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lunedì 24 aprile 2017

LO SCANDALO DELLE CHIESE A PAGAMENTO


Metti una domenica a Orvieto, nel cuore della Tuscia. Tutto bello, città ben tenuta, pulita, ordinata, suggestiva e colorata. Metti, che alle 2 del pomeriggio ti venga voglia di entrare nel Duomo, ti avvicini all'ingresso e alla cassa trovi un omino pelato che ti chiede un obolo di 4 euro per visitare la Chiesa. Indignato vado via con l'amaro in bocca per tuffarmi nei meandri di Orvieto Sotterranea, molto interessante la visita, meno simpatiche le signore che facevano i biglietti che non hanno accettato il mio pagamento con il bancomat, ok...

Riflettendo sull'esperienza, decido di dedicare un post allo scandalo delle chiese a pagamento e vengo a scoprire che in Italia 59 chiese sarebbero accessibili previo pagamento tranne per i pellegrini e chi si reca in preghiera, come se ci fosse differenza tra pellegrino, cittadino o cattolico praticante. Proprio la Conferenza Episcopale Italiana, nel 2012, affermò che
«L'accesso alle chiese aperte al culto non può essere condizionato al pagamento di un biglietto di ingresso. Questa regola - spiega la Cei - vale sia per le chiese di proprietà di enti ecclesiastici che per quelle dello Stato, di altri enti pubblici e di soggetti privati. Si applica anche alle chiese di grande rilevanza storico-artistica, interessate da flussi notevoli di visitatori: è fondamentale, infatti, che il turista percepisca di essere accolto nel luogo sacro e, di conseguenza, si comporti in maniera adeguata e rispettosa»
D'altronde è Cristo stesso che dice che la Chiesa deve essere aperta a tutti e che il pellegrino non può pagare per pagare. Ovviamente cripte, musei particolari, e luoghi anche interni alla chiesa non legate alla preghiera è giusto che siano visitabli pagando un ticket di ingresso ma inginocchiarsi davanti un altare, raccogliersi in preghiera non può e non deve avere un costo (un'offerta libera può anche starci) ma una vera e propria tassa è qualcosa di aberrante

Ora, con tutto il rispetto per il meraviglioso Duomo di Orvieto, un'opera dell'uomo di rara bellezza, se pago 4 euro per entrare, quanto dovrei pagare per San Pietro, San Giovanni o Santa Maria Maggiore ossia le tre chiese più importanti del mondo cristiano e non solo? Come posso avvicinare gente e famiglie alla cultura se anche il semplice ingresso in una chiesa costituisce una spesa?

La contingentazione dei turisti, in caso di "assalti" al bene culturale è naturale, giusto e sacrosanto anche da un piunto di vista della sicurezza  sia delle persone sia del bene ma il senso intrinseco nell'opera non deve essere dimenticato, mai.

A supporto di quanto detto, riportiamo un link di approfondimento interessante.

A questo punto non resta che trovare la direttiva CEI e presentarla al primo botteghino di una delle 59 chiese e vedere come il "dipendente" reagisce: al limite, con la scusa della preghiera, riuscirete a varcare la soglia del Minosse di turno e potrete godere di spettacoli inenarrabili.

Fonte Foto Wikipedia, Autore: Luca Aless (CC BY-SA 4.0)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Non sono d'accordo... costa mantenere i beni storici, senza contare che fare business con l'arte deve essere un nostro obiettivo in linea di massima

Maurizio Pistone ha detto...

a parte che la frase "fare business con l'arte" mi fa venire un po' la pelle d'oca, questo commento dimostra la totale non comprensione di quale può essere il valore, in un'economia turistica, dei beni culturali. Con la cultura "si mangia", per usare una moderna espressione elegante, non perché il visitatore paga un biglietto per visitare una chiesa, o per farsi un selfie davanti alla Torre di Pisa, o perché compra un sanpietrino di una strada romana o una bottiglia di amaro "dei monaci" nel punto vendita di un'abbazia. Con il patrimonio culturale "si mangia" perché la presenza di un grande patrimonio culturale alimenta un giro turistico che ha enormi ricadute su tutte le attività del paese. E per avere queste ricadute, bisogna invogliare il più possibile il visitatore a fermarsi; e il modo migliore per scoraggiare il turista è proprio farlo sentire una "vacca da mungere", con continue petulanti richiese di pagamenti: anche richieste assurde, come quelle di pagare per l'ingresso in una chiesa consacrata; o pagare per diritto di accesso ad un bene demaniale non alienabile e per legge aperto al pubblico come una spiaggia.

Anonimo ha detto...

A Venezia sono TUTTE a pagamento
Ma si può fare la "Church Card": con 12€ se ne possono visitare più di una dozzina.

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