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La Grande Storia dei Cavalieri Templari

Creati per difendere la Terrasanta a seguito della Prima Crociata i Cavalieri Templari destano ancora molto interesse: scopriamo insieme chi erano e come vivevano i Cavalieri del Tempio

La Grande Leggenda dei Cavalieri della Tavola Rotonda

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Le Leggende Medioevali

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giovedì 28 gennaio 2016

LA SESSUALITA' NEL MEDIOEVO


Come era considerata sessualità nel Medioevo? Era "cortese" o profana? In realtà fu un passaggio graduale dalla sessualità romana, molto profana e molto esaltata, a quella medievale dove, a causa dello stretto controllo della chiesa, non era così palese. Il Cristianesimo, infatti, trasformò la sessualità in un coacerbo di regole con la condanna totale dell'aborto e dell'omosessualità.

Quante volte abbiamo sentito parlare di sveltine? Ebbene...non costituivano un peccato per la chiesa, la motivazione è molto semplice: un rapporto sessuale lungo e duraturo era considerato estremamente debilitante per l'uomo sia fisicamente sia mentalmente non consentendogli di raggiungere la salvezza. Questo diede un brutto colpo all'istituzione matrimoniale dato che sovente ci si limitava ad un rapporto molto veloce senza che questo costituisse piacere per il gentil sesso.

Lo sapevate che c'era un calendario dell'amore? La chiesa proibiva categoricamente il sesso in alcuni periodi dell'anno e nei fine settimana arrivando a circa 185 giorni in cui le coppie potevano sentirsi liberi senza contare il normale ciclo femminile. Significativo, in questo senso, fu un decreto di Burcardo di Worms “Con la tua sposa o con un’altra ti sei accoppiato da dietro, come fanno i cani? Devi fare penitenza per 10 giorni a pane e acqua. Ti sei unito a tua moglie mentre aveva le mestruazioni? Farai penitenza per altri 10 giorni con pane e acqua. [...] Hai peccato con lei in giorno di Quaresima? Devi fare penitenza 40 giorni con pane e acqua o dare 26 soldi di elemosina; ma se ti è capitato quando eri ubriaco, farai penitenza per solo 20 giorni"

L'adulterio era un crimine gravissimo solamene se perpetrato da una donna. In alcuni stati europei, addirittura, l'uomo poteva era considerato adultero solamente se aveva rapporti con una donna già sposata: se si intratteneva con una giovane "single" aveva commesso peccato anche se non grave. La donna invece era accusata di adulterio per rapporti al di fuori del matrimonio

In Europa non sono pochi i casi in cui, a causa di queste restrizioni, ci si ribellava sotto le coperte. In Germania la poligamia era pratica comune e diffusa, mentre la poliandria era totalmente sconosciuta in Occidente. Si parla di poliandria in riferimento al buddhismo tibetano dove una donna era sposata anche dai fratelli. 

Ma come ci si preparava alla prima notte d'amore? Le donne lasciavano la fronte libera dai capelli che venivano rialzati secondo i canoni di bellezza medievali e usava, dopo essersi recata in un bagno pubblico, usare profumi speziati. L'uomo si presentava il giorno dopo con il cosiddetto "dono del mattino" per ricompensare la sua compagna che aveva appena perso la verginità.

L'omosessualità era un crimine molto grave ma, nonostante la lotta della chiesa per combattere questa "piaga", i rapporti con persone dello stesso sesso furono tollerati fino al secolo XII anche perché era una pratica diffusa soprattutto in ambiente ecclesiastici. Non sembra essere vera l'omosessualità del grande Riccardo Cuor di Leone, così come per i templari nonostante ci fosse stato qualche caso di templari che usavano sollazzarsi tra di loro. 

mercoledì 27 gennaio 2016

CRISTIANESIMO IN RETE - AVELLINO, SABATO 30 GENNAIO 2016 ORE 17

Il lavoro che sarà presentato il 30 Gennaio 2016 presso il Circolo della Stampa di Avellino è il risultato delle ricerche condotte dall’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e dai Laboratori di Archeologia Tardoantica e Medievale (LATEM) diretti dal Prof. F. Marazzi, nell’ambito del progetto CARE ITALIA, che vede la compartecipazione di numerosi atenei italiani, come Bologna, Padova, Siena e Roma.Il team di lavoro campano è composto dagli archeologi Alessia Frisetti, Consuelo Capolupo, Federica D’Angelo e Alessandro Luciano. Il progetto CARE (Corpus Architecturae Religiosae Europeae) nasce nel 2001 per volere dell’International Research Center for Late Antiquity and the Middle Age (IRCLAMA), riunito a Poreč, in Croazia. Il suo obiettivo è quello di creare un database dell’architettura religiosa europea per i secoli dal IV al X. Le prime nazioni a partecipare al progetto sono state l’Italia, la Spagna, la Francia e la Croazia: i paesi europei con la più alta densità di edifici religiosi databili al I millennio. Le schede complete del CARE ITALIA sono consultabili on-line tramite la piattaforma WIKICARE (http://147.162.44.131/care/index.php/Pagina_principale).  Il database in rete, standardizzato e continuamente modificabile ed implementabile, è simile, nell'aspetto e nella strutturazione delle schede, a quello realizzato per gli altri progetti europei.  La consultazione di tali piattaforme sarà uno strumento indispensabile per le sintesi interpretative, i confronti e le ricerche, sia a livello nazionale che europeo, permettendo, così, di studiare il fenomeno dell’edilizia religiosa medievale su una scala molto più ampia dell’attuale: passando dal locale al globale, dalla chiesa in sé al suo contesto e velocizzando ogni tipo di ricerca.  

Lo studio dell’architettura religiosa che per l’alto medioevo è, in alcuni casi, l’unico indicatore per le analisi delle tecniche edilizie e del cantiere di costruzione, potrebbe essere una chiave per agevolare la comprensione delle dinamiche insediative e di popolamento, e, quindi, per capire i cambiamenti che, con modalità e tempi diversi, si sono succeduti, dal IV secolo d.C., su tutto il continente europeo. L’edilizia cristiana, inoltre, se indagata insieme al suo contesto, potrebbe essere letta come una testimonianza concreta di credenze, ideologie e gerarchie dei gruppi sociali e dell’universo intangibile legato, indissolubilmente, alle strutture. 

La provincia di Avellino, la prima ad essere stata indagata e censita per la Campania, si presenta, allo stato attuale, con ben 87 luoghi di culto databili al periodo medievale, le cui schede sono già consultabili sul WIKICARE. Le ricerche hanno interessato i territori comunali di 36 centri della provincia di Avellino, in particolare: Altavilla Irpina, Ariano Irpino, Atripalda, Avella, Avellino, Bagnoli Irpino, Calabritto, Casalbore, Cassano Irpino, Conza della Campania, Domicella, Flumeri, Forino, Frigento, Lapio, Luogosano, Mercogliano, Mirabella Eclano, Montecalvo Irpino, Monteforte Irpino, Montella, Montemarano, Montemiletto, Montoro, Nusco, Pago del Vallo di Lauro, Prata di Principato Ultra, Pratola Serra, Quindici, Rocca San Felice, Sant’Angelo a Scala, Sant’Angelo dei Lombardi, Serino, Summonte, Taurano, Tufo e Venticano. 

Il quadro prodotto, di cui verranno illustrati i dati fondamentali e la loro fruizione attraverso le nuove tecnologie (tra le quali anche la creazione di una piattaforma GIS), rappresenta, allo stato attuale, un ottimo punto di partenza per lo studio e la conoscenza del territorio avellinese in tutto l’arco del medioevo. Il censimento sistematico dei 35 edifici conservati ancora in elevato e delle loro caratteristiche, dall'organizzazione spaziale delle aule di culto alla loro stratigrafia, dalla tecnica costruttiva all'arredo decorativo e scultoreo ed alla topografia e tipologia funeraria, è stato integrato con le informazioni desunte dai documenti d’archivio e dalle fonti storiche. 

Per i 52 edifici andati distrutti nel corso dei secoli e dei quali, spesso, di cui non è individuabile con certezza l’ubicazione è stata effettuata unicamente un’analisi documentaria, cercando, dove possibile, di ricostruire l’assetto planimetrico del luogo di culto. L’analisi per le province di Benevento, Caserta e Napoli è tuttora in corso e sono da prevedere aggiunte e migliorie anche per le schede già concluse. 

Circolo della Stampa di Avellino
Corso Vittorio Emanuele - 83100 Avellino

COSA SIGNIFICA IL DETTO "METTERSI NELLE MANI DI QUALCUNO"?


Il modo di dire "Mettersi nelle mani di qualcuno" deriva dal Medioevo e indica il giuramento di fedeltà del vassallo al signore, cerimonia nata durante l'epopea carolingia infatti, con la "immixtio manuum" (immissione delle mani"), il vassallo metteva le sue mani in quelle del feudatario legandosi tra di loro. 

Il sistema feudale non è da considerarsi come una forma di potere piramidale, ma era una condivisione di prerogative stabilite secondo un patto stretto e sacro da un padrone e un vassallo.

Durante la luminosa epoca di Carlo Magno, le guerre rappresentavano il mezzo attraverso cui era possibile conquistare grandi appezzamenti di terra: la divisione che ne nasceva portò alla necessità, per il sovrano, di avere tanti altri governatori "minori" che amministrassero le rendite in cambio di concessioni e benefici

La parola omaggio deriva dal latino "homagium" (parola composta da homo e agere) che sta proprio a significare come il nobile si lasciava guidare dal proprio padrone. Abbiamo detto nobile, infatti solo una persona di alta elevazione sociale poteva prestare omaggio sancito durante la cerimonia che doveva avvenire in maniera solenne sotto giuramento di combattere per il proprio padrone.

L'omaggio si pronunciava mettendo una mano sui Vangeli o sulle reliquie dei santi più importanti; successivamente il vassallo baciava (osculum) il feudatario sulla bocca diventando "uomo di bocca e di mani". La cerimonia dell'omaggio cambia anche il modo di approcciarsi alla preghiera, non più con le braccia aperte e mani rivolte verso il cielo ma a mani unite.

LE SETTE NOTE MUSICALI


Le sette note musicali sono esistite fin dai tempi antichissimi ma vi siete mai chiesti quale fosse l'origine del loro nome? Ancora una volta è il nostro amico Medioevo che ci viene incontro! Il monaco benedettino Guido d'Arezzo, nell' XI secolo nominò le note utilizzando le sillabe dei primi sei versi di "Ut queant laxis", un inno dedicato a San Giovanni Battista:

«UTqueant laxis
REsonare fibris
MIra gestorum
FAmuli tuorum
SOLve polluti
LAbii reatum
Sancte Johannes»

martedì 26 gennaio 2016

ORIGINI DEL TERMINE "METTERE LE CORNA"


Il termine di uso comune "mettere le corna" deriva, come sempre, dal nostro amatissimo Medioevo: ci troviamo a Bisanzio quando l'imperatore Andronico I Comneno, un grande amatore e abile seduttore cospirò violentemente contro Manuele I, suo cugino, che si trovò obbligato ad imprigionarlo. Andronico, pur di salire sul trono, era pronto a tutto tanto che uccise la vedova di suo cugino e l'erede Alessio II tessendo per tutto il tempo relazioni peccaminose e talune volte anche incestuose.

Lottò prepotentemente contro gli aristocratici: li faceva arrestare, rapiva le mogli con cui usava divertirsi per molto tempo e, in senso di sfregio, appendeva sui palazzi delle sue vittime teste di cervi uccisi durante le innumerevoli battute di caccia.

Nell'anno 1185 i soldati di Guglielmo II, dopo la conquista di Salonicco, notarono questa strana usanza senza capirne il perché: quando gli fu spiegato nacque il termine "mettere le corna". La parola "cornuto" ebbe, quindi, grande diffusione soprattutto in Sicilia.

Che fine fece Andronico Comneno? Fu linciato dalla folla proprio come fu raccontato da Boccaccio nel "De casibus virorum illustrium" in cui si raccontano le vicende di 58 personaggi famosi a cui la fortuna voltò improvvisamente e rovinosamente le spalle.

sabato 23 gennaio 2016

ITINERARIO NEI LUOGHI DI MATILDE DI CANOSSA



Se vuoi ripercorrere gli antichi luoghi che hanno visto la nascita e il raggiungimento dell'apice di Matilde di Canossa non ti resta che armarti di pazienza e affrontare uno degli itinerari più belli ed importanti dell'intero Medioevo. Il percorso unisce la città di Mantova a Lucca passando per Reggio Emilia e la via di San Pellegrino in Alpe, famosissimo ospizio medievale. 

Il cammino vi consentirà di rimanere a contatto con la natura, conoscere il patrimonio artistico e culturale di una delle più importanti e influenti donne del Medioevo e di godere di pievi, torri e castelli che rendono ancora più suggestiva l'atmosfera. Le tappe sono dodici e il percorso è aduagatamente segnalato secondo lo standard nazionale del Club Alpino Italiano. La Provincia di Reggio Emilia rilascia, come sempre in questi casi, la Credenziale del Pellegrino.

Dettaglio del Sentiero di Matilde

Per il percorso Tappa per Tappa si rimanda al sito ufficiale

Regioni attraversate: Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana
Tappe: il cammino parte da Mantova e giunge a Lucca con tratti di lunghezza variabile di km 20/25 circa e sono divisibili come segue:
1° tappa: Mantova – San Benedetto Po
2° tappa: San Benedetto Po – Guastalla
3° tappa: Guastalla – Reggio Emilia
4° tappa: Reggio Emilia – Vezzano sul Crostolo
5° tappa: Vezzano sul Crostolo – Canossa - Carpineti
6° tappa: Carpineti – Toano
7° tappa: Toano – Morsiano (Villa Minozzo)
8° tappa: Morsiano (Villa Minozzo) – San Pellegrino in Alpe
9° tappa: San Pellegrino in Alpe – San Romano in Garfagnana
10° tappa: San Romano in Garfagnana – Castelnuovo di Garfagnana
11° tappa: Castelnuovo di Garfagnana – Borgo a Mozzano
12° tappa: Borgo a Mozzano – Lucca
Su questa direttrice è in progettazione una pista ciclo-pedonale che consentirà una maggiore fruizione da parte di turisti e pellegrini anche in bicicletta.
Lunghezza: il tratto in Emilia-Romagna è lungo 256 km
Livello di difficoltà: facile, legato perlopiù alla lunghezza delle tappe. Il percorso non presenta particolari difficoltà tecniche.

Informazioni sul sentiero


Sito web: www.sentieromatilde.it
Sulla vita di Matilde di Canossa

Ufficio Informazioni Turistiche di Reggio Emilia
Tel. +39 0522 451152
iat@municipio.re.it

Ufficio Informazioni Turistiche di Canossa
Tel. 336 2287340
uit.terrematildiche@gmail.com

Ufficio Informazioni Turistiche di Castelnovo ne' Monti
Tel. +39 0522 810430
iat@appenninoreggiano.re.it

venerdì 22 gennaio 2016

"L'ORDINE DEL TEMPIO A BOLOGNA E MODENA" - SAN GIOVANNI IN PERSICETO 30 GENNAIO 2016

Il libro “L’Ordine del Tempio a Bologna e Modena“, di Evelin Leva (Edizioni Penne & Papiri, Tuscania 2015) verrà presentato venerdì 16 ottobre 2015, presso la Cartolibreria delle scuole "Il Melograno" a piazza Carducci 3 in località San Giovanni in Persiceto. 

Uno spaccato della vita templare nelle città di Bologna e Modena tra il XIII e il XIV secolo. I documenti proposti sono conservati negli Archivi di Stato di Modena e di Bologna dove lo spoglio dei Memoriali, ha permesso di riportare alla luce personaggi più o meno famosi, delineando la storia dell'Ordine del Tempo nel periodo di maggiore e fervente attività ma anche inesorabile declino. Le curiosità su alcuni personaggi dell'epoca vengono soddisfatte grazie al rinvenimento di documenti originali che narrano delle loro vicende, il tutto corredato da riproduzioni fotografiche di carte coeve. Il lettore viene guidato in un viaggio tra documenti antichi e misteri finalmente svelati

Evelin Leva è una pedagogista e storica per passione: si occupa di studi archivistici sull'Ordine del Tempio.

Cartolibreria delle scuole "Il Melograno" 
Sabato 30 gennaioalle ore 17:00
piazza Carducci 3, San Giovanni in Persiceto

COME INSULTARE UNA PERSONA CON CLASSE? CHIEDILO A DANTE!


Come abbiamo sempre affermato, Dante Alighieri è ancora molto attuale tanto che ci fornisce spunti su come insultare con garbo, eleganza e cultura la gente. Dopo 700 e più anni, Dante Alighieri continua a insegnarci... Quanti di noi ci arrabbiamo costantemente tutti i giorni della settimana ad ogni ora del giorno (e della notte)? Spesse volte gridare il proprio dissenso può risultare maleducato e non congruo alla nostra personalità; per questo il poeta fiorentino ci viene incontro con delle frasi ad effetto che, oltre a dimostrare la propria cultura, mettono in evidenza anche l'ignoranza del vostro interlocutore. 

Dare dell'escremento a una persona non è di certo elegante soprattutto se si usa il termine "merda": a tal proposito possiamo tranquillamente dire "sterco che dalli uman privadi parea mosso" do glvei "uman privadi" altro non sono che latrine!

Una persona sporca possiamo definirla "porco in brago", un maiale che si crogiola nel fango.

Se ci rivolgiamo a una donna, un po' di carineria sarebbe sempre necessaria, pertanto utilizziamo "femmina balba" (balbuziente): è un'offesa non in quanto balbuziente ma come incapace di parlare, di muoversi, di fare..scialba ne li occhi guercia, e sovra i piè distorta / con le man monche, e di colore scialba

Se si dà a una donna della "lupa" allora possiamo usare la locuzioni "femmina da conio" che decisamente non ha bisogno di spiegazioni.

Insomma pochi consigli su come arrabbiarsi con classe proprio perchè "fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza"

mercoledì 20 gennaio 2016

"IL SOGNO DI FAROALDO. L'ABBAZIA DI SAN PIETRO IN VALLE" - FERENTILLO, 6 FEBBRAIO 2016

Il sogno di Faroaldo. L'abbazia di San Pietro in Valle tra realtà e leggenda”. Si intitola così il convegno che si terrà sabato 6 febbraio a Ferentillo (Tr), nello splendido monastero della Valnerina, in occasione dell'articolo sul monumento pubblicato dal mensile “Medioevo”. L'incontro, organizzato nella Sala capitolare dal Gruppo Archeologico Naharki Valnerina con inizio alle ore 11, darà modo di rileggere la storia dell'abbazia legata al duca longobardo Faroaldo ma anche di fare il punto sulle ultime scoperte, in particolare sulla nuova interpretazione della cosiddetta “lapide di Ursus”, uno dei più celebri manufatti conservati nella chiesetta.

Dopo il saluto del sindaco di Ferentillo Paolo Silveri, interverranno l'autrice del dossier, Elena Percivaldi e il direttore del mensile Andreas Steiner,Sebastiano Torlini del Gruppo Archeologico Naharki Valnerina, Donatella Scortecci dell'Università di Perugia, don Rinaldo Cesarini della Diocesi di Spoleto, Giorgio Flamini dell'Associazione Italia Langobardorum. Sarà inoltre presentato dall'editore Enrico Chigioni il progetto “Lo Scrigno del Tempo – I Longobardi”, che prevede la pubblicazione di alcuni facsimili di importanti codici longobardi a cura di Capsa Ars Scriptoria. L'incontro è arricchito dagli interventi dei rievocatori della compagnia Fortebraccio Veregrense, che proporranno al pubblico uno spaccato di vita quotidiana longobarda, combattimenti e soprattutto brani musicali ricostruiti in base alle ricerche compiute nell'ambito del progetto Winileod (nato per sperimentare la musica altomedievale partendo dallo studio dei testi originali e del folklore), e realizzati grazie a ricostruzioni di strumenti dell'epoca. Alla fine del convegno è prevista una visita guidata all'abbazia.

Per informazioni: tel. 3334317673 / 328 6864226 / 335 6543008

martedì 19 gennaio 2016

IL CASTELLO DI CANOSSA A RISCHIO CHIUSURA


Da febbraio entrare nella fortezza della celeberrima "Umiliazione di Canossa" sarà davvero difficile. Corriamo il rischio di trasformarci tutti in novelli Enrico IV quando fu costretto ad attendere per tre giorni sotto la neve la possibilità di ricevere il perdono dal pontefice Gregorio VII e dalla potentissima Contessa Matilde. Se le istituzioni non faranno ciò per cui sono lautamente pagate, la gestione dell'intero castello graverà sul custode a cui ci so potrà rivolgere nella speranza che proprio in quel giorno non sia in ferie o in malattia. 

A uno stallo istituzionale si aggiunge anche la chiusura di un bar ristorante che poteva mettere a disposizione un ampio parcheggio privato ormai. Il castello è al centro delle visite culturali di molti stranieri anche a causa dell'alto valore medievale del luogo particolarmente famoso per essere uno dei poderi di Matilde, una donna di grande spirito e forza che fondò, insieme a Irnerio, l'Università di Bologna fiore all'occhiello per gli studi di diritto romano.

La rocca venne costruita da Adalberto Atto nel 940 e comprendeva un convento di benedettini e una chiesa dedicata Sant'Apollonio. Durante il Medioevo divenne il rifugio di Adelaide, vedova di Lotario II, che si riparò dagli assedi di Berengario II che durarono tre anni senza sortire nulla di buono. Dopo la morte di Matilde di Canossa (L'umiliazione di Canossa) i suoi beni furono avocati alla Chiesa; il castello divenne proprietà dei successori di Matilde, e dei reggiani che lo distrussero nel 1255.

lunedì 18 gennaio 2016

STAGE DI CAVALLERIA MEDIEVALE 28 FEBBRAIO 2016



A.S.A.CA.M. Antica Scuola di Addestramento della CAvalleria Medievale: In un periodo come quello attuale in cui sembra esserci una totale assenza di valori in ogni ambito del sociale, in cui sembra più importante trasmettere ciò che si possiede rispetto a ciò che si è, il Medioevo ci tramanda un’eredità che noi, come Accademia Medioevo, abbiamo scelto di tramandare:

“Un uomo ha valore quando il suo coraggio di vivere è più forte della paura di morire e questo valore non è solo per sé ma per un ideale più grande”.

(Rosaria Cozzolino - Sociologa e Vicepresidente di Accademia Medioevo)

Gli obiettivi di ASACAM

- Offrire e stimolare uno studio comparato degli gli aspetti culturali, sociali e religiosi di quel fenomeno che convenzionalmente definiamo"Cavalleria Medievale".

- Addestrare gli aspiranti Cavalieri ad una formazione, tanto equestre quanto marziale, che permetta loro di incarnare la figura del Cavaliere e cimentarsi in attività ludiche e marziali, appositamente strutturate da Accademia Medioevo, che riproducono dinamiche di battaglia, di combattimenti corpo a corpo e di gruppo. - Vivere il senso di competizione primariamente come sfida con sé stessi e con il proprio valore di essere umano e di “spirito guerriero”, nel rispetto di quell'antico codice cavalleresco che antepone il senso dell’onore alla prevaricazione sull'avversario a tutti i costi.

- Addestrare gli aspiranti cavalieri al superamento di prove di coraggio, destrezza, bravura e forza in tutte le abilità richieste ad un completo moderno cavaliere come un tempo in battaglia. Attitudini che sviluppano una disciplina tanto nel corpo quanto nello spirito.

Percorso Formativo

Il percorso formativo e didattico, codificato da Accademia Medioevo con la consulenza di ricercatori storici ed esperti in discipline equestre marziali e atletiche, è strutturato in moduli didattici che verranno affrontati sia nel corso degli stages (formazione periodica intensiva) sia nelle lezioni individuali.

ASACAM si avvale, in funzione del modulo didattico previsto, di professionisti di varie discipline, al fine dipermettere approfondimenti teorici e tecnici nelle differenti fasi di lavoro.

Coordinamento della Formazione e Direzione Didattica

- Dott. Daniele Bellucci - Presidente di Accademia Medioevo

- Dott.ssa Rosaria Cozzolino - Vice Presidente di Accademia Medioevo

Stage Introduttivo (1 giornata) ore 10.00 Accoglienza e iscrizione ore 10.30 Cenni Teorici sulla Cavalleria Medievale, armi e armamenti.

ore 11.30 Pratica di Base di Armeggio con la Spada a terra ore 13.00 Pausa Brunch

ore 14.30 Elementi di Etologia Equina ore 15.00 Messa in sella ed Introduzione alle Tecniche Equestri per la Cavalleria Medievale ore 17.00 Elementi Base di Armeggio a Cavallo ore 18.00 Chiusura

A conclusione dello stage verrà rilasciato L'ATTESTATO BASE propedeutico all'iscrizione al I LIVELLO del CORSO DI ADDESTRAMENTO ALLA CAVALLERIA MEDIEVALE

Link di approfondimento:

ELEONORA DI AQUITANIA


Eleonora di Aquitania è stata una delle più importanti donne del Medioevo; nata nell'Anno del Signore 1122 crebbe nella colta Aquitania dove imparò l'arte di cavalcare e di andare a caccia. Quando morì suo padre, sposò il futuro Luigi VII dopo aver ereditato tutti i domini di famiglia. Eleonora godeva di un fortissimo ascendente sul re dato che lo convinse a partire per la seconda Crociata dopo l'appello di Bernardo a Vezelay

I rapporti tra Eleonora e il re erano molto complicati: il matrimonio si chiuse dopo pochi mesi grazie all'assenso papale e la donna sposò Enrico Plantageneto che dopo due anni divenne re di Inghilterra, cosa che permise al giovane rampollo di appropriarsi anche dei domini di sua moglie. Ma anche questo matrimonio si rivelò tribolato: lasciato il marito tornò a Poitiers che trasformò in un luogo per artisti e cantastorie. 

Nell'anno 1173 i tre figli del re di Inghilterra si ribellarono, Eleonora fu arrestata e imprigionata in Francia; venne liberata solamente nel 1189 e divenne reggente del figlio Riccardo Cuor di Leone. Nel 1193 riscattò Riccardo prigioniero dell'Imperatore Enrico VI e combatté alacremente per una riconciliazione con il fratello Giovanni Senza Terra. 

Fonte: Eileen Power, Donne del Medioevo, 1984; Georges Duby, Donne nello specchio del Medioevo, 1997.

giovedì 14 gennaio 2016

SCOPERTO UN CIMITERO MEDIEVALE A PARIGI

Cimitero Parigi 6
 
Durante i lavori di ampliamento ai sotterranei del supermercato Monoprix situato sulla Boulevard de Sebastopol a Parigi, è stata rinvenuta una serie di fosse comuni con duecento scheletri di uomini e donne, vecchi e bambini. Monoprix sorge sopra l'ex Ospedale della Trinità fondato nell'anno 1202 e definitivamente demolito nell'anno 1807; gli scheletri erano evidentemente alcune delle vittime che venivano colpite dalle continue pesti che assalirono Parigi nel XIV, XV, XVI secolo unitamente al vaiolo del XVII secolo.
 
La scoperta è stata presa in carico dall'Institut National de Recherches Archeologiques Preventives secondo cui i corpi sarebbero stati inumati in fosse comuni appartenenete al complesso cimiteriale a causa del veloce contagio della malattia che rendeva impossibile cerimonie funebri singole. Per ora sono state scoperte solamente otto fosse; in una di esse vi erano 150 corpi. Alcuni approfondimenti sono ancora in corso: grazie al Carbonio 14, gli studiosi cercano di datare i resti ricavando fondamentali informazioni sull'età precisa e sulla causa della morte delle persone. Questa scoperta è sarà annoverata tra le pià importanti scoperte degli ultimi anni.

lunedì 11 gennaio 2016

SGUARDO SUL MEDIOEVO CONSIGLIA IL RISTORANTE "SAN BENEDETTO" DI GUBBIO


Sguardo Sul Medioevo è lieta di assegnare l'attestato di Eccellenza Medievale al ristorante e al suo titolare perché l'accoglienza, l'atmosfera della sala e la qualità delle pietanza sono assolutamente di altissimo livello. Entrati nel locale posto nel cuore di un bel giardino siamo accolti con il sorriso dal titolare che ci ha fatto accomodare al tavolo, molto ordinato ed elegante. I tempi del servizio sono eccellenti, con due ore e trenta minuti abbiamo spaziato dall'antipasto al dolce! Non abbiamo provato la pizza ma quella che era possibile vedere posso garantire sulla sua qualità.

Oltre ai deliziosi antipasti umbri abbiamo preso, maltagliati con ragù, polenta con cacciagione, riso con astice e frutti di mare, manzo e verdure con contorni annessi, e dolci annessi: segnaliamo a tal proposito il tortino al cioccolato degno dei migliori che si possano gustare in un ristorante di alto livello. Non è facile trovare tanta qualità in un locale che si sponsorizza su Groupon: il prezzo davvero da saldi di fine stagione non ci offre una cena scadente ma un' esperienza di livello superiore con ingredienti di qualità e ben preparati, Ottimo anche il servizio, rapido, discreto e molto professionale.



Sguardo Sul Medioevo vuole invitare a tutti i turisti che si recano a Gubbio di passare una sera a cena presso il Ristorante San Benedetto dove potrete sentire e assaggiare i veri sapori dell'Umbria.

Accoglienza: 10
Servizio: 10
Pasti: 10
Conto: 10

IL PROCESSO AI TEMPLARI


BOLLE RIGUARDANTI L'ORDINE DEI TEMPLARI


I GRAN MAESTRI DELL'ORDINE DEI TEMPLARI


LA REGOLA TEMPLARE


I - Quale divino ufficio debbano udire

Voi che rinunciate alla propria volontà, e tutti gli altri che per la salvezza della anime con coi militano per un certo tempo, con cavalli e armi per il sommo re, abbiate cura di udire con pio e puro desiderio nella sua totalità Matutini e l'Integro Servizio, secondo l'istituzione canonica e la consuetudine dei dottori regolari della Santa Città.Soprattutto da voi, venerabili fratelli, è dovuto il sommo grado, poiché disprezzata la luce di questa vita, e superata la preoccupazione dei vostri corpi, avete promesso di disprezzare il mondo incalzante per amore di Dio per sempre: rifocillati e saziati dal divino cibo, istituiti e confermati dai precetti del Signore, dopo la consumazione del Divino Mistero nessuno tema la battaglia, ma sia preparato alla corona.

II - Dicano le preghiere del Signore, se non hanno potuto udire il servizio di Dio

Inoltre se un fratello lontano per caso per un impegno della cristianità orientale (e questo più spesso non dubitiamo sia avvenuto) non potesse udire per tale assenza il servizio di Dio: per Matutini dica tredici orazioni del Signore e per le singole ore, sette; per i Vespri, riteniamo se ne debbano dire nove, e questo lo affermiamo unanimemente a libera voce: Questi infatti impegnati così in un lavoro di preservazione, non possono accorrere nell'ora opportuna al Divino Ufficio. Ma se fosse possibile, nell'ora stabilita non trascurino quanto dovuto per istituzione.

III - Che cosa fare per i fratelli defunti

Quando uno dei fratelli professi sacrifica ciò che è impossibile strappare alla morte, che non risparmia nessuno, ciò che è impossibile strappare: ai cappellani e ai sacerdoti che con voi caritatevolmente e temporaneamente servono al Sommo Sacerdote comandiamo con carità di offrire per la sua anima a Cristo con purezza di spirito l'ufficio e la Messa solenne. I fratelli ivi presenti, che pernottano pregando per la salvezza del fratello defunto, dicano cento orazioni del Signore fino al settimo giorno per il fratello defunto: dal giorno in cui fu annunciata la morte del fratello, fino al predetto giorno, il numero centenario venga rispettato con fraterna osservanza nella sua integrità con divina e misericordiosa carità scongiuriamo, e con pastorale autorità, comandiamo, che ogni giorno, come al fratello si dava e si doveva nelle necessità così si dia ad un povero fino al quarantesimo giorno ciò che è necessario al sostentamento di questa vita, per quanto riguarda cibo e bevanda. Del tutto proibiamo ogni altra offerta, che nella morte dei fratelli, e nella solennità di Pasqua, inoltre nelle altre solennità, la spontanea povertà dei poveri commilitoni di Cristo era solita in modo esagerato dare al Signore.

IV - I cappellani abbiano soltanto vitto e vestito

Comandiamo che per comune accordo del capitolo le altre offerte e tutte le altre specie di elemosine, in qualunque modo siano, vengano date con attenta cura ai cappellani o gli altri che restano temporaneamente. Perciò i servitori della Chiesa abbiano soltanto vitto e vestito secondo l'autorità, e non pretendano di avere nulla di più, tranne che i maestri spontaneamente e caritatevolmente abbiano dato.

V - I soldati temporanei defunti

Vi sono tra di noi dei soldati che temporaneamente e misericordiosamente rimangono della casa di Dio, e Tempio di Salomone. Perciò con ineffabile supplica vi preghiamo, scongiuriamo, e anche con insistenza comandiamo, che nel frattanto la tremenda potestà avesse condotto qualcuno all'ultimo giorno, per amore di Dio, fraterna pietà, un povero abbia sette giorni di sostentamento per la sua anima.

VI - Nessun fratello professo faccia un'offerta

Abbiamo decretato, come più sopra fu detto, che nessuno dei fratelli professi presuma di trattare un'altra offerta: ma giorno e notte con cuore puro rimanga nella sua professione, perché sia in grado di eguagliare il più santo dei profeti in questo: prenderò il calice della salvezza, e nella mia morte imiterò la morte del Signore: poiché come Cristo diede la sua anima per me, così anche io sono pronto a dare l'anima per i fratelli,, ecco l'offerta giusta: ecco l'ostia viva gradita a Dio.

VII - Non esagerare nello stare in piedi

Abbiamo sentito con le nostre orecchie un teste sincerissimo, che voi assistete al divino ufficio stando costantemente in piedi: questo non comandiamo anzi vituperiamo: comandiamo che finito il salmo, "Venite esultiamo al Signore" con l'invitatorio e l'inno, tutti siedano tanto i forti quanto ai deboli, per evitare scandalo. Voi che siete presenti, terminato ogni salmo, nel dire "Gloria al Padre", con atteggiamento supplice alzatevi dai vostri scanni verso gli altari, per riverenza alla Santa Trinità ivi nominata, e insegnammo ai deboli il modo di chinarsi. Così anche nella proclamazione del Vangelo, e al "Te Deum laudamus", e durante tutte le Lodi, finché finito "Benediciamo il Signore", cessiamo di stare in piedi, comandiamo anche che la stessa regola sia tenuta nei Matutini di S. Maria.

VIII - Il riunirsi per il pasto

In un palazzo, ma sarebbe meglio dire refettorio, comunitariamente riteniamo che voi assumiate il cibo, dove, quando ci fosse una necessità, a causa della non conoscenza dei segni, sottovoce e privatamente è opportuno chiedere. Così in ogni momento le cose che vi sono necessario con ogni umiltà e soggezione di reverenza chiedete durante la mensa, poiché dice l'apostolo: Mangia il tuo pane in silenzio. E il Salmista vi deve animare, quando dice: Ho posto un freno alla mia bocca, cioè ho deciso dentro di me, perché non venissi meno nella lingua cioè custodivo la mia bocca perché non parlassi malamente.

IX - La lettura

Nel pranzo e nella cena sempre si faccia una santa lettura. Se amiamo il signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le sue parole salutifere e i suoi precetti. Il lettore vi intima il silenzio.

X - Uso della carne

Nella settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, o la Pasqua, o la festa di S. Maria, o di tutti i Santi, vi sia sufficiente mangiare tre volte la carne: l'abituale mangiare la carne va compresa quale grave corruzione del corpo. Se nel giorno di Marte cadesse il digiuno, per cui l'uso della carne è proibito, il giorno dopo sia dato a voi più abbondantemente. Nel giorno del Signore appare senza dubbio, opportuno dare due portate a tutti i soldati professi e ai cappellani in onore della Santa Resurrezione. Gli altri invece, cioè gli armigeri e gli aggregati, rimangono contenti di uno, ringraziando.

XI - Come debbono mangiare i soldati

È opportuno generalmente che mangino due per due, perché l'uno sollecitamente provveda all'altro, affinché la durezza della vita, o una furtiva astinenza non si mescoli in ogni pranzo. Questo giudichiamo giustamente, che ogni soldato o fratello abbia per sé solo una uguale ed equivalente misura di vino.

XII - Negli altri giorni siano sufficienti due o tre portate di legumi

Negli altri giorni cioè nella seconda e quarta feria nonché il sabato, riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di altri cibi, o che si dica companatici cotti: e così comandiamo che ci si comporti, perché chi non possa mangiare dell'uno sia rifocillato dall'altro.

XIII - Con quale cibo è necessario cibarsi nella feria sesta

Nella feria sesta riteniamo lodevole accontentarsi di prendere solamente un unico cibo quaresimale per riverenza alla passione, tenuto conto però della debolezza dei malati, a partire dalla festa dei santi fino a Pasqua, tranne che capiti il Natale del Signore o la festa di S. Maria o degli Apostoli. Negli altri tempi, se non accadesse un digiuno generale, si rifocillino due volte.

XIV - Dopo il pranzo sempre rendano grazie

Dopo il pranzo e la cena sempre nella chiesa, se è vicina, o, se così non è, nello stesso luogo, come conviene, comandiamo che con cuore umiliato immediatamente rendano grazie al sommo procuratore nostro: che è Cristo: messi in disparte in pani interi, si comanda di distribuire come dovuto per fraterna carità ai servi o ai poveri i resti.

XV - Il decimo del pane sia sempre dato all'elemosiniere

Benché il premio della povertà che è il regno dei cieli senza dubbio spetti ai poveri: a voi tuttavia, che la fede cristiano vi confessa indubitabilmente parte di quelli, comandiamo che il decimo di tutto il pane quotidianamente consegniate al vostro elemosiniere.

XVI - La colazione sia secondo il parere del maestro

Quando il sole abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito il segnale, come è consuetudine di quella regione, è necessario che tutti voi vi rechiate a Compieta, ma prima desideriamo che assumiate un convivio generale. Questo convivio poniamo nella disposizione e nella discrezione del maestro, perché quando voglia sia composto di acqua; quando con benevolenza comanderà, di vino opportunamente diluito. Questo non è necessario che conduca a grande sazietà o avvenga nel lusso, ma si parco; infatti vediamo apostatare anche i sapienti.

XVII - Terminata la Compieta si conservi il silenzio

Finita la Compieta è necessario recarsi al giaciglio. Ai fratelli che escono da Compieta non venga data licenza di parlare in pubblico, se non per una necessità impellente; quanto sta per dire al suo scudiero sia detto sommessamente. Forse può capitare che in tale intervallo per voi che uscite da Compieta, per grandissima necessità di un affare militare, o dello stato della nostra casa, perché il giorno non è stato sufficiente, sia necessario che lo stesso maestro parli con una parte dei fratelli, oppure colui al quale è dovuto il comando della casa come maestro. Così questo comandiamo che avvenga; poiché è scritto: Nel molto parlare non sfuggirai al peccato. E altrove: La morte e la vita nelle mani della lingua. In questo colloquio proibiamo la scurrilità, le parole inutili e ciò che porta al riso: e a voi che vi recate a letto, se qualcuno ha detto qualcosa di stolto, comandiamo di dire l'orazione del Signore con umiltà e devota purezza.

XVIII - Gli stanchi non si alzino per i Matutini

Non approviamo che i soldati stanchi si alzino per i Matutini, come è a voi evidente: ma con l'approvazione del maestro, o di colui al quale fu conferito dal maestro, riteniamo unanimemente che essi debbano riposare e cantare le tredici orazioni costituite, in modo che la loro mente concordi con la voce secondo quanto detto dal profeta: Salmeggiate al Signore con sapienza: e ancora: al cospetto degli angeli salmeggerò a te. Ma questo deve dipendere dal consiglio del maestro.

XIX - Sia conservata comunità di vitto tra i fratelli

Si legge nella pagina Divina: Si divideva ai singoli, come era necessario per ciascuno. Perciò non diciamo che vi sia accezione di persone ma vi deve essere considerazione delle malattie. Quando uno ha meno bisogno, ringrazi Dio, e non si rattristi: colui che ha bisogno si umili per l'infermità, non si innalzi per la misericordia, e così tutte le membra saranno in pace. Ma questo proibiamo ché a nessuno sia lecito abbracciare una astinenza fuori posto, ma conducano una vita comune costantemente.

XX - Qualità e stile del vestito

Comandiamo che i vestiti siano sempre di un unico colore, ad esempio bianchi, o neri, o, per così dire, bigi. A tutti i soldati professi in inverno e in estate, se è possibile, concediamo vesti bianche, cosicché coloro che avranno posposto una vita tenebrosa, riconoscano di doversi riconciliare con il loro Creatore, mediante una vita trasparente e bianca. Che cosa di bianco, se non l'integra castità? La castità è sicurezza della mente, e sanità del corpo. Infatti ogni militare, se non avrà preservato nella castità, non potrà raggiungere la pace perpetua e vedere Dio; come attesta l'apostolo San Paolo: Seguiamo la pace con tutti e la castità, senza cui nessuno vedrà il Signore. Ma perché una sia di questo stile deve essere privo della nota arroganza e del superfluo; comandiamo a tutti che abbiano tali cose affinché ciascuno da solo sia capace senza clamore di vestirsi e svestirsi, mettersi i calzari e levarseli. Il procuratore di questo ministero con vigile cura sia attento nell'evitare questo, coloro che ricevono abiti nuovi, restituiscano subito i vecchi, da riporre in camera, o dove il fratello ci spetta il compito avesse deciso, perché possano servire agli scudieri o agli aggregati, oppure ai poveri.

XXI - I servi non portino vesti bianche, cioè pallii

Decisamente disapproviamo quanto era nella casa di Dio e del tempio dei suoi soldati, senza discrezione e decisione del comune capitolo, e comandiamo, che venga radicalmente eliminato quasi fosse un vizio proprio. I servi e gli scudieri portavano una volta vestiti bianchi, donde derivavano danni. Sorsero infatti in zone ultra montane alcuni falsi fratelli, sposati, ed altri, che dissero di appartenere al Tempio, mentre sono del mondo. Costoro procurarono tante ingiurie e tanti danni all'ordine militare, e gli aggregati presuntuosi come professi insuperbendo fecero nascere numerosi scandali. Portino quindi sempre vestiti neri: nel caso in cui questi non possano essere trovati, abbiano quelli che si possano trovare nella provincia in cui abitano, o quanto può essere avvicinato alla più semplice di un unico colore, cioè bigio.

XXII - I soldati professi portino solo vestiti bianchi

A nessuno è concesso portare tuniche candide, o avere pallii bianchi, se non ai nominati soldati.

XXIII - Si usino solo pelli di agnelli

Abbiamo deciso di comune accordo, che nessun fratello professo abbia pelli di lunga durata perenne o pelliccia o qualcosa di simile, e che serva al corpo, anche per coprirlo se non di agnelli o arieti.

XXIV - I vecchi vestiti siano dati agli scudieri

Il procuratore o datore dei vestiti con ogni attenzione dia i vecchi abiti sempre agli scudieri e agli aggregati, e talvolta ai poveri, agendo con fedeltà ed equità.

XXV - Chi brama le cose migliori abbia le peggiori

Se un fratello professo, o perché gli è dovuto o perché mosso da superbia volesse abiti belli o ottimi, meriterebbe per tale presunzione senza dubbio quelli più umili.

XXVI - Sia rispettata la qualità e la quantità dei vestiti

È necessario osservare la quantità secondo la grandezza dei corpi e la larghezza dei vestiti: colui che consegna gli abiti sia in questo attento.

XXVII - Colui che consegna i vestiti conservi innanzitutto l'uguaglianza

Il procuratore con fraterno intuito consideri la lunghezza, come sopra fu detto, con la stessa attenzione, perché l'occhio dei sussurratori o dei calunniatori non presuma di notare alcunché: e in tutte queste cose, umilmente mediti la ricompensa di Dio.

XXVIII - L'inutilità dei capelli

Tutti i fratelli, soprattutto i professi, è bene che portino capelli in modo che possano essere considerati regolari davanti e dietro e ordinati; e nella barba e nei baffi si osservi senza discussione la stessa regola, perché non si mostri o superficialità o il vizio della frivolezza.

XXIX - Circa gli speroni e le collane

Chiaramente gli speroni e le collane sono una questione gentilizia. E poiché questo è riconosciuto abominevole da tutti, proibiamo e rifiutiamo l'autorizzazione a possederli, anzi vogliamo che non ci siano. A coloro che prestano servizio a tempo non permettiamo di avere né speroni, né collane, né capigliatura vanitosa, né esagerata lunghezza di vestiti, anzi del tutto proibiamo. A coloro che servono al sommo creatore è sommamente necessaria la mondezza interna ed esterna, come egli stesso attesta, dicendo: Siate mondi, perché Io sono mondo.

XXX - Numero dei cavalli e degli scudieri

A ciascun soldato è lecito possedere tre cavalli, poiché l'insigne povertà della casa di Dio e del Tempio di Salomone non permette di aumentare oltre, se non per licenza del maestro.

XXXI - Nessuno ferisca uno scudiero che serve gratuitamente

Concediamo ai singoli militari per la stessa ragione un solo scudiero. Ma se gratuitamente e caritatevolmente quello scudiero appartiene a un soldato, a costui non è lecito flagellarlo, e neppure percuoterlo per qualsiasi colpa.

XXXII - In che modo siano ricevuti coloro che restano a tempo

Comandiamo a tutti i soldati che desiderano servire a tempo a Gesù Cristo con purezza d'animo nella stessa casa, di comprare fedelmente cavalli idonei in questo impegno quotidiano, e armi e quanto è necessario. Abbiamo anche giudicato, tutto considerato, che sia cosa buona e utile valutare i cavalli. Si conservi perciò il prezzo per iscritto perché non venga dimenticato: quanto sarà necessario al soldato, o ai suoi cavalli, o allo scudiero, aggiunti i ferri dei cavalli secondo la facoltà della casa, sia acquistato dalla stessa casa con fraterna carità. Se frattanto il soldato per qualche evento perdesse i suoi cavalli in questo servizio; il maestro per quanto può la casa, ne procurerà altri. Al giungere del momento di rimpatriare, lo stesso soldato conceda la metà del prezzo per amore divino, e se a lui piace, riceva l'altra dalla comunità dei fratelli.

XXXIII - Nessuno agisca secondo la propria volontà

È conveniente a questi soldati, che stimano niente di più caro loro di Cristo, che per il servizio, secondo il quale sono professi, e per la gloria della somma beatitudine, o il timore della geenna, prestino continuamente obbedienza al maestro. Occorre quindi che immediatamente, se qualcosa sia stato comandato dal maestro, o da colui al quale è stato dato mandato dal maestro, senza indugio, come fosse divinamente comandato, nel fare non conoscano indugio. Di questi tali la stessa verità dice: Per l'ascolto dell'orecchio mi ha obbedito.

XXXIV - Se è lecito andare senza comando del maestro in un luogo isolato

Scongiuriamo, e fermamente loro comandiamo, che i generosi soldati che hanno rinunciato alla propria volontà, e quanti sono aggregati, senza la licenza del maestro, o di colui cui fu conferito, di non permettersi di andare in un luogo isolato, eccetto di notte al sepolcro, in armi, e sorvegliare, poiché l'astuto nemico colpisce di giorno e di notte, o a quei luoghi che sono inclusi nelle mura della santa città.

XXXV - Se è lecito camminare da soli

Coloro che viaggiano, non ardiscano iniziare un viaggio né di giorno né di notte, senza un custode, cioè un soldato o un fratello professo. Infatti dopo che furono ospitati nella milizia, nessun militare, o scudiero o altro, si permetta di andare per vedere negli atri degli altri militari, o per parlare con qualcuno, senza permesso, come fu detto sopra. Perciò affermiamo saggiamente, che in tale casa ordinata da Dio, nessuno secondo il suo possesso svolga il proprio servizio o riposi; ma secondo il comando del maestro ciascuno agisca così che imiti la sentenza del Signore, con cui ha detto: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma di Colui che mi ha mandato.

XXXVI - Nessuno chieda singolarmente ciò che è a lui necessario

Comandiamo, che sia scritta tra le altre come propria questa consuetudine e posta ogni attenzione confermiamo perché si eviti di cercare il vizio. Nessun fratello professo, deve chiedere che gli sia assegnato personalmente un cavallo o una cavalcatura o delle armi. In che modo? Se la sua malattia, o la debolezza dei sui cavalli, o la scarsezza delle sue armi, fosse riconosciuta tale, che avanzare così sia un danno comune: si rechi dal maestro, o da colui chi è dovuto il ministero dopo il maestro, e gli esponga la causa con sincerità e purezza: infatti la cosa va risolta nella decisione del maestro, o del suo procuratore.

XXXVII - I morsi e gli speroni

Non vogliamo che mai oro o argento che sono ricchezze particolari appaiano nei morsi o nei pettorali, né gli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad alcun fratello professo acquistarli. Se per caso tali vecchi strumenti fossero stati dati in dono, l'oro o l'argento siano colorati in modo che il colore o il decoro non appaia arroganza in mezzo agli altri. Se fossero stati dati nuovi, il maestro faccia ciò che vuole di queste cose.

XXXVIII - Sulle aste e sugli scudi non venga posta una copertura

Non si abbia una copertura sopra gli scudi e le aste, perché secondo noi questo non è proficuo, anzi dannoso.

XXXIX - L'autorizzazione del maestro

Al maestro è lecito dare cavalli o armi a chiunque, o a chi ritiene opportuno qualunque altra cosa.

XL - Sacco e baule

Non sono permessi sacco e baule con il lucchetto: così siano presentati, perché non si posseggano senza il permesso del maestro, o di colui a cui furono affidati i compiti della casa e i compiti in sua vece. Da questa norma sono esclusi i procuratori e coloro che abitano in provincie diverse, e neppure è inteso lo stesso maestro.

XLI - L'autorizzazione scritta

In nessun modo a un fratello sia lecito ricevere, o dare, dai propri parenti, né qualsiasi uomo, né dall'uno all'altro, senza il permesso del maestro o del procuratore. Dopo che un fratello avrà avuto licenza, alla presenza del maestro, se così a lui piace, siano registrati. Nel caso che dai parenti sia indirizzato a lui qualcosa, non si permetta riceverla, se prima non è stato segnalato al maestro. In questa norma non sono inclusi il maestro e i procuratori della casa.

XLII - La confessione delle proprie colpe

Poiché ogni parola oziosa si sa che genera il peccato, che cosa essi diranno ostentatamente riguardo alle proprie colpe davanti al severo giudice. Dice bene il profeta che se occorre astenersi dai buoni discorsi per il silenzio, quanto più occorre astenersi dalle cattive parole per la penda del peccato. Vietiamo quindi che un fratello professo osi ricordare con un suo fratello, o con qualcun altro, per meglio dire, le stoltezze, che nel secolo nel servizio militare compì in modo enorme, e i piaceri della carne con sciaguratissime donne, o qualsiasi altra cosa: e se per caso avesse sentito qualcuno che riferisce tali cose, lo faccia tacere, o appena può si allontani per obbedienza, e al venditore d'olio non offra il cuore.

XLIII - Questua e accettazione

Se a un fratello fosse stata data qualcosa senza averla chiesta, la consegni al maestro o all'economo: se un altro suo amico o parente non volesse che fosse usata se non da lui, questa non riceva fino a quando abbia il permesso del maestro. Colui al quale sarà stata data la cosa, non dispiaccia che venga data ad un altro: sappia per certo, che se si arrabbiasse per questo, agisce contro Dio. Nella sopraddetta regola non sono contenuti gli amministratori ai quali in modo speciale è affidato e concesso il ministero riguardo al sacco e al baule.

XLIV - I sacchi per il cibo sui cavalli

È utile a tutti che questo ordine da noi stabilito sia rispettato senza eccezioni. Nessun fratello presuma di confezionare sacchi per il cibo di lino o di lana, preparati con troppa cura: non ne abbia se non di panno grezzo.

XLV - Nessuno osi cambiare o domandare

Nessuno presuma di cambiare le sue cose, fratello con il fratello, senza l'autorizzazione del maestro, e chiedere qualcosa, se non fratello al fratello, purché la cosa sia piccola, vile, non grande.

XLVI - Nessuno catturi un uccello con un uccello, neppure proceda con il richiamo

Noi giudichiamo con sentenza comune che nessuno osi catturare un uccello con un uccello. Non conviene infatti aderire alla religione conservando i piaceri mondani, ma ascoltare volentieri i comandamenti del Signore, frequentemente applicarsi alle preghiere, confessare a Dio i propri peccati con lacrime e gemito quotidianamente nella preghiera. Nessun fratello professo per questa causa principale presuma di accompagnarsi con un uomo che opera con il falco o con qualche altro uccello.

XLVII - Nessuno colpisca una fiera con l'arco o la balestra

È conveniente camminare in atteggiamento pio, con semplicità, senza ridere, umilmente, non pronunciando molte parole, ma ragionando, e non con voce troppo elevata. Specialmente imponiamo e comandiamo ad ogni fratello professo di non osare entrare in un bosco con arco o balestra o lanciare dardi: non vada con colui che fece tali cose se non per poterlo salvare da uno sciagurato pagano: né osi gridare con un cane né garrire; né spinga il suo cavallo per la bramosia di catturare la fiera.

XLVIII - Il leone sia sempre colpito

Infatti è certo, che a voi fu specialmente affidato il compito di offrire la vita per i vostri fratelli, e eliminare dalla terra gli increduli, che sempre minacciano il Figlio della Vergine. Del leone questo leggiamo, perché egli circuisce cercando chi divorare, e le sue mani contro tutti, e le mani di tutti contro lui.

XLIX - Ascoltate il giudizio riguardo a quanto è chiesto su di voi

Sappiamo che i persecutori della Santa Chiesa sono senza numero, e si affrettano incessantemente e sempre più crudelmente ad inquietare coloro che non amano le contese. In questo si tenga la sentenza del Concilio fatta con serena considerazione, che se qualcuno nelle parti della regione orientale, o in qualunque altro luogo chiedesse qualcosa su di voi, a voi comandiamo di ascoltare il giudizio emesso da giudici fedeli e amanti del vero; e ciò che sarà giusto, comandiamo che voi compiate senza esitazione.

L - In ogni cosa sia tenuta questa regola

Questa stessa regola comandiamo che venga tenuta per sempre in tutte le cose che immeritatamente sono state a voli tolte.

LI - Quando è lecito a tutti i militari professi avere una terra e degli uomini

Crediamo che per divina provvidenza nei santi luoghi prese inizio da voi questo genere nuovo di religione che cioè alla religione sia unita la milizia e così per la religione proceda armata mediante la milizia, o senza colpa colpisca il nemico. Giustamente quindi giudichiamo, poiché siamo chiamati soldati del Tempio che voi stessi per l'insigne e speciale merito di probità abbiate casa, terra, uomini, contadini e giustamente li governate: e a voi è dovuto in modo particolare quanto stabilito.

LII - Ai malati sia dedicata un'attenzione particolare

Ai fratelli che stanno male occorre prestare una cura attentissima, come si servisse a Cristo in loro: il detto evangelico, sono stato infermo e mi visitaste sia attentamente ricordato. Costoro vanno sopportati pazientemente, perché mediante loro senza dubbio si acquista una retribuzione superiore.

LIII - Agli infermi sia sempre dato ciò che è necessario

Agli assistenti degli infermi comandiamo con ogni osservanza e attenta cura, che quanto è necessario per le diverse malattie, fedelmente e diligentemente, secondo le possibilità della casa sia loro amministrato, ad esempio, carne e volatili ed altro, fino quando siano restituiti alla sanità.

LIV - Nessuno provochi l'altro all'ira

Massima attenzione va posta perché qualcuno non presuma di provocare l'altro all'ira: infatti la somma clemenza della vicina divina fraternità congiunse tanto i poveri quanto i potenti.

LV - In che modo siano accolti i fratelli sposati

Permettiamo a voi di accogliere i fratelli sposati in questo modo, se chiedono il beneficio e la partecipazione della vostra fraternità, entrambi concedano una parte della loro sostanza e quanto avessero ad acquistare lo diano all'unità del comune capitolo dopo la loro morte, e frattanto conducano una vita onesta, e si studino di agire bene verso i fratelli, ma non portino la veste candida e il mantello bianco. Se il marito fosse morto prima, lasci la sua parte ai fratelli: la moglie ricavi il sostegno della vita dall'altra parte. Consideriamo infatti questo ingiusto che fratelli di questo tipo risiedano nella stessa casa dei fratelli che hanno promesso la castità a Dio.

LVI - Non si abbiano più sorelle

Riunire ancora sorelle è pericoloso: l'antico nemico a causa della compagnia femminile cacciò molti dalla retta via del paradiso. Perciò, fratelli carissimi, perché sempre tra voi sia visibile il fiore dell'integrità, non è lecito mantenere ancora questa consuetudine.

LVII - I fratelli del Tempio non abbiano parte con gli scomunicati

Questo, fratelli è da evitare e da temere, che qualcuno dei soldati di Cristo in qualche modo si unisca ad una persona scomunicata singolarmente e pubblicamente, o presuma di ricevere le sue cose, perché la scomunica non sia simile al marantha (vieni Signore). Ma se fosse soltanto interdetto, non sarà fuori posto avere parte con lui, e ricevere caritatevolmente le sue cose.

LVIII - In che modo vanno ricevuti i soldati secolari

Se un soldato dalla massa della perdizione, o un altro secolare, volendo rinunziare al mondo, volesse scegliere la nostra comunione e vita, non si dia a lui subito l'assenso, ma secondo la parola di Paolo, provate gli spiriti se sono da Dio così a lui sia concesso l'ingresso. Si legga dunque la Regola in sua presenza: e se costui ottempererà diligentemente ai comandi di questa esimia Regola, allora se al maestro e ai fratelli sarà piaciuto riceverlo, convocati i fratelli esponga con purezza d'animo a tutti il suo desiderio e la sua richiesta. In seguito il termine della prova dipenda in tutto dalla considerazione e dalla decisione del maestro, secondo l'onestà di vita del richiedente.

LIX - Non siano chiamati tutti i fratelli al consiglio privato

Comandiamo che non sempre siano convocati al consiglio tutti i fratelli, ma solo quelli che il maestro avrà ritenuto idonei e provvidenziali per il consiglio. Quando volesse trattare le questioni maggiori, quale dare la terra comune, o discutere dell'Ordine stesso, o ricevere un fratello: allora è opportuno convocare tutta la congregazione, se così ritiene il maestro; udito il parere di tutto il capitolo, quanto di meglio e di più utile il maestro avrà ritenuto opportuno, questo si faccia.

LX - Devono pregare in silenzio

Comandiamo con parere concorde che, come avrà richiesto la propensione dell'anima e del corpo, i fratelli preghino in piedi o seduti: tuttavia con massima riverenza con semplicità, senza chiasso, perché uno non disturbi l'altro.

LXI - Ricevere la fede dei serventi

Abbiamo saputo che molti da diverse province, tanto aggregati, quanto scudieri desiderano vincolarsi nella nostra casa a tempo con animo fervoroso per la salvezza delle anime. È utile che riceviate la fede loro, affinché per caso l'antico nemico non intimi loro nel servizio di Dio alcunché furtivamente o indecentemente, o li distolga improvvisamente dal buon proposito.

LXII - I fanciulli, fin quando sono piccoli, non siano ricevuti tra i fratelli del Tempio

Quantunque la Regola dei Santi Padri permetta di avere dei fanciulli in una congregazione, noi non riteniamo di dover caricare voi di tale peso. Chi volesse dare in perpetuo suo figlio, o un suo congiunto, nella religione militare: lo nutra fino agli anni, in cui virilmente con mano armata possa eliminare dalla Terra Santa i nemici di Cristo: in seguito secondo la Regola il padre o i genitori lo pongano in mezzo ai fratelli, e rendano nota la sua richiesta. È meglio nella fanciullezza non giurare, piuttosto che diventato uomo ritirarsi in modo clamoroso.

LXIII- Sempre i vecchi siano venerati

È bene che i vecchi con pia considerazione, secondo la debolezza delle forze siano sopportati e diligentemente onorati: i nessun modo si usi severità in quanto la tolleranza è necessaria per il corpo, salva tuttavia l'autorità della Regola.

LXIV - I fratelli che partono per diverse province

I fratelli che si incamminano per diverse province, per quanto lo permettano le forze, si impegnino a osservare la Regola nel cibo e nella bevanda e nelle altre cose, e vivano in modo irreprensibile, perché abbiano buona testimonianza da coloro che stanno fuori: non macchino il proposito di religione né con parola né con atto, ma soprattutto a coloro, con i quali si sono incontrati, offrano esempio e sostanza di sapienza e di buone opere. Colui presso il quale avranno deciso di alloggiare, abbia buona fama: e, se è possibile, la casa dell'ospite in quella notte non manchi della candela, affinché il nemico tenebroso non procuri la morte, Dio non voglia. Quando avranno sentito di riunire soldati non scomunicati, diciamo che colà devono andare non preoccupandosi di una utilità temporale, quanto piuttosto della salvezza eterna delle loro anime. Ai fratelli diretti nelle zone aldilà del mare con la speranza di essere trasportati, raccomandiamo di ricevere con questa convenzione coloro che avessero voluto unirsi in perpetuo all'Ordine militare: entrambi si presentino al Vescovo di quella provincia e il presule ascolti la volontà di colui che chiede. Ascoltata la richiesta, il fratello lo invii al maestro e ai fratelli che si trovano nel Tempio che è in Gerusalemme: e se la sua vita è onesta e degna di tale appartenenza, misericordiosamente sia accolto, se questo sembra bene al maestro e ai fratelli. Se nel frattempo morisse, a causa del lavoro e della fatica, come a un fratello, a lui sia riconosciuto tutto il beneficio e la fraternità dei poveri e dei commilitoni di Cristo.

LXV- A tutti sia distribuito in modo uguale il vitto

Riteniamo anche che questo in modo congruo e ragionevole sia rispettato, che a tutti i fratelli professi sia dato cibo in eguale misura secondo la possibilità del luogo: non è infatti utile l'accezione delle persone, ma è necessario considerare le indisposizioni.

LXVI - I soldati abbiano le decime del Tempio

Crediamo che avendo abbandonato le ricchezze a voi donate abbiate ad essere soggetti alla spontanea povertà, per cui in questo modo abbiamo dimostrato in quale modo spettino a voi che vivete in vita comune le decime. Se il Vescovo della chiesa, al quale è dovuta giustamente la decima, avrà voluto darla a voi caritatevolmente: deve dare a voi le decime che allora la Chiesa sembra possedere con il consenso del capitolo comune. Se un laico dovesse impossessarsi di essa (decima) o sottrarla dal suo patrimonio in modo condannabile, e confessando la propria colpa avrà voluto lasciare a voi la stessa: secondo la discrezione di colui che presiede questo può essere fatto, senza il consenso del capitolo.

LXVII - Le colpe leggere e gravi

Se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o altrimenti, egli stesso confessi al maestro il suo peccato con l'impegno della soddisfazione. Per le cose lievi, se non esiste una consuetudine, ci sia una lieve penitenza. Nel caso in cui tacesse e la colpa fosse conosciuta attraverso un altro, sia sottoposto a una disciplina e ad una riparazione maggiore e più evidente.Se la colpa sarà grave, si allontani dalla familiarità dei fratelli, né mangi con loro alla stessa mensa, ma da solo assuma il pasto. Il tutto dipenda dalla decisione e dall'indicazione del maestro, affinché sia salvo nel giorno del giudizio.

LXVIII - Per quale colpa il fratello non sia più accolto

Soprattutto occorre provvedere che, nessun fratello, sia potente o impotente, forte o debole, voglia esaltarsi e poco a poco insuperbire, difendere la propria colpa, possa rimanere indisciplinato: ma, se non avrà voluto correggersi, a lui venga data una correzione più severa. Che se non avrà voluto correggersi con pie ammonizioni e per le preghiere a lui innalzate, ma si sarà innalzato sempre più nella superbia: allora secondo l'apostolo, sia sradicato dal pio gregge: togliete il male da voi: è necessario che la pecora malata sia allontanata dalla società dei fratelli fedeli. Inoltre il maestro che deve tenere in mano il bastone e la verga (cioè il bastone, con cui sostenga le debolezze delle altre forze, la verga con cui colpisca con lo zelo della rettitudine i vizi di coloro che vengono meno) con il consiglio del Patriarca e con una considerazione spirituale sul da farsi affinché, come dice il beato Massimo, la più libera clemenza non approvi l'arroganza del peccatore, né l'esagerata severità non richiami dall'errore chi sbaglia.

LXIX - Dalla solennità di Pasqua fino a Tutti i Santi si possa soltanto portare una camicia di lino

Per il grande caldo della regione orientale, consideriamo compassionevolmente, che dalla festa di Pasqua fino alla solennità di Tutti i Santi, si dia a ciascuno una unica camicia di lino, non per il dovuto, ma per sola grazia, e questo dico per chi vorrà usufruire di essa. Negli altri tempi generalmente tutti portino camicie di lana.

LXX - Quanti e quali panni siano necessari nel letto

Per coloro che dormono nei singoli letti riteniamo di comune consiglio, se non sopravviene qualche grave causa o necessità: ciascuno abbia biancheria secondo la discreta assegnazione del maestro: crediamo infatti che a ciascuno sia sufficiente un pagliericcio, un cuscino e una coperta. Colui che manca di uno di questi, prenda una stuoia, e in ogni tempo sarà lecito usufruire di una coperta di lino, cioè un panno: dormano vestiti con la camicia, e sempre dormano indossando gli stivali. Mentre i fratelli dormono, fino al mattino non manchi la lucerna.

LXXI - Va evitata la mormorazione

Comandiamo a voi, per divino ammonimento di evitare, quasi peste da fuggire, le emulazioni, il livore, le mormorazioni, il sussurrare, le detrazioni. Si impegni ciascuno con animo vigile, a non incolpare o riprendere il suo fratello ma ricordi tra se la parola dell'apostolo: non essere un accusatore, né diffamatore del popolo. Quando qualcuno avrà conosciuto che un fratello ha peccato in qualcosa, in pace e fraterna pietà, secondo il precetto del Signore, lo corregga tra sé e lui solo: e se non lo avrà ascoltato prenda un altro fratello: ma se avrà disprezzato entrambi, in riunione davanti al capitolo tutto sia rimproverato. Soffrono di grave cecità, coloro che calunniano gli altri; sono di grande infelicità coloro che non si guardano dal livore: da qui sono immersi nell'antica iniquità dell'astuto nemico.

LXXII - Si evitino i baci di tutte le donne

Riteniamo pericoloso per ogni religioso fissare lungamente il volto delle donne: perciò un fratello non osi baciare né una vedova, né una nubile, né la madre, né la sorella, né un'amica, né nessuna altra donna. Fugga dunque la milizia di Cristo i baci femminili, attraverso i quali gli uomini spesso sono in pericolo: così con coscienza pura e vita libera può perennemente conversare al cospetto del Signore.

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