre al 20 Ottobre. Per le modalità di gioco, i requisiti e l’equipaggiamento necessario visitate la pagina regolamento. Il livello e la complessità del gioco saranno alti. La conoscenza del territorio non preclude la partecipazione. L’intelligenza sarà la chiave del gioco. 1000€ alla squadra vincente!!


Sito web per iscriversi: http://www.thesecretday.it/

Prequel tratto dal sito di Isabel Giustiniani (www.isabelgiustiniani.com)

C'erano voluti giorni di rassicurazioni e una raccomandazione speciale da parte dell'Università di Lisbona per riuscire a visionare quei tomi rinvenuti durante alcune operazioni di restauro al Monastero di San Martino de Tibães. Nonostante l'antica Casa Madre dei monaci Benedettini in Portogallo fosse stata interamente restaurata una ventina di anni prima, solo i recenti interventi per l'ampliamento dell'hotel avevano fatto crollare quella che si era rivelata una finta parete riportando alla luce l'ampia nicchia. Qui erano stati rinvenuti parecchi volumi che i monaci vi avevano nascosto probabilmente con l'intento di salvarli dallo scempio del 1834, anno dell'estinzione di tutti gli ordini religiosi in Portogallo e vendita all'asta dei loro beni. Era quindi con grande emozione che quel giorno avevo fatto il mio ingresso nell'ala della Biblioteca Nazionale di Lisbona riservata ai libri antichi. Qui vi potevano accedere, previa speciale autorizzazione, solo studenti universitari durante le loro tesi e ricercatori internazionali. Mi ero immersa per settimane nello studio di quei tomi, talmente affascinanti da non farmi sentire la stanchezza. Anche se i libri trovati si erano alla fine rivelati tutti copie amanuensi di testi già noti - per cui il clamore suscitato intorno alla loro scoperta si era quietato assai in fretta - era comunque emozionante per me poter studiare su quelle antiche pagine. Mi fermavo fino a tarda sera, quando gli studenti se ne erano andati già da un pezzo. Solo uno strano personaggio con gli occhiali tondi si fermava a lungo tra i libri quanto me. Sceglieva testi apparentemente senza connessione tra loro e sembrava annoiato dalla sua occupazione, ma se alzavo lo sguardo su di lui tornava ad immergersi nella lettura. Da qualche giorno mi dedicavo in particolare allo studio di un trattato benedettino del XIV secolo ma la mia attenzione, anziché rimanere sulle parole della Regula monachorum o Sancta Regula, continuava a volare all'ultima pagina del libro, all'angolo a ridosso della copertina dove una mano aveva vergato dei versetti della Bibbia. Ero certa si trattasse sempre della calligrafia di un monaco, del tutto in linea con il testo che avevo sottomano, ma sembrava scritta di fretta e riportava una sbavatura dell'inchiostro del tutto inusuale. Anche questo particolare mi aveva spinta a copiare quelle parole in un notes, tornado sempre con la mente su di esse. Dopo alcune ricerche avevo individuato che appartenevano al libro sapienziale di Giobbe e, rileggendole e scarabocchiandoci sopra, mi chiedevo quale significato potessero avere così avulse dal contesto o se ne nascondessero un altro.

Giobbe 38:16

Sei tu penetrato fino alle sorgenti del mare?
Hai tu passeggiato in fondo all'abisso?


Mi sfregai gli occhi, esausta per quell'ennesima giornata passata china sui manoscritti, e guardai l'orologio: si era fatto veramente tardi. Il custode della sala tratteneva a stento sbadigli e disappunto per i tre ritardatari che ancora si ostinavano a fargli fare gli straordinari. Decisi di imitare lo studente universitario che si apprestava a riporre le sue cose per andarsene, mentre l'uomo con gli occhialini tondi continuava a fissare il libro che teneva poggiato sul tavolo. Richiusi con delicatezza il Trattato di S. Benedetto e mi soffermai a guardare ancora una volta la splendida copertina di cuoio lavorato. Il tomo doveva essere stato restaurato in tempi successivi e quindi rilegato con una nuova quanto più elaborata copertura. L'immagine sembrava scolpita e rappresentava una delle grandi navi le cui vele recavano la tipica croce dell'Ordem de Cristo, emblema dell'ordine militare-religioso che i velieri portoghesi sfoggiavano con orgoglio mentre solcavano i mari alla volta dell'Estremo Oriente e del Nuovo Mondo. Nulla di strano, riflettevo mentre accarezzavo le forme cesellate, seguendole con le dita, dal momento che il Monastero di Tibães era stato designato dalla bolla di Papa Pio V come “Casa Madre” della Congregazione Benedettina di Portogallo e Brasile. L'imbarcazione, con le vele gonfie di vento, attraversava un mare impetuoso...

Sei tu penetrato fino alle sorgenti del mare?
… le cui onde e gorghi erano rappresentati da strisce di pelle contorte e sovrapposte, più spesse verso la base del libro...
Hai tu passeggiato in fondo all'abisso?

Senza sapere bene perché, cominciai a frugare tra le pieghe dei piccoli risvolti di cuoio per accorgermi quasi subito che quelli in basso non erano cuciti al bordo del libro. Attribuii in un primo momento il taglio dovuto a semplice usura del materiale ma ebbi un tuffo al cuore quando sentii le dita incontrare qualcosa. Tirai con delicatezza fino ad estrarre un piccolo lembo di quella che appariva essere una lettera. In quel momento un rumore irruppe assordante nella quiete quasi sacrale della biblioteca avvolta dalla semioscurità, facendomi sobbalzare sulla sedia.

«Peço desculpas, sinto muito...» stava balbettando lo studente mentre liberava la bretella del suo zaino impigliata nello schienale della sedia caduta al suolo. Il custode gli si stava facendo incontro per aiutarlo mentre l'uomo con gli occhiali lo osservava a sua volta sbattendo le palpebre, come fosse appena stato svegliato bruscamente da un sogno. Approfittai del momento di distrazione per finire di sfilare la lettera e nasconderla sotto il maglione. Afferrando poi la borsa mi diressi alla toilette facendo un cenno al custode che mi restituì uno sguardo con tanto di sbuffo di impazienza. Le mani mi tremavano mentre, alla fioca luce di quel cubicolo, leggevo la sensazionale scoperta appena fatta. La lettera era indirizzata a sua Santità il Papa e riportava i sigilli del Principato di Antiochia. Questi, anche se spezzati in quanto la lettera era stata aperta, erano ancora riconoscibili. Con immensa emozione ne estrassi una mappa e un documento recante la firma della figlia di Boemondo II, il reggente di allora. Costanza affermava di aver spedito segretamente in Italia la Sacra Lancia di Antiochia, una reliquia cui si attribuiva un immenso potere.  Mi chiesi in preda ad un turbinio di pensieri che fine avesse fatto la Sacra Lancia, se fosse mai arrivata a destinazione e quanti potessero essere al corrente della cosa. Mi tornò improvviso alla mente un libro che avevo letto tempo addietro: “Il Segreto di Ambrise”. L'autore, Ercole De Angelis, sembrava possedere molte informazioni sull'argomento e le sue azzardate teorie, alla luce di questa nuova scoperta, acquistavano una prospettiva alquanto diversa. Era necessario che partissi per l'Italia per incontrarlo a Castro dei Volsci. E qualcosa mi diceva che dovevo farlo al più presto. 

mercoledì 2 ottobre 2013

SANTA MARIA DELLA LIBERA, LA CATTEDRALE DI AQUINO

La Chiesa di Santa Maria della Libera è una chiesa della città di Aquino, in Provincia di Frosinone. L'edificio, monumento in puro stile romanico, è stato eretto nell'XI secolo con materiali di spoglio recuperati dagli edifici romani che la circondavano. Infatti è ubicata in uno dei punti più interessanti dell'antica via Latina. Proprio al lato del campanile è fra l'altro ubicato un arco romano dedicato al console romano Marcantonio. Posta su un'alta scalea, di fronte al sito dell’antica Aquinum, la chiesa ha una facciata preceduta da un grandioso portico a tre arcate sorretto da pilastri che hanno per base parti di cornicione. Lo stesso portico è un’aggiunta ottocentesca così come il rosone posto al centro della facciata. L’ultimo gradino della scalinata è disseminato di tavole marmoree con incise tabulae lusoriae, mentre i contropilastri hanno per capitelli pezzi di un ricco soffitto a cassettoni romano. La parete della facciata, a sinistra, è occupata dal campanile quasi interamente costruito con marmi decorati, metope, cornici, rilievi tombali, frammenti epigrafici. Il grandioso portale centrale ha per stipiti frammenti di uno stupendo fregio romano, con foglie d’acanto in rilievo, e nella lunetta un magnifico mosaico di stile bizantino raffigurante la Madonna col Bambino e due figure giacenti in casse mortuarie, Ottolina e Maria, presumibilmente fondatrici della chiesa. Il portale destro, più semplice, ha nell’architrave rosette decorative e nella lunetta un affresco molto deperito raffigurante la Madonna col Bambino e Santi. L'interno del tempio, solenne e suggestivo, è a tre navate divise da pilastri quadrati con tre absidi semicircolari. L'altare maggiore è composto da un sarcofago romano in marmo con altorilievi rappresentanti delle corse di quadrighe. Si trovano diversi sarcofaghi marmorei anche all'esterno della chiesa.

Fonte: Wikipedia

Immagine tratta da Wikipedia, Autore Wento

lunedì 3 giugno 2013

ABBAZIA DI CASAMARI

L'abbazia di Casamari è uno dei più importanti monasteri italiani di architettura gotica cistercense. Fu costruita nel 1203 e consacrata nel 1217. Si trova nel territorio del comune di Veroli, in provincia di Frosinone. Essa fu edificata sulle rovine dell'antico municipio romano chiamato Cereatae, perché dedicato alla dea Cerere. Il nome Casamari deriva dalla lingua latina e significa "Casa di Mario", patria di Gaio Mario, celebre condottiero, sette volte console e avversario di Silla nella guerra civile dell'88 a.C., ricordato anche nel nome della strada lungo la quale sorge l'abbazia (che collega Frosinone con Sora): via Mària. Con la decadenza dell'Impero romano e le susseguenti invasioni barbariche Cereatae-Casa Marii subì le stesse sorti del decadimento di Roma, fino a quando i monaci benedettini nell'XI secolo s'insediarono nel luogo e vi fondarono l'abbazia. La "Cronaca del Cartario" o "Chartarium Casamariense" redatto dal monaco casamariense Gian Giacomo de Uvis per conto dell'abate affidatario riporta le notizie riguardanti la fondazione dell'abbazia stessa. Secondo il resoconto, nel 1005 alcuni monaci della vicina Veroli decisero di riunirsi in un monastero e scelsero Cereatae-Casa Marii edificando sui resti di un tempio di Marte. Alcuni di essi (Benedetto, Giovanni, Orso e Azo) si diressero nel monastero di Sora per richiedere il saio di frate. Secondo alcuni storici è datata al 1005 l'erezione di una chiesa dedicata a San Giovanni e San Paolo, mentre la costruzione del monastero si fa risalire al 1036. Tra il 1140 ed il 1152 i monaci cistercensi sostituirono i monaci benedettini. Fra il XII e il XIX secolo il monastero ebbe alterne fortune: dapprima acquistò possedimenti nella zona ed avviò la fondazione di nuovi monasteri anche nel Meridione, seguì all'inizio del XV secolo un periodo di decadimento, comune a tutti i monasteri della regione. Nel 1623 addirittura i monaci si ridussero ad otto. L'abbazia conobbe un piccolo periodo di prosperità dopo il 1717, quando Papa Clemente XI la affidò ai monaci cistercensi riformati, detti Trappisti. Nel 1799 alcuni soldati francesi depredarono l'abbazia e dal 1811 al 1814 seguì l'ateismo imposto da Napoleone. Nel 1874 l'abbazia fu dichiarata monumento nazionale e riacquistò così una posizione di prestigio e una maggiore stabilità economica. Nel 1929 la congregazione di Casamari fu eletta canonicamente congregazione monastica e fu aggregata alle altre dell'ordine dei Cistercensi. Tra il 1100 e il 1800 l'abbazia di Casamari è stata gemellata con un'altra potente abbazia cistercense d'Abruzzo, quella di Civitella Casanova, fino alla distruzione di quest'ultima, della quale oggi è possibile ammirare solo alcuni ruderi e una massiccia torre diroccata. In seguito al declino, l'abbazia è rimasta gemellata con la parrocchia stessa di Civitella Casanova, infatti si sono sempre mantenuti saldi i rapporti fra i frati e il parroco. La pianta dell'abbazia è simile a quella dei monasteri francesi, l'entrata passa attraverso una porta a doppio arco. All'interno si trova un giardino la cui parte centrale è occupata dal chiostro, di forma quadrangolare, con quattro gallerie a copertura semicilindrica. L'aula capitolare è un ambiente formato da nove campate e da quattro pilastri ed è usata per le riunioni. Dal chiostro si accede alla chiesa che è a pianta basilicale a tre navate; la facciata presenta all'esterno un grande portico, dietro l'altare si trova il coro costruito nel 1940. Le finestre della chiesa presentano delle lastre di alabastro al posto dei vetri. L'abbazia di Casamari è divenuta nel tempo sede di varie attività che vedono impegnati i monaci oltre che nella preghiera, anche nell'insegnamento presso l'Istituto San Bernardo, fondato nel 1898 internamente all'abbazia; inoltre gestiscono la farmacia, la liquoreria, il restauro dei libri, la biblioteca e il museo archeologico. La farmacia interna è composta di un erbarium botanicum o hortus botanicus e di un armarium pigmentariorum la cui data di fondazione è incerta, ma si ipotizza il 1760. La liquoreria interna è stata ideata fra il Settecento e l'Ottocento; un tempo i monaci fabbricavano anche le bottiglie. La tipografia interna è stata inaugurata nel 1954 e stampa anche testi scolastici. La biblioteca conta 50.000 volumi. Il museo e la pinacoteca sono situati nella parte opposta alla chiesa partendo dal chiostro. Le sale duecentesche ospitano vari reperti tra cui spicca il resto di una zanna di elephas o Mammuthus meridionalis (sorta di elefante o mammuth nano presente nella nostra penisola in epoca glaciale), oltre ad alcuni reperti di epoca romana.

Fonte: Wikipedia

lunedì 13 maggio 2013

PROTOCENOBIO DI SAN SEBASTIANO

Il protocenobio di San Sebastiano, anche noto come badia di San Sebastiano, è un monastero che si trova nel territorio di Alatri, ad est del centro cittadino alle pendici del monte Pizzuto. Le origini della badia risalgono tra la fine del V e l'inizio del VI secolo; fu voluta dal Prefetto delle Gallie, già Prefetto del pretorio d'Italia, Liberio, patrizio romano e diacono sotto Teodorico, che la fece edificare sulle rovine di una sua villa rustica, non molto lontano dalla sorgente di Silvidè (da Silva Dea, cioè Diana, alla quale il bosco circostante era consacrato), e la affidò all'abate Servando. Nel 528 circa ospitò Benedetto da Norcia, in viaggio verso Montecassino con i discepoli Placido e Mauro, che, con moltissime probabilità, trasse spunto dalla regola monacale ivi osservata (Regula Magistri), ispirata sia dalle regole di Sant'Agostino, riprese da San Cesario d'Arles (nel 520 ca. il vescovo salvò "miracolosamente" Liberio nella battaglia contro i Visigoti) nelle sue prediche, che dalle esperienze vissute in palestina dall'abate stesso ove fu influenzato dalla regola di San Pacomio, per l'elaborazione della regola benedettina; di lì a poco, la stessa badia avrebbe aderito al monachesimo benedettino. In occasione di quella visita S. Benedetto donò all'Abate una campanella per ringraziarlo dell'ospitalità, che ancora oggi è conservata presso il Monastero delle Suore Benedettine di Alatri. Appartenenti a quel periodo non restano che poche strutture oltre ad una importantissima scoperta fatta da un'archeologa (Lisa Fentres), una tomba risalente al VI secolo contenente le spoglie di due monaci. L'importanza della costruzione funebre, porterebbe a far pensare che in essa furono seppelliti proprio l'abate Servando e il suo successore. Dopo un periodo di abbandono, nel 1223 il monastero fu affidato alle Clarisse. Tutte le opere che attualmente fanno della Badia una sconosciuta ma preziosa opera d’arte, risalgono all’epoca del primo insediamento delle monache. Nel 1442 papa Eugenio IV soppresse per decreto il monastero e stabilì che da quel momento la proprietà sul vasto patrimonio terriero dell'abbazia e sulle relative rendite sarebbe stata concessa a dei prelati assieme alla carica onorifica di Abate. Nel 1450 papa Niccolò V concesse la Badia in commenda all'umanista Giovanni Tortelli, responsabile della Biblioteca Vaticana, che vi soggiornò per un periodo di riposo e di otium letterario, impiegato nella stesura del suo vocabolario della lingua greca. Nel 1653 un motu proprio di papa Innocenzo X Pamphili concesse il complesso in patronato alla chiesa di Sant'Agnese in Agone a Roma, costruita per sua volontà come grandiosa cappella di famiglia (nell’archivio della famiglia Doria Pamphili, custodito in Sant’Agnese dovrebbe esserci traccia dei documenti che riguardano la Badia e in Sant’Agnese è ancora conservato qualcosa del suo arredo); i Pamphili mantennero in questo modo i diritti sulla badia fino al 1853, quando il principe Andrea Doria Pamphili concede i beni della Badia in enfiteusi a Salvatore Vienna fino a terza generazione mascolina. 1908: gli eredi di Salvatore Vienna, secondo quanto previsto dal diritto civile, diventano a tutti gli effetti proprietari della Badia; Attualmente la badia, la cui proprietà è suddivisa in tre porzioni, appare come una suggestiva opera architettonica dalle linee medievali. Nella chiesa del monastero si sono preservati pregevoli affreschi del XII e XIII secolo, di scuola umbro-laziale (attribuiti alla scuola del Cavallini), raffiguranti la vita di Cristo e della Madonna.

Fonte: Wikipedia

venerdì 22 febbraio 2013

IL CASTELLO DI VICALVI

Il castello di Vicalvi, risalente all'XI secolo, si trova sulla sommità del colle interessato dall'omonimo paese della Valle di Comino, in provincia di Frosinone. Benché si presenti come rudere, questo forma con le due cinte murarie poligonali, quasi integre, una vasta area fortificata, che consente di leggerne le varie fasi di costruzione, le funzioni e la strutturazione all'interno di un più ampio sistema difensivo, comprendente anche i vicini manieri di Alvito e Picinisco. Prima possedimento longobardo, con principi di Capua, nel 1017 entrò nel possesso di Montecassino. I monaci lo tennero fino all'inizio del XIII secolo, quando passò alla famiglia d'Aquino, che ne rafforzò la fortificazione, cingendola di un doppio anello di mura. Dopo una breve successione, nel possedimento, fra gli Étendard e, ancora, i conti d'Aquino, il castello passò ai Cantelmo, i quali però, scegliendo come dimora il castello di Alvito, ne decretarono il repentino abbandono e la più lenta e graduale rovina. I resti consentono di testimoniare le prime fasi di fortificazione all'epoca preromana, in particolare al V o al IV secolo a.C., laddove i primi documenti che attestano la presenza del castello sono del 937. A parte diversi successivi ampliamenti, la prima vera ristrutturazione si collocherebbe nel XIV secolo, durante il possesso degli Étendard, in base all'insieme di elementi strutturali orizzontali e verticali richiamanti lo stile gotico, compresa l'originale copertura a falda unica pendente verso l'interno. Il castello di Vicalvi è anche noto alle cronache esoteriche, per le visioni che si sarebbero qui registrate. Secondo le leggende, in effetti, il luogo sarebbe teatro delle apparizioni di una ex-cortigiana di nome Aleandra Maddaloni. Lei avrebbe vissuto nel castello nel XVIII secolo, segnalandosi per aver fatto uccidere i giovani che seduceva, durante le assenze del marito. Questi però, avendola scoperta, la fece murare viva in una delle torri.

lunedì 18 febbraio 2013

ROCCAGUGLIELMA

Roccaguglielma è il nome della roccaforte medievale che domina l'abitato del comune di Esperia, nonché nome storico del capoluogo comunale, oggi detto anche Esperia superiore. Roccaguglielma è ubicata sul Monte Cecubo, alla sommità di un costone roccioso. La fortificazione sorge a 500 m s.l.m. a strapiombo sull'abitato da cui è raggiungibile. L'area, che è visitabile, è di proprietà del demanio. Fu costruito intorno al 1103 probabilmente dove giacevano strutture più antiche per volere del normanno Guglielmo di Blosseville (spesso trascritto Glossavilla). Egli fondò anche l'abitato a piedi del castello, difeso con una cerchia di mura rinforzate da 12 torri con tre porte (di Caporave, di Santo Spirito e di San Bonifacio); l'abitato aveva anche una cinta interna, anch'essa con tre porte (di Portella, di Santa Croce e del Morrone). Attualmente le fortificazioni sono in gran parte diroccate. Il castello era collocato in modo da controllare il passo montano che congiunge direttamente Pontecorvo ed Aquino con Gaeta, senza passare per il territorio non normanno di Montecassino. Alleato con i castelli di Campello, Pico, Rivomatrice e San Giovanni Incarico formò per qualche decennio un piccolo potentato indipendente detto dei cinque Castelli de Foris, circondato da territori cassinesi. Nei secoli la collocazione strategica di Roccaguglielma e del suo feudo ne fece un territorio spesso conteso. Tra le famiglie nobili che ne presero possesso si ricordano gli Spinelli, che nel XIV sec. realizzarono molte opere edilizie, i della Rovere e i Farnese, Nel 1497 e nel 1503 Roccaguglielma e il suo territorio subirono pesanti distruzioni a opera del capitano spagnolo Gonsalvo di Cordoba. Il periodo più florido fu tra il XVI e il XVII sec. Nel 1636 il feudo fu devoluto alla camera regia. Nel 1654, a seguito di un violento terremoto, si ebbe una nuova devastazione. Gli anni della nella Repubblica Partenopea furono di grande diffusione locale del brigantaggio, che aveva forte presa sulla popolazione rurale spesso in funzione anti-napoleonica; agirono sul territorio l’itrano frà Diavolo periodo napoleonico e poi, nel periodo post-unitario, Chiavone. Sotto il governo di Gioacchino Murat, si realizzò una nuova sistemazione amministrativa del territorio: Roccaguglielma fu separata dalle attuali frazioni di Esperia inferiore e Monticelli che costituirono il comune di San Pietro in Curolis. Dopo l’Unità d’Italia, nel 1867, Roccaguglielma e San Pietro si fusero e presero il nome di Esperia. Oggi vicino al Castello sorge una chiesetta dei Padri Trinitari dedicata alla Santa Vergine, costruita nello stesso luogo dove sorgeva l'antica cappella del castello.

Fonte: Wikipedia

IL CASTELLO DI VICALVI

Il castello di Vicalvi, risalente all'XI secolo, si trova sulla sommità del colle interessato dall'omonimo paese della Valle di Comino, in provincia di Frosinone. Benché si presenti come rudere, questo forma con le due cinte murarie poligonali, quasi integre, una vasta area fortificata, che consente di leggerne le varie fasi di costruzione, le funzioni e la strutturazione all'interno di un più ampio sistema difensivo, comprendente anche i vicini manieri di Alvito e Picinisco. Prima possedimento longobardo, con principi di Capua, nel 1017 entrò nel possesso di Montecassino. I monaci lo tennero fino all'inizio del XIII secolo, quando passò alla famiglia d'Aquino, che ne rafforzò la fortificazione, cingendola di un doppio anello di mura. Dopo una breve successione, nel possedimento, fra gli Étendard e, ancora, i conti d'Aquino, il castello passò ai Cantelmo, i quali però, scegliendo come dimora il castello di Alvito, ne decretarono il repentino abbandono e la più lenta e graduale rovina. I resti consentono di testimoniare le prime fasi di fortificazione all'epoca preromana, in particolare al V o al IV secolo a.C., laddove i primi documenti che attestano la presenza del castello sono del 937. A parte diversi successivi ampliamenti, la prima vera ristrutturazione si collocherebbe nel XIV secolo, durante il possesso degli Étendard, in base all'insieme di elementi strutturali orizzontali e verticali richiamanti lo stile gotico, compresa l'originale copertura a falda unica pendente verso l'interno. Il castello di Vicalvi è anche noto alle cronache esoteriche, per le visioni che si sarebbero qui registrate. Secondo le leggende, in effetti, il luogo sarebbe teatro delle apparizioni di una ex-cortigiana di nome Aleandra Maddaloni. Lei avrebbe vissuto nel castello nel XVIII secolo, segnalandosi per aver fatto uccidere i giovani che seduceva, durante le assenze del marito. Questi però, avendola scoperta, la fece murare viva in una delle torri.

venerdì 1 febbraio 2013

IL CASTELLO DI FUMONE

La storia del castello di Fumone ha origini oscure e antichissime. Sin dagli albori Fumone fu importante vedetta e luogo di comunicazione. L’altura di  800 mt ove è  collocato Fumone si trova in una posizione di straordinaria importanza strategica, una posizione geografica a dominio sull’intera valle del Sacco e  della strada maestra che collegava Roma e Napoli: la via Latina. Il nome di Fumone nasce  dall’antica funzione di  comunicazione effetuata  con  segnali di fumo, segnali  che annunciavano le invasioni di nemici provenienti da sud e diretti a Roma. Appartenuto agli Ernici ( popolazione antichissima, residente nell’alta Ciociaria nelle città di Anagni, Alatri, Ferentino e Veroli) ,  Fumone, è segnalato come luogo di rifugio del Re Tarquinio il Superbo scacciato da Roma e in cerca di alleanze. In seguito Fumone rivestì importanza militare per i Romani  nella guerra del Sannio, quando i Sanniti erano posizionati nei pressi di Sora ( area visibile dal castello) e da lungo tempo tenevano in scacco le legioni. Ma fu soprattutto durante l’invasione di Annibale, che Fumone rivestì un ruolo chiave.  I Romani se ne servirono quando il generale cartaginese, stabilitosi  a Capua ( area visibile dal castello), decise improvvisamente di puntare su Roma marciando  attraverso la via Latina ( visibile dal castello per un tratto di 50 km). L’ importanza militare di Fumone  continuò anche durante il corso delle guerre civili tra Mario e Silla, e  tra Cesare e Pompeo. Anche allora possedere Fumone significava per i generali non solo osservare il nemico, ma soprattutto comunicare con le legioni e coordinarle da grande distanza. Durante  il periodo dell'impero romano non ci furono mai momenti di crisi nei territori intorno a Roma e in quel periodo la vedetta di Fumone operava  inviando pacifici segnali di fumo di interesse collettivo. Dal 455 (anno dell’inizio delle invasioni barbariche) Fumone ricominciò con le sue fumate che annunciavano  future devastazioni, e per secoli tornò al suo vecchio ruolo. A partire dal X secolo d. C. la storia di Fumone è strettamente legata a quella della Chiesa. Il primo documento ufficiale in cui compare il nome di Fumone è la “ Donazione Ottoniana” quando nell’anno 962 l'imperatore di Germania, Ottone 1° di Sassonia, donò alla Santa Sede e al suo Pontefice Giovanni XII , le città di Teramo, Rieti, Norcia, Amiterno e l'Arx Fumonis. Questa importante donazione dimostra come  il Castello di Fumone era allora degno di essere donato ad un Papa al pari di notevoli città,  e  che  nel X secolo la fortezza  era già famosa e collaudata. Inespugnabile, la Rocca di Fumone fu usata dai Papi per oltre 500 anni come antiguardo verso il mezzogiorno e prigione pontificia per prigionieri politici. Nel 1116, durante la controversia delle investiture e la lotta in Roma tra fazione dell’imperatore  Enrico V e quella papale di Pasquale II,  vi fu rinchiuso il Prefetto di Roma Pietro Corsi ( per importanza la seconda carica dopo il Papa) che aveva stretto alleanza con l’Impero. Nel 1121 il castello di Fumone fu luogo di prigionia e morte di Maurizio Bordino antipapa (con il nome di Gregorio VIII), che anteposto dall’Imperatore Enrico V ai papi Pasquale II e Gelasio II,  finalmente dopo sette  anni venne sconfitto a Sutri e condotto in catene a Fumone da papa Callisto II. Il corpo dell’antipapa fu sepolto nel castello e non venne mai più ritrovato. I tentativi di conquistare la fortezza di Fumone con la forza risultarono vani a chiunque, ivi compresi gli imperatori Federico Barbarossa  ed Enrico VI, che falliti gli assedi della Rocca, sfogarono la loro rabbia  devastando città e campagne a sud di Roma. Solo papa Gregorio IX nel tredicesimo secolo riuscì, dopo mesi di assedio, a farsi aprire le porte, ma pacificamente e sotto pagamento di forte riscatto. La fortezza di Fumone, data la sua fondamentale importanza strategica, al pari di tutte le Castellanie della Chiesa veniva assegnata dai Papi con un contratto di enfiteusi trigenerazionale ( all’incirca 50 anni) a potenti famiglie romane. L’enfiteuta ( definito “ Custode “) era spesso un importante uomo politico romano, questi nominava un castellano di Fumone  di sua scelta,( generalmente un uomo d’armi a cui era delegata la difesa del luogo in sua assenza), costui provvedeva al sevizio di segnalazione di fumo, custodiva i prigionieri politici che il papa vi inviava, manteneva la disciplina militare nella fortezza,  provvedeva alla manutenzione e al rafforzamento delle mura e degli strumenti di difesa, e soprattutto difendeva gli interessi della Chiesa in quel vasto territorio. Il guadagno della famiglia Custode che si sobbarcava le ingenti spese di gestione,  era non solo economico ( la tassa che le città vicine pagavano a Fumone per ricevere i segnali), ma soprattutto il grande prestigio goduto a Roma nel vedersi affidata una così importante fortezza, segno tangibile per la popolazione romana, e per le importanti famiglie aristocratiche sue rivali, di vicinanza al papa e alla politica di questo.
Tuttavia l’episodio più importante avvenuto nel castello di Fumone , motivo per cui il nome della rocca  si ritrova inserito in tutti i libri di storia,  avvenne nel 1295 quando vi fu rinchiuso  il santo Papa Celestino V, che vi morì dopo dieci mesi di dura prigionia. Celestino V (l’eremita Pietro dal Morrone) fu eletto papa all’età di 86 anni dopo 30 mesi di conclavi andati a vuoto. Il suo nome fu scelto per via della  santa vita, per la fama che godeva come dispensatore di miracoli, e soprattutto per ragioni politiche, vista la impossibilità per le famiglie cardinalizie dominanti, i Colonna e gli Orsini di trovare un accordo. Ma la scelta dei cardinali di puntare su di lui si rivelò un errore. Celestino V, apparentemente un ingenuo facilmente manipolabile, agì senza tenere in nessun conto gli interessi dei suoi elettori e compì una serie di azioni ( spostò la sede del papato da Roma a Napoli, creò 10 nuovi cardinali, dimezzando così il potere di quelli già esistenti, tolse dall’abbazia di Montecassino i monaci Benedettini sostituendoli con i Celestini) che gli portarono l’avversione della Curia romana. Il pontificato di Celestino durò pochi mesi,  il suo animo puro entrò presto in contrasto di coscienza con le decisioni politiche che spesso dovevano essere fatte nell’interesse della Chiesa, e dopo un tormentoso travaglio Celestino V rinunciò alla tiara abdicando. Al suo posto venne eletto papa Bonifacio VIII. Il nuovo pontefice resosi presto conto della illegittimità della sua elezione (Celestino V rimane l’unico papa ad aver abdicato) decise di recluderlo in una prigione pontificia di massima sicurezza. Fu così che il sant’uomo venne rinchiuso nel Castello di Fumone e vi morì il 19 maggio del 1296 compiendo nel luogo dove visse 10 mesi, il suo primo miracolo da morto. Da allora il castello, che aveva sempre avuto caratteristiche di natura militare, divenne anche un luogo spiritualmente importante. Nel corso del 1500 il castello di Fumone perse la sua importanza militare e  senza più lavori di manutenzione  andò decadendo. Fu così che nel 1584 papa Sisto V decise che, essendovi morto Celestino V, il castello andava conservato come memoria storica, e lo affidò ad una famiglia aristocratica romana : i marchesi Longhi. Le ragioni della scelta di Sisto V su questa famiglia furono legate al fatto che il loro antenato Guglielmo, creato cardinale da Celestino V, iniziò a crearne il culto (prese sotto propria protezione tutte le chiese, cenobi, abbazie celestiniane ,  e soprattutto protesse e foraggiò l’ordine dei Celestini creato da Pietro del Morrone a metà del 1200). Il castello di Fumone nei secoli fu trasformato dalla famiglia Longhi in propria residenza di campagna. Oltre al santuario, i discendenti del cardinale Guglielmo, costruirono il gigantesco giardino pensile, ampliarono il palazzo aggiungendo al mastio la parte seicentesca del Piano Nobile, e settecentesca confinante con il giardino..Da allora ogni membro dei Longhi viene battezzato nella cappella del castello ed  educato alla tradizione celestiniana della famiglia. Nel 1990 i marchesi Fabio e Stefano, attuali proprietari del Castello di Fumone, lo hanno aperto al pubblico e secondo lo spirito di sempre e la secolare tradizione aderiscono  a tutte le iniziative che vanno nel nome e a favore di S.Pietro Celestino.

Contatti: Castello Marchesi Longhi de Paolis
Via Umberto I - 27
Fumone (FR) - Italy
Phone: 3474381399
Email: http://www.castellodifumone.it/contatti.html

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...